Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
2 luglio 2025
Le armi non tacciono. In Sudan si sta consumando la peggiore crisi umanitaria del momento, con decine e decine di migliaia di morti, oltre 10 milioni di sfollati e 4 milioni di rifugiati nei Paesi limitrofi. Le persone scappano con poco più degli abiti che indossano. Fuggono dalla morte, dalle bombe, dalle pallottole.
La guerra tra i due generali, Abdel Fattah Abdelrahman al-Burhan, a capo delle forze armate sudanesi (SAF) e capo del Consiglio sovrano eĀ de facto presidente del Sudan da una parte e Mohamed Hamdan Dagalo āHemettiā, leader delle Rapid Support Forces (RFS) ĆØ scoppiata nellāaprile 2023. Le battaglie tra le due fazioni continuano e finora non si vedono spiragli di pace allāorizzonte.
Niente tregua in Darfur
Nei giorni scorsi le Nazioni Unite avevano proposto un cessate il fuoco di una settimana per portare aiuti umanitari a al-Fasher, capoluogo del Darfur settentrionale. La tregua ĆØ stata accettata da SAF, non dalle RFS. I paramilitari hanno spiegato che, secondo loro, lāesercito sudanese approfitterebbe di una breve pausa delle ostilitĆ per rifornire le proprie truppe.
E ieri mattina i sanguinari ribelli hanno nuovamente bombardato il centro del capoluogo del Darfur settentrionale, uccidendo almeno tre persone. Intanto i prezzi dei beni di prima necessitĆ sono saliti alle stelle. Secondo quanto riportato in questi giorni da Sudan Doctors Network da gennaio a oggi sarebbero morti di fame 239 bambini a al-Fashe
r. Se ne sono andati nel quasi totale silenzio della comunitĆ internazionale.
Lāarma più potente in questa guerra ĆØ proprio fame, uccide chi ĆØ rimasto nel Paese, ma sta minacciando anche chi ha cercato protezione nei Paesi limitrofi, come Ciad, Libia, Sud Sudan, Centrafrica e altri. Sono per lo più nazioni a basso reddito e con problemi di insicurezza dovuti a conflitti interni.
Appello di PAMĀ
Senza aiuti internazionali i governi degli Stati vicini non riescono ad assicurare beni di prima necessitĆ alle loro popolazioni, figuriamoci ai rifugiati. La situazione ĆØ drammatica e proprio in questi giorni PAM (Programma Alimentare Mondiale) ha lanciato un disperato appello: āMilioni di sudanesi fuggiti nei Paesi vicini sono a rischio fame e malnutrizione per carenza di fondi che costringe a drastici tagli all’assistenza alimentare salvavitaā.
I tagli per la distribuzione del cibo sono già iniziati da tempo. Persino in Uganda alcuni rifugiati vulnerabili ricevono solamente un quarto delle calorie necessarie al giorno, vale a dire 500 contro le 2000 e si prevedono ulteriori riduzioni nel prossimo futuro se non arrivano al più presto nuovi fondi.
I sudanesi in fuga rischiano di morire di fame e stenti anche oltre i confini dellāex protettorato anglo-egiziano.
PAM ha avvertito che il sostegno ai rifugiati sudanesi in Egitto, Etiopia, Libia e Repubblica Centrafricana āpotrebbe arrestarsi nei prossimi mesi a causa dell’esaurimento delle risorseā.
Vite a rischio
Anche in Ciad, che ospita giĆ oltre 850mila sudanesi ci sono gravi difficoltĆ . il flusso ĆØ in costante aumento, visto che ogni giorno un migliaio di persone provenienti dal Darfur in fiamme, sconfina nel Paese. Purtroppo trovano scarso aiuto nei campi sovraffollati con il rischio di nuovi tagli alle razioni di cibo. Stanno fuggendo da una regione dove in alcune aree la carestia ĆØ giĆ stata confermata. Nell’agosto 2024 la mancanza di cibo ĆØ stata denunciata nel campo sfollati di Zamzam, ora si ĆØ estesa a parecchi altri siti. Centinaia di migliaia di vite sono a rischio.

In questi giorni si sta svolgendo una conferenza internazionale sul finanziamento allo sviluppo, organizzata dallāONU a Siviglia, Spagna. In tale occasione PAM spera di raccogliere nuovi fondi per far fronte alle esigenze dei sudanesi e tutte le popolazioni in difficoltĆ a livello globale.
Armi chimiche
Intanto sono scattate le nuove sanzioni di Washington nei confronti del governo di al-Burhan, perchĆ©, secondo gli USA, SAF avrebbe utilizzato armi chimiche nel 2024 nella guerra contro le RFS. In una nota Ā del 22 maggio scorso il dipartimento di Stato USA accusa il Sudan di aver fatto ricorso a tale arma, senza però precisare data e luogo. Gli americani hanno sottolineato che il Paese ha violato la Convenzione contro lāuso di questo tipo di armamenti, accordo ratificato anche dal Sudan nel 1999.
Khartoum ha respinto le accuse al mittente, dichiarando che sono senza fondamenta e prove. Intanto le sanzioni comprendono restrizioni a crediti governativi USA e esportazioni statunitensi verso il Paese. Sono esenti, invece, aiuti umanitari urgenti e prodotti agricoli.
Sta di fatto che giĆ in altre occasioni il governo di Khartoum ĆØ stato accusato di aver utilizzato armi chimiche. Una denuncia in tal senso risale al 2016. Allora Amnesty International aveva accusato lāesercito di averne fatto uso in almeno 30 occasioni nel Darfur. Lāorganizzazione per i diritti umani aveva chiesto inutilmente unāinchiesta allāONU.
Accuse al Kenya
SAF sta accusando il Kenya di fornire armi alle RFS. In un breve comunicato del ministero degli Esteri sudanese ha dichiarato di aver scoperto a maggio armi e munizioni etichettate in Kenya nei depositi di armi dell’RSF a Khartoum. Armi e mercenari in arrivo alle Rapid Support ForcesĀ anche dagli Emirati Arabi Uniti attraverso il porto di Bosaso in Puntland, secondo una pubblicazione di Africa Intelligence, testata solitamente ben informata.
Cornelia Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
X: @cotoelgyes
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