Fallito il vertice ONU sul clima: l’Africa muore e vincono le multinazionali

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Temperatura della Terra nel 2012 Courtesy BBC)
Temperatura della Terra nel 2012 Courtesy BBC)

sandro_pintus_francobolloSpeciale per Africa ExPress
Sandro Pintus
Firenze, 16 dicembre 2019

Al COP25, il vertice dell’ONU sul clima appena terminato a Madrid, perfino Antonio Gutierres, segretario dell’ONU si è detto deluso. Tra l’indignazione degli ambientalisti anche questa volta hanno vinto le multinazionali dei combustibili fossili.

Le temperature del Pianeta nel 1912, 1919, 1984 e 2012 (Courtesy BBC)
Le temperature del Pianeta nel 1912, 1919, 1984 e 2012 (Courtesy BBC)

Ma l’Africa non ci sta. I fatti hanno confermato che ancora una volta è il continente africano la vittima colpita più pesantemente dalle modifiche del clima causate da attività umana.

“Salute, mezzi di sussistenza e sicurezza alimentare delle popolazioni in Africa sono state colpite dai cambiamenti climatici”. Cinque anni fa lo aveva affermato il Gruppo intergovernativo sulle mutazioni climatiche, organismo ONU per la scienza del clima. Dopo un lustro dal rapporto la situazione in Africa è notevolmente peggiorata.

Questo succede nonostante l’Africa rappresenti, secondo i dati delle Nazioni Unite, meno del 4 per cento del totale globale delle emissioni di CO2. Tosi Mpanu Mpanu, negoziatore del Gruppo Africa al COP25 ha dichiarato che l’Africa ha bisogno di fondi per combattere i cambiamenti climatici. “Vogliamo un solido sistema di contabilità per il mercato delle emissioni. Per evitare il doppio conteggio e avere una commissione per finanziare i nostri progetti di adattamento”

Il tweet con le dichiarazioni di Tosi Mpanu Mpanu, ambasciatore del Congo-K
Il tweet con le dichiarazioni di Tosi Mpanu Mpanu, ambasciatore del Congo-K al COP25

Ormai molti eventi climatici sono diventati anomali e imprevedibili, molto più violenti e duraturi che in passato. Il pesante danno all’ambiente e alle popolazioni africane era stato avvalorato da diverse indagini. Una conferma arriva dallo studio del World Metereological Organization (Nazioni Unite), nel “Rapporto sul clima globale 2019”.

Nell’indagine si legge che le condizioni di siccità del Corno d’Africa a fine 2018 sono continuate durante la stagione delle piogge marzo-maggio nel 2019. Alcune aree hanno ricevuto meno della metà della loro media stagionale, soprattutto in Kenya, Somalia, sud-est dell’Etiopia e Uganda.

Lo studio “Climate Change and Rapidly Evolving Pests and Diseases in Southern Africa” dell’Università di Kwa Zulu Natal, in Sudafrica, fa il punto sulle fitopatologie. L’aumento delle temperature porta a una sovrappopolazione di insetti che danneggiano gli ortaggi.

Il Gruppo intergovernativo ONU sul cambiamento climatico (IPCC) ha dato pessime previsioni le previsioni per il futuro dell’Africa Australe. Nella sua indagine ha affermato che vista la situazione attuale sarà più difficile la coltivazione del mais, alimento base di molte popolazioni.

Le anomalie climatiche sono confermate anche da Refugees International, nel suo rapporto dopo i cicloni Idai e Kenneth che hanno devastato Mozambico e Zimbabwe. I due cicloni sono stati atipici sia nella forza distruttiva che nella tempistica: due eventi in sei settimane, mai visti a memoria d’uomo.

L’Africa Subsahariana, secondo le Nazioni Unite per un riadattamento al clima avrebbe bisogno di 45mld di euro all’anno fino al 2050. Inoltre, nell’elenco dei 47 Paesi meno sviluppati dell’Africa, ben 33 non hanno ricevuto il finanziamenti promessi dai paesi ricchi riguardo ai problemi climatici.

Con la situazione climatica attuale tra i primi 10 Paesi del pianeta a maggiore vulnerabilità sui cambiamenti climatici, sette sono nel continente africano. Sono Ciad, Eritrea, Etiopia, Nigeria Repubblica Centrafricana, Sierra Leone e Sud Sudan.

Il 2019 è stato un “annus horribilis” per il continente africano. Oltre della metà dei Paesi sono stati colpiti da alluvioni o siccità. O da tutte e due le calamità.

Sandro Pintus
sandro.p@catpress.com
Twitter_bird_logo@sand_pin

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