Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
8 giugno 2025
Le autorità di Bamako hanno imposto un coprifuoco dalle 21.00 alle 06.00 in diverse zone del territorio nazionale dopo i recenti molteplici attacchi dei terroristi islamici.
E’ stata una settimana di fuoco in Mali. I gruppi armati hanno preso di mira molte aree del Paese, da nord a sud: attentati a Dioura, Boulikessi e Timbuctù, solo per citare i più importanti.

Il 4 giugno JNIM (Gruppo di Sostegno dell’Islam e dei Musulmani, legato ad al-Qaeda) ha rivendicato anche un attacco a Mamaribougou, nella periferia della capitale Bamako. Sempre mercoledì, EIGS (Stato Islamico del Grande Sahara) ha assalito il campo militare di Tessit, nella regione di Gao, nel nord del Paese.
Attacchi senza sosta
Anche Niger e Burkina Faso hanno subito forti perdite di civili e militari nelle ultime settimane a causa dei ripetuti e intensi attacchi dei jihadisti.
Le incursioni dei terroristi del Sahel non danno tregua. Imboscate, agguati di tutti generi, autobombe, spari con artiglieria pesante e quant’altro sono ormai all’ordine del giorno in Burkina Faso, Niger e Mali.
Dal 2023 nei tre Paesi di AES (Alleanza degli Stati del Sahel), governati da giunte militari di transizione, gli attacchi dei gruppi armati si sono intensificati notevolmente. Eppure tutti e tre i golpisti, non appena saliti al potere avevano dichiarato guerra ai jihadisti. Anzi, avevano rassicurato le popolazioni che la loro priorità assoluta era proprio quella di ripristinare la sicurezza e di riprendere il controllo sui territori in mano ai gruppi armati.
Malgrado la presenza dei mercenari russi – sempre negata da Assimi Goïta, presidente de facto del Mali – la piaga jihadista non è diminuita. E per stessa ammissione degli uomini di Wagner, parecchie zone sfuggono ancora al controllo di Bamako.
Per contrastare i jihadisti, i tre presidenti delle giunte militari – Ibrahim Traoré (Burkina Faso), Assimi Goïta (Mali) e Abdourahamane Tchiani (Niger) – hanno deciso di formare un nuovo contingente di 5000 militari, composto dalla forze armate dei tre Paesi.
Finanziamenti russi
Secondo quanto riportato dall’Agenzia di stampa Bloomberg, Sergei Lavrov, ministro degli Esteri russo, ha promesso di fornire armi e addestramento militare al nuovo contingente. Lavrov ha poi aggiunto che Mosca utilizzerà i suoi istruttori già presenti nei tre Paesi per sostenere l’iniziativa.

Ma non solo Burkina Faso, Mali e Niger sono sotto la costante minaccia dei terroristi. Anche il Togo, Paese confinante con il Burkina Faso, e il Benin, che condivide frontiere con il Niger e il Burkina Faso, sono spesso teatro di attacchi di gruppi armati provenienti dai Paesi limitrofi.
Arriva Africa Corps
E intanto Mosca sta riportando a casa i mercenari di Wagner dal Mali. Saranno rimpiazzati con quelli di Africa Corps, come già annunciato dal ministero della Difesa della Federazione russa, che vuole avere un maggiore controllo sui soldati di ventura. Cioè, in sostanza, cambiano solo la divisa, anzi solo lo scudetto sul braccio.
Infatti, la partenza dei paramilitari della società privata russa Wagner non significa assolutamente la fine della presenza di Mosca nel Paese. Anzi, nonostante la morte nell’agosto del 2023 del fondatore dell’organizzazione, Yevgeny Prigozhin, che aveva osato criticare il governo di Vladimir Putin due mesi prima e addirittura tentato anche un colpo di Stato, gli irregolari soldati non spariranno. Resteranno attivi più che mai sotto la bandiera di Africa Corps, organizzazione creata dal Cremlino.
Wagner, sulla sua piattaforma Telegram sostiene di aver “completato” la propria missione in Mali, dove i suoi uomini erano presenti dal dicembre 2021.
Crisi umanitaria
Intanto milioni di persone nel Sahel, dove attualmente ci sono più di 2 milioni di rifugiati e oltre sei milioni di sfollati, necessitano di aiuti umanitari urgentil. OCHA, l’Ufficio per gli Affari Umanitari delle Nazione Unite, ha denunciato nell’ultimo rapporto pubblicato pochi giorni fa, che, mentre aumentano quotidianamente le persone in difficoltà, i fondi per sostenerli diminuiscono.
Sempre OCHA sostiene che nel Sahel ben 29 milioni di persone hanno bisogno di aiuto; 12 milioni tra questi potrebbero trovarsi in grave difficoltà alimentare tra giugno e agosto e le conseguenze potrebbero essere devastanti.
Le popolazioni fuggono dalle proprie case per vari motivi, come insicurezza (terrorismo), povertà estrema, instabilità politica, conseguenza di cambiamenti climatici e altro. I Paesi maggiormente colpiti dal fenomeno sono ovviamente il Burkina Faso, Niger, Mali, ma anche il Bacino del Lago Ciad, il Ciad, l’estremo nord del Camerun e il nord-est della Nigeria. Le ultime due regioni sono continuo bersaglio dei sanguinari Boko Haram e dei loro cugini di ISWAP, che nel 2016 si sono separati dal gruppo originale.
Cornelia Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
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