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Tifoserie assassine: carneficina (oltre 100 morti) in uno stadio calcistico in Guinea

Dal Nostro Corrispondente Sportivo
Costantino Muscau
3 dicembre 2024

“Dalla peste, dalla fame e dalla guerra, liberaci o Signore”. E in Africa, anche dal calcio! Dopo quanto è accaduto domenica in uno stadio della Guinea Conakry, al Continente Nero sembra non venga risparmiato niente.

Dei tre flagelli universalmente e storicamente temuti (pandemie, carestie e guerre) ne ha avuti e ne ha tuttora in abbondanza. Ora ci mancava pure il massacro di 56, o forse 100 persone, compresi dei bambini, causato da una partita degenerata da una contestata decisione arbitrale.

Stadio a N’Zérékoré

Torneo dedicato

L’incontro assassino, sterminatore, è quello tra le squadre di N’Zérékoré e Labé, le due città più importanti dopo la capitale, Conakry.

La prima conta circa 200 mila abitanti ed è situata nell’estremo sud del Paese, al confine con la Liberia, Sierra Leone e Costa d’Avorio e dista dalla capitale poco più di 800 km. La squadra cittadina è AS MANET ENZEKORE, che gioca in seconda divisione.

L’altra città, più o meno con la stessa popolazione, si trova dalla parte opposta dello Stato, a circa 450 km da Conakry e il suo team calcistico è L’ESPOIR LABE, che milita addirittura in terza divisione.

Insomma, due squadrette regionali. Domenica nello stadio gremito di N’Zérékoré, le due formazioni si sono incontrate per disputare la finale del torneo “Général Mamady Doumbouya”, organizzato in onore del presidente Mamady Doumbouya. Il 44 enne ha preso il potere con un colpo di Stato nel settembre 2021. Sul finire del match, l’evento sportivo – che secondo l’opposizione ha puri scopi propagandistici presidenziali – è sfociato in una spaventosa carneficina.

Déjà vu in Europa

Una assurda, immane tragedia che in Europa abbiamo già vissuto. Il 29 maggio 1985, all’Heysel Stadium di Bruxelles, 39 tifosi persero la vita durante la finale della Coppa dei Campioni del 1985 tra Liverpool e Juventus. Quattro anni dopo, il 15 aprile 1989, morirono 97 spettatori nel Hillsborough Stadium di Sheffield, in Inghilterra.

Tragedia in Guinea, stadio di calcio a N’Zérékoré

Stavolta, nello stadio 3 Aprile di N’Zérékoré, la situazione sarebbe precipitata in seguito a una decisione dell’arbitro, che avrebbe espulso due giocatori del Labé e assegnato un calcio di rigore alla squadra ospitante. Questo avrebbe scatenato contestazioni da parte dei tifosi ospiti, culminando in un’invasione di campo e scontri violenti tra spettatori e con le forze dell’ordine, con conseguenze devastanti.

La ricostruzione vera dell’accaduto, durata ore e ore, è stata difficile. Di sicuro i morti nella calca e negli scontri sono stati decine. Un medico, che ha preferito restare anonimo, ha dichiarato all’agenzia di stampa AFP che nell’ospedale c’erano “corpi allineati a perdita d’occhio. Altri sono stesi sul pavimento nei corridoi. L’obitorio è pieno”.

Sui social media girano diversi filmati, uno anche molto lungo. Si vedono scene caotiche all’esterno dello stadio, con decine di tifosi che tentano di scavalcare la recinzione dello stadio, altre centinaia che si aggirano all’esterno come fantasmi, nella polvere, molti corpi a terra privi di sensi, si scorgono anche dei bambini.

Paul Sakouvogi, un giornalista locale, ha dichiarato alla BBC che l’accesso a Internet nella regione è stato limitato e che la polizia sta sorvegliando l’ingresso dell’ospedale dove vengono curati i feriti.

Africa Express è in grado di riportare la testimonianza dell’allenatore della squadra ospite, Saliou Diallo, 48 anni, ex portiere in Belgio e in Turchia, raccolta da un noto giornalista, Mohamed Lamine Touré.

Testimone oculare

E’ una ricostruzione di parte, ma che lascia senza parole: “Pensavo di essere su un campo di calcio, dove regna l’atmosfera di sempre quando tutto si è trasformato in dramma. Nessuno sapeva dove scappare. Nel primo tempo l’arbitraggio è andato bene, e anche nel secondo, fino agli ultimi 15 minuti, esattamente al 75′. Abbiamo ricevuto 2 cartellini rossi in pochissimo tempo. Nonostante tutto, ci siamo impegnati a far uscire i giocatori espulsi. Contemporaneamente il ministro Félix Lamah (dell’Agricoltura e dell’Allevamento, ndr) è sceso dalle tribune ed è intervenuto per allentare la tensione. Ha chiesto all’arbitro di ritirare uno dei cartellini rossi. Il che è stato fatto. La partita è continuata. Eravamo sullo 0-0. Alla fine dei 90 minuti, sono stati assegnati 4 minuti di recupero, ma l’arbitro ha fatto proseguire oltre”.

Panico

“A un certo punto, un nostro difensore allontana la palla dalla nostra area, l’arbitro indica un rigore contro di noi perché un calciatore avversario sarebbe stato colpito. Prende il pallone e lo pone sul dischetto. Mentre tutti cercano di capire cosa stia succedendo cominciano a piovere pietre in campo. Nessuno capiva da dove provenissero. Scoppia il panico, è tutto un fuggi fuggi, ci sono tante donne e ragazzi, tanti tentano la salvezza nell’uscita principale, ma trovano il cancello grande chiuso. Si buttano su quello piccolo, aperto, e tanti muoiono schiacciati e asfissiati. E’ la prima volta nella mia vita che vedo più di 30 corpi allineati in uno stadio e altri che vengono raccolti per l’obitorio. Noi, con dei ministri, siamo rimasti nello stadio fino a tarda notte sotto la protezione degli agenti della sicurezza. Alla fine, ci hanno detto di andarcene perché i poliziotti non potevano più restare lì in quanto erano stati dati alle fiamme una stazione di polizia e un veicolo della sicurezza. Quando stavamo per uscire, però, abbiamo deciso di fingerci morti: temevamo di essere attaccati!”

Se avessimo saputo che sarebbe finita così, avremmo dato loro la vittoria. Non esiste un motivo per cui qualcuno muoia a causa del calcio! Sono sconvolto, ragazzi, ragazze con tante speranze di vita si sono ritrovati in una bara. Famiglie in lacrime, persone morte che non sanno cosa le ha uccise. Moschee e ospedali sono pieni di corpi senza vita”.

Il primo ministro Bah ha reso omaggio alle vittime, ha promesso pieno supporto medico e psicologico ai i feriti, ha ordinato un’inchiesta.

Scandali

L’organismo calcistico della Guinea, Feguifoot, spesso al centro di scandali, ha parlato di “intenso dolore” e ha affermato che il calcio ha lo scopo di “unire i cuori e avvicinare le menti” e non di causare “tragedie e dolore”.

“A peste, fame et bello, libera nos Domine”. E dal calcio malato.

Costantino Muscau
muscost@gmail.com
© RIPRODUZIONE RISERVATA

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Israele in Palestina uccide anche il Diritto Internazionale

Dalla Nostra Inviata Speciale
Federica Iezzi
Amman (Giordania), 3 dicembre 2024

Il linguaggio ha potere. E oggi è sterilizzato, silenziato e, in molti casi, addirittura censurato quando si parla di Palestina. Intimamente, c’è un prezzo da pagare quando si tratta di Palestina. Il linguaggio può decidere chi vive, chi muore. Può decidere le morti degne di lutto. Può decidere chi può consumarsi sotto le macerie come danno collaterale.

Devastazione nella Striscia di Gaza

Come comunicare la devastazione umana? Come comunicare l’incapacità di raccontarla correttamente per generazioni? Il gelo profondo che si è calcificato attorno alla Palestina?

Volti incrostati

Come si usa il linguaggio quando persone, membra impolverate, giacciono sotto le macerie, con sporcizia e sangue che si mescolano, incrostando i volti? Peso, silenzio, paura, rischio, contro devastazione, morte, annientamento di un popolo.

La Comunità Internazionale sta pericolosamente accettando la realtà statistica secondo cui le vite dei civili palestinesi valgono diverse centinaia di volte meno delle vite dei civili israeliani.

È indiscutibile che il terribile massacro del 7 ottobre è stato vissuto in Israele, e da molti ebrei della diaspora, come la reiterazione di un trauma del passato, mai guarito.

Macchina dlla comunicazione

Però secondo l’analisi ostentata dalla macchina della comunicazione, le vittime del 7 ottobre non furono uccise perché oppressori, ma perché ebrei. Nessun accenno al feroce blocco israeliano che opprime il territorio palestinese e la sua popolazione, all’arbitrarietà che permette la detenzione senza accusa e alla scomparsa della questione palestinese dalle agende internazionali.

E dopo tutto questo come si fa a imporre lezioni sui diritti umani o sul diritto internazionale? I Palestinesi non sono bianchi, quindi secondo la logica suprematista bianca questi diritti non si applicano a loro. E’ davvero così?

Appelli sottovoce

Quanto sono credibili gli appelli sottovoce di alcuni Paesi occidentali, come la Francia, per un cessate il fuoco e per una soluzione politica? Non ci si impegna in nulla e ognuna di queste affermazioni non è seguita da alcuna misura mirata alla loro traduzione concreta, come il boicottaggio della vendite di armi e le sanzioni internazionali che hanno giocato un ruolo importante nella caduta del regime di apartheid in Sudafrica.

Non c’è dubbio alcuno sui doppi standard adottati da molti governi occidentali, paragonando l’atteggiamento nei confronti di Russia e Ucraina con quello scelto nei confronti di Israele e Palestina. La Russia è stata sottoposta a 11.000 sanzioni in due mesi, mentre Israele ha ricevuto almeno 50.000 tonnellate di esplosivo dagli Stati Uniti, oltre a armamenti da Paesi, quali Regno Unito e Germania.

Regole modificate

Dall’inizio del XX secolo, le regole su cui un tempo i Paesi si accordavano, prima ancora di ricorrere alle armi, sono state profondamente modificate, quando non vengono sistematicamente violate. La legge è sempre in ritardo rispetto all’evoluzione della morale.

Bimbi in fuga a Gaza

Oggi a insanguinare il pianeta, ci sono guerre che mescolano civili e militari indiscriminatamente, spesso deliberatamente. Come a Guernica, durante la Guerra Civile Spagnola, a Dresda e a Hiroshima, alla fine della seconda guerra mondiale, in Kurdistan, per arrivare in Palestina. Non si tratta più di danneggiare l’esercito avversario, e soltanto esso, tutt’altro.

Federica Iezzi
federicaiezzi@hotmail.it
Twitter @federicaiezzi
©️ RIPRODUZIONE RISERVATA

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Solidarietà, il vero record alla maratona di Valencia

Dal Nostro Corrispondente Sportivo
Costantino Muscau
2 dicembre 2024

“No hay meta mas grande que estar unidosNon c’è meta più grande che restare uniti – Valencia corre x Valencia”. Dopo la catastrofe, “una maratona per tornare a vivere”.

Maratòn Valencia Trinidad Alfonso Zurich 2024

Partecipazione record

Così era stata presentata la 44° edizione della “Maratòn Valencia Trinidad Alfonso Zurich“, disputatasi la mattina di domenica I dicembre nella terza città della Spagna. E così è stato a quasi due mesi esatti (29 ottobre 2024) dalle disastrose alluvioni che hanno colpito la regione di Valencia e il sud est del Paese causando 222 vittime.

La “Ciudad del Running”, come viene definita, ha accolto oltre 100 mila visitatori, ha visto ben 35 mila partecipanti, provenienti da 135 Paesi del mondo (tra i più rappresentati spiccano Francia e Regno Unito, l’Italia terza con 2 mila corridori).

Valencia: trionfa il kenyano Sebastian Sawe nella categoria maschile

Trionfo africano

Ma ha anche assistito al trionfo di due atleti africani fenomenali: Sebastian Sawe, 29 anni, esordiente sui 42,195 km, con il tempo più veloce dell’anno (2h02’05”); e Megertu Alemu, 27 anni, tanto timida all’apparenza quanto spietata nella corsa, tanto da essere chiamata “la killer della strada”. Se il keniano negli ultimi km ha messo la freccia e si è ha lasciato alle spalle l’etiope Deresa Geleta, 28 anni, giunto 33 secondi dopo e il connazionale Daniel Mateiko, 26, (proveniente da  Moun Elgon District), la giovane etiope Megerte Alemu, originaria di Midakegn nella regione Oromia, ha fatto corsa a se.

L’etiope Megertu Alemu, la donna più veloce alla maratona di Valencia

Col tempo notevole di 2h16’49”, Alemu ha staccato Stella Chesang (2h18’26”), 28 anni, del distretto di Kween, (Uganda orientale), e la giovanissima connazionale Tiruye Mesfin, 22 anni, considerata un astro emergente del fondo.

E’ stata una corsa velocissima, come sempre: ben 8 runners hanno concluso i 42,195 km entro le 2 ore e 4 minuti! Nessuno dei due dominatori, tuttavia, ha fatto il colpaccio della vita: un milione di euro a chi avesse battuto il record mondiale della maratona, che appartiene al keniano. con 2h00’35, Kelvin Kiptum, morto tragicamente a febbrai. Il fantamilione era stato promesso da Juan Roig, presidente della Fondazione Trinidad Alfonso, che organizza la manifestazione spagnola.

Sono stati, comunque, battuti diversi primati, compreso quello ugandese (Stella Chesang in 2h18’26”) e quello italiano con il carabiniere senese Yohanes Chiappinelli, 27 anni, (nato ad Addis Abeba), 13° al traguardo, che ha chiuso la gara in 2h05’24”.

Valencia colpita dall’alluvione

Partecipazione al lutto

Però ha fatto notare – giustamente – il quotidiano locale Las Provincias “il record è stata la solidarietà, i record sfuggono in una giornata che passerà alla storia per la solidarietà e il ricordo delle persone colpite dalla tragedia”. Partecipazione all’immane lutto, che ha colpito questa parte della penisola iberica è stata espressa dai due vincitori (Sebastian parlando in inglese, Alemu in oromonico, aiutata, a fatica, da un interprete), che hanno anche ringraziato il pubblico che ha seguito con passione lo sviluppo della competizione lungo le strade della Ciutat de les Arts.

Ovviamente l’aspetto sincero di pietà e umanità non deve far trascurare la parte prosaica della manifestazione: con un budget di 8 milioni di euro, con uno sforzo organizzativo colossale diventava complicato annullare l’evento, anche se è stato in forse fino all’ultimo. Ai due dominatori sono andati 75 mila euro a testa, agli atleti classificatisi al secondo posto 45 mila euro e a quelli arrivati terzi 33 mila.

Sebastian Kimaru Sawe (questo il suo nome completo) è apparso particolarmente soddisfatto perché fino a ieri aveva vinto “solo” sette delle 9 mezze maratone corse. Per questo – ha commentato –  “mi sentivo particolarmente bene nella prima parte. Poi mi sono accorto che potevo farcela e ho proseguito. Dedico questa mia vittoria alle vittime della alluvione, prego per loro”. Alemu, invece, era alquanto contrariata per non aver battuto il record, in quanto durante la gara ha avuto qualche problema fisico.

Abbraccio alla città

Però, nella giornata di Valencia, l’importante era partecipare. Perché – come è stato sottolineato questa edizione della Maratona era più di una corsa: un abbraccio a questa città ferita e una promessa di ripresa, un momento in cui lo sport diventa speranza e aiuto per chi ne ha più bisogno”.

Costantino Muscau
muskost@gmail.com
© RIPRODUZIONE RISERVATA

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Fincantieri e industrie belliche italiane alla conquista del Pakistan

Dal Nostro Corrispondente di Cose militari
Antonio Mazzeo
Dicembre 2024

Fincantieri S.p.A., il gruppo leader della cantieristica italiana (controllato per il 71,3% dalla Cassa Depositi e Prestiti – Ministero dell’Economia e delle Finanze) punta sempre più sulla produzione bellica e sulla delocalizzazione degli stabilimenti.

In occasione della XII edizione di IDEAS, la fiera internazionale delle armi tenutasi nei giorni scorsi a Karachi, i manager di Fincantieri hanno firmato un Memorandum of Understanding con la Marina Militare del Pakistan per avviare programmi di cooperazione nei settori della formazione, della ricerca e sviluppo di progetti industriali.

Crescita settore marittimo

A firmare l’accordo il responsabile vendite della Divisione Navi Militari di Fincantieri, Mauro Manzini, e il Comandante delle forze navali pakistane, Syed Ali Sarfraz, pure direttore del Pakistan Maritime Science & Technology Park (PMSTP).

Con sede a Karachi, capitale economica ma non politica dello Stato asiatico, il PMSTP è stato concepito per promuovere la crescita dei settori marittimi, inclusa la cantieristica navale, e per favorire l’innovazione e lo sviluppo di nuovi progetti destinati alla Marina da guerra del Pakistan.

Delegazione italiana e i rappresentanti del Paese asiatico al Pakistan Maritime Science & Technology Park

Presso l’innovativo Parco scientifico e tecnologico di Karachi, Fincantieri “intende rafforzare la propria presenza nell’industria marittima del Pakistan e consolidare il rapporto con la Marina del Paese per supportarne gli obiettivi strategici”, come spiegato dai manager del gruppo italiano.

Sottomarino leggero

Tra i progetti che potrebbero vedere collaborare insieme Fincantieri e il complesso militare-industriale pakistano c’è quello relativo allo sviluppo e produzione di un nuovo sottomarino leggero, con capacità stealth, per condurre operazioni top secret in acque poco profonde.

Un prototipo del battello subacqueo, indicato con il codice S800, è stato presentato da Fincantieri nel febbraio 2023 alla kermesse delle industrie belliche IDEX, negli Emirati Arabi Uniti.

Basato sul sottomarino di dimensioni maggiori S1000, il prototipo – secondo il gruppo cantieristico a capitale statale – ha attirato l’attenzione della Marina Militare del Pakistan e di altri Paesi del Golfo.

Come evidenziato da Formiche.Net, le forze armate di molti Stati arabi puntano a potenziare i propri dispositivi navali e subacquei per contrastare la “minaccia” iraniana.

Minaccia Iran

“Le capacità underwater di Teheran preoccupano di conseguenza i vicini regionali – spiega la testa online -. Per questo, anche il Pakistan ha già avviato un processo di ammodernamento per aumentare la propria flotta sottomarina, e nel 1988 aveva acquistato dall’Italia diversi mini-sottomarini MG110 della classe Cosmo”.

Queste piattaforme subacquee furono prodotte a Livorno dalla Cosmos – Costruzione Motoscafi Sottomarini s.a.s. (poi rilevata dalla DRASS). Alla Marina militare del Pakistan, la Cosmos consegnò pure tra il 1966 e il 1972 i sottomarini di medie dimensioni della classe SX-404.

Immersione per 7 giorni

Lungo 51 metri e alto 10, il mini-sottomarino S800 è in grado di ospitare 18 membri di equipaggio ed operare a una profondità di 250 metri con una resistenza in immersione fino a sette giorni senza bisogno di emergere.

L’S800 può essere armato con cinque lanciasiluri ed è dotato di un sistema di controllo automatizzato della piattaforma.

“Le sue dimensioni e le sue caratteristiche operative lo rendono l’assetto strategico più adatto a supportare le operazioni delle Forze Speciali, fornendo la possibilità di rilasciare e recuperare due carri in missioni completamente segrete”, ha dichiarato l’ex contrammiraglio Marcellino Corsi, consulente senior di FincantieriS.p.A..

Fincantieri prototipo sottomarino presentato lo scorso anno a INDEX, Emirati Arabi Uniti

Sempre secondo Corsi, la costruzione dell’S800 richiederà circa un anno, al contrario dell’S1000 che richiede due anni e mezzo per essere assemblato. “La sperimentazione nel caso dell’S800 verrà effettuata dal primo acquirente per l’esportazione”, ha aggiunto l’ex ufficiale della Marina Militare. Cioè, assai probabilmente, il Pakistan.

L’accordo stipulato tra Fincantieri e la Marina Militare pakistana è frutto di una (dispendiosa) campagna politica-diplomatica-militare a tutto campo dell’establishment nazionale.

Tappa a Karachi

Dal 14 al 16 ottobre 2024, nell’ambito di un lungo tour della regione dell’Indopacifico, il Carrier Strike Group (CSG) della Marina da guerra italiana, composto dalla portaerei “Cavour” e dalla fregata lanciamissili “ITS Alpino”, aveva fatto tappa a Karachi.

La Cavour fa tappa a Karachi, Pakistan

“Si è trattato di una visita storica, in quanto il Cavour è stata la prima portaerei ormeggiata nel porto pakistano”, riporta lo Stato maggiore della Marina. “La tappa del CSG a Karachi ha significato non solo il crescente impegno navale dell’Italia nella regione indo-pacifica, ma anche il rafforzamento delle relazioni bilaterali con il Pakistan. Negli anni, l’Italia e il Pakistan hanno lavorato a stretto contatto per promuovere la cooperazione internazionale e salvaguardare gli interessi di sicurezza marittima”.

Alla cerimonia di benvenuto organizzata dalla Marina pakistana erano presenti l’ambasciatrice d’Italia presso la Repubblica Islamica del Pakistan, Marilina Armellin, il console a Karachi, Danilo Giurdanella, l’addetto alla Difesa italiano, colonnello Enrico Rosa.

La fregata “Alpino” ha ospitato in particolare il Forum dell’Industria della Difesa, un evento organizzato dal Segretariato Generale della Difesa e dalla Direzione Nazionale degli Armamenti, in collaborazione con la Federazione delle Aziende Italiane per l’Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza (AIAD), “per contribuire ad approfondire il dialogo tra le industrie della difesa italiane e pakistane”.

L’ambasciatrice Armellin e l’ammiraglio di Squadra Stefano Barbieri hanno poi incontrato il Primo ministro della provincia del Sindh, Syed Murad Ali Shahelo, Stato maggiore della Marina pakistana.

Bilaterale Italia-Pakistan

Il 15 ottobre, Marilina Armellin e l’ammiraglio Barbieri hanno visitato il cantiere navale e di ingegneria di Karachi, incontrando l’amministratore delegato, contrammiraglio Salman Ilyas.

All’incontro erano presenti anche i rappresentanti dell’industria italiana della difesa Leonardo, Elettronica, MBDA e Fincantieri. “Nell’occasione sono state discusse questioni di interesse reciproco e prospettive di cooperazione futura con il cantiere”, ricorda l’Ambasciata italiana a Karachi.

Nella capitale pakistana si era tenuto a metà maggio 2024 il 15° Comitato bilaterale militare Italia-Pakistan alla presenza del segretario della Difesa e direttore nazionale degli armamenti, generale Luciano Portolano, del segretario per la produzione del ministero pakistano della Difesa, generale Muhammad Chiragh Haider, e degli immancabili rappresentanti delle industrie belliche italiane Elettronica, Fincantieri, Leonardo e MBDA Italia.

“L’attività è risultata ancora più proficua grazie agli incontri che il generale Portolano ha intrattenuto, in particolare, con il Capo di Stato maggiore della difesa, il generale Sahir Shanshad Mirza, il Capo dell’Esercito, generale Syed Asim Munir e il capo della Marina, ammiraglio Naveed Ashraf”, spiegava lo Stato maggiore delle forze armate italiane.

Rafforzare cooperazione militare

“Il comitato intende rafforzare i legami tra i due paesi in tema di difesa attraverso una crescente cooperazione e condivisione delle tecnologie in sinergia con le principali industrie italiane della difesa, nel settore navale, aeronautico, dell’Electronic Warfare, della difesa aerea e nel supporto logistico degli equipaggiamenti acquisiti o in corso di acquisizione”.

A conclusione della missione nel Paese asiatico, il generale Portolano ha inteso rimarcare l’importanza che il Pakistan riveste per la stabilità regionale.

“L’area dal punto di vista geopolitico è caratterizzata da un aumento della recrudescenza del terrorismo internazionale”, ha dichiarato. “Da qui, la necessità condivisa da entrambi le parti di promuovere, in maniera sinergica, le azioni necessarie volte a contribuire al miglioramento delle condizioni di sicurezza, stabilità e sviluppo nella regione”.

Prima di lasciare Karachi, la delegazione italiana ha visitato a Rawalpindi il National Aerospace Science & Technology Park (NASTP), il parco tecnologico dell’Aeronautica Militare del Pakistan realizzato grazie al lavoro congiunto tra industria, mondo accademico e governo.

La missione del NASTP è di promuovere la ricerca, l’innovazione e lo sviluppo nel settore dell’aviazione, dello spazio, dell’IT e della cyberdefence, “al fine di creare un innovativo ecosistema tecnologico di riferimento aperto alle collaborazioni internazionali”.

Antonio Mazzeo
amazzeo61@gmail.com
©️ RIPRODUZIONE RISERVATA

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L’Italia va alla guerra: la Fincantieri addestrerà forze navali del Qatar

 

Elezioni in Mozambico: almeno 10 bambini uccisi dalla polizia e Mondlane proclama altri 3 giorni di sciopero

Speciale per Africa ExPress
Sandro Pintus
30 novembre 2024

Antonio Juaqim aveva 16 anni. È morto a Maputo, capitale del Mozambico, ammazzato da un proiettile sparato dalla polizia. Il proiettile “lo ha colpito alla bocca e gli ha attraversato la nuca”, ha raccontato alla  BBC suo zio, Manuel Samuel.

Mondlane - funerale di Antonio, 16 anni
Maputo, funerale di Antonio, 16 anni

Antonio è stato colpito mentre partecipava a una dimostrazione pacifica la “Manifestaçao do Panelaço” (Manifestazione delle padelle). È una delle manifestazioni di protesta indetta Venanzio Mondlane, candidato alla presidenza per il Partito ottimista per lo sviluppo del Mozambico (PODEMOS).

L’adolescente è l’ultimo dei 10 bambini uccisi durante le manifestazioni contro i brogli elettorali del FRELIMO, partito al potere da 49 anni in Mozambico. Ma soprattutto una manifestazione di lutto per i morti ammazzati dalla polizia.

“Ingiustificabile l’uccisione di bambini”

Il capo della polizia (PRM), Bernardino Rafael, intervistato dalla BBC, accusa i manifestanti di usare i bambini come scudi alle manifestazioni e li bolla come terroristi.

Di diverso avviso è Zanaida Machado dell’ONG per i diritti umani Human Right Watch (HRW). “Non capisco come sia possibile uccidere i bambini – afferma la ricercatrice -. Non è giustificabile. Se i bambini partecipano ad una protesta è un motivo perché le Forze di sicurezza prendano maggiori precauzioni”.

Mondlane - Bernardino Rafael
Bernardino Rafael, capo della polizia mozambicana (Courtesy BBC)

Dal 19 ottobre ad oggi nel Paese dell’Africa meridionale secondo il Centro de Integridade Publica (CIP) si contano 85 morti ammazzati durante le dimostrazioni anti-regime. Le iniziative di protesta, proposte dal candidato alla presidenza Mondlane, hanno l’appoggio della gente che ha aderito in massa. È successo dopo l’assassinio di due esponenti di PODEMOS, Elvino Dias e Paulo Guambe il 19 ottobre scorso.

Il governo mozambicano ha dimostrato di non riuscire a gestire la crisi nemmeno con le sproporzionate reazioni della polizia. Una crisi arrivata sui media internazionali che ha mostrato al mondo l’inganno elettorale, la violenza del potere e la corruzione.

L’invito di Nyusi ai candididati

Se qualche settimana fa si parlava di dialogo tra FRELIMO e PODEMOS, la settimana scorsa è arrivata la conferma. L’attuale presidente della Repubblica, Filipe Nyusi, ha invitato ufficialmente al dialogo i quattro candidati alla presidenza.

Daniel Chapo, Fronte di liberazione del Mozambico (FRELIMO), Ossufo Momade, Resistenza nazionale mozambicana (RENAMO), Venanzio Mondlane, (PODEMOS) e Lutero Simango, Movimento democratico del Mozambico (MDM) parteciperanno all’incontro?

Attenzione! Questo video ha immagini che potrebbero urtare la vostra sensibilità.

Questo materiale video è arrivato a Africa ExPress da Maputo e Nampula, Mozambico. Nella prima parte un blindato della polizia investe di proposito dei manifestanti e ne uccide uno.

Nella seconda parte chi ha girato il filmato dice: “Qui è Nampula, hanno ammazzato due persone e se ne sono andati”.

Mondlane detta le condizioni

Mentre le manifestazioni di protesta continuano e purtroppo aumentano anche i morti, il candidato di PODEMOS, ha risposto all’invito di Nyusi del 19 novembre. Ma ha messo delle condizioni.

Il documento del candidato presidente

In un documento di sette pagine Venancio Mondlane ha risposto alla proposta del presidente Nyusi. Accetta di partecipare ma solo in collegamento video. Propone la presenza di otto Istituzioni statali tra cui il Parlamento e la Corte costituzionale ma anche con osservatori ONU e dell’Unione africana.

Suggerisce la partecipazione di altre 15 figure di rilievo che fanno parte della Società civile e di alcuni giuristi e un arcivescovo. Propone che, con briefing giornalieri, le discussioni dovranno essere riportate alla stampa sebbene alcune di queste potrebbero essere a porte chiuse.

E chiede l’annullamento immediato di tutti i procedimenti legali contro di lui, compresi gli ordini di arresto e di blocco dei suoi conti bancari. Vuole anche che i manifestanti arrestati vengano liberati.

Ed elenca 20 punti, primo dei quali la verità e la giustizia elettorale. Tra gli altri chiede le scuse pubbliche; il risarcimento delle vittime uccise dalla polizia durante le manifestazioni con non meno di 500.000 meticais (circa 7.500 euro).

E ancora, la riforma costituzionale e dello Stato; riforma finanziaria, economica e fiscale; 500 mln di USD per iniziative per i giovani e l’imprenditoria femminile. Poi, impegno di eliminare i rapimenti di persona entro sei mesi ed eliminare l’insurrezione jihadista a Cabo Delgado entro un anno. E altro che probabilmente avrà fatto strabuzzare gli occhi del presidente in carica.

Mondlane Manifestazione delle padelle
Mozambico, bambine partecipano alla Manifestazione delle padelle

No al dialogo senza Mondlane”

Intanto, mentre scriviamo, Filipe Nyusi ha convocato Chapo, Momade e Simango. A porte chiuse. Momade e Simango hanno concordato di non portare avanti il dialogo per discutere la crisi politica post-elettorale senza la presenza di Venâncio Mondlane.

Mondlane, non avendo avuto risposta dal capo dello Stato, ha indetto un’altre protesta di 3 giorni. Oltre a continuare con la Manifestazione delle padelle fermeranno le auto in mezzo alla strada e andranno a lavorare a piedi:
“A luta continùa”.

(Ultimo aggiornamento 1° dicembre 2024 alle 10:25)

Sandro Pintus
sandro.p@catpress.com

X (ex Twitter):
@sand_pin
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Gaza: Gallant e Netanyahu sono ricercati in 124 Paesi ma la Francia tentenna

 

Speciale per Africa ExPress
Alessandra Fava
27 Novembre 2024

L’ex ministro della Difesa Yoan Gallant e il premier israeliano Benjamin Netanyahu sono ricercati in 125 Paesi: è l’effetto della condanna per crimini di guerra e contro l’umanità emessa dalla Camera preliminare I della Corte Penale Internazionale.

Il mandato di arresto internazionale è esteso anche contro alcuni membri di Hamas come al Masri, oggi leader del partito che sta governando la Striscia.

I Paesi che aderiscono al Trattato di Roma

Di fatto i giudici internazionali, analizzando materiale messo in rete e dichiarazioni pubbliche sul conflitto a Gaza hanno concluso che i due hanno ucciso deliberatamente innocenti a Gaza, violando le norme internazionali sulla guerra.

Il collegio ha scritto che entrambi i politici israeliani “abbiano intenzionalmente e consapevolmente privato la popolazione civile di Gaza di beni indispensabili alla loro sopravvivenza. Tra questi cibo, acqua, medicine e forniture mediche, nonché carburante ed elettricità”. Si parla di elettricità perché a Gaza non ci sono centrali elettriche o altre forme di energia autocotone e quindi tutta la corrente arriva da Israele.

Sentenza valida ovunque

I due leader sono quindi dei ricercati, potenzialmente potrebbero essere arrestati nei 124 Paesi che hanno firmato il Trattato di Roma. Il fatto che Israele non abbia firmato, non invalida la sentenza emessa dalla Corte con sede all’Aja.

Quanto al fatto che davvero i Paesi europei siano pronti ad arrestare i due in caso varchino il loro confine, è tutto da vedere.

Comunicato sibillino

A qualche giorno dalla sentenza, il ministero degli Esteri francese ha pubblicato un comunicato sibillino. Sostiene che “la Francia rispetterà gli obblighi internazionali, visto che lo Statuto di Roma chiede una piena cooperazione con CPI.

Doveri internazionali

Prevede infatti che uno Stato non possa essere tenuto ad agire in maniera incompatibile con i suoi doveri dettati dal diritto internazionale per quanto concerne le immunità di Stati che non fanno parte della CPI”.

In sostanza il ministro ritiene che ci sia una certa immunità per i vertici di Israele. Nelle prossime ore ci saranno forse altri governi che si sfileranno dalla condanna.

Vendita di armi

E’ tutto da capire quindi anche dove va a finire il divieto di vendita di armi, su cui insiste un articolo della tv qatariota Al Jazeeera, (https://www.aljazeera.com/news/2024/11/22/arms-to-israel-will-countries-halt-sales-in-wake-of-icc-arrest-warrants) nessun Paese, cioè, potrà vendere armi a Israele per non collaborare con i due ricercati.

La vendita di armi a Israele è diventata la foglia di fico dall’inizio della guerra di Gaza. Molti fanno arrivare armi, il Canada, ad esempio, via Stati Uniti, quasi nessuno lo ammette pubblicamente. E’ il succo dell’inchiesta di SIPRI (Istituto Internazionale di Ricerche sulla Pace di Stoccolma).
https://www.sipri.org/commentary/topical-backgrounder/2024/how-to-arms-exporters-have-responded-war-gaza

Regali da USA

Il 69 per cento delle armi arrivate in Israle tra il 2019 e il 2023 sono state vendute o regalate dagli Usa. Il 30 per cento arriva dalla Germania. La Gran Bretagna ha venduto dei componenti per gli F-35, ma i suoi ministri assicurano che dal 4 dicembre 2023 non hanno venduto armi letali o altri equipaggiamenti militari.

Così la Francia dice che nel 2023 non ha inviato alcuna arma ma l’inchiesta di una Ong, Dislose, ha scoperto che sono stati inviati droni utilizzati per massacrare civili e presunti appartenenti ad Hamas a Gaza o per colpire ospedali. (https://disclose.ngo/en/article/france-equips-israeli-armed-drones-as-the-war-rages-in-gaza)

Italia fornitrice

L’Italia, sempre secondo SIPRI, ha fornito armi e altro per lo 0,9 per cento, anche se il governo Meloni ha detto e ribadito di non aver dato alcuna fornitura dall’inizio della guerra a Gaza. Un’inchiesta di Altreconomia ha rivelato che l’Italia ha inviato 2,1 milioni di euro in armi negli ultimi tre mesi del 2023.
https://altreconomia.it/export-di-armi-da-guerra-italiane-a-israele-dopo-il-7-ottobre-la-conferma-delle-dogane/

Anche la Spagna avrebbe sospeso ogni aiuto militare, ma secondo Euronews avrebbe inviato quasi 1 milioni di euro poco prima del 7 ottobre.
https://www.euronews.com/my-europe/2024/10/09/are-european-countries-still-supplying-arms-to-israel

Per altro i trattati internazionali prevedono la protezione della popolazione civile in tempo di guerra. E così l’inviolabilità degli ospedali e delle scuole.

Al Jazeera

Richard Sanders, produttore televisivo e giornalista, per Al Jazeera ha realizzato un documentario sul 7 ottobre 2023 https://youtu.be/u4vqO-Y70Mk e ha poi collaborato con l’Unità I dell’emittente qatariota sui video circolanti in rete.

Sono stati postati da israeliani durante la guerra di Gaza per osservare una forte radicalizzazione anti-araba e anti-palestinesi.

Inizialmente il gruppo d’inchiesta pensava di dover ricorrere alla geolocalizzazione e risalire con complesse ricerche a luoghi e tempi.

Postate bravate

Scorrendo poi oltre 2.500 account sui social, ha scoperto con un certo stupore che gli autori di crimini di guerra hanno postato sulle proprie bacheche apertamente le loro “bravate”.

Immagini pubblicate sui social dai soldati israeliani

https://www.aljazeera.com/news/2024/10/3/what-did-al-jazeeras-investigation-into-israeli-war-crimes-in-gaza-reveal

Quindi il team ha concluso che visto che appaiono addirittura nomi, cognomi, gradi, nome del battaglione in azione, è evidente che i militari si sentono sicuri dell’impunità.

Dunque ritengono di sentirsi liberi di riprendersi mentre ballano su macerie e luoghi bombardati o in case private o mentre distruggono abitazioni civili.

Video senza Hamas

E che in quasi tutto il materiale postato dalle truppe non c’è traccia di militanti di Hamas ammazzati, mentre si vedono civili inermi colpiti e uccisi.

https://youtu.be/u4vqO-Y70Mk

La Convenzione di Roma vieta la distruzione delle proprietà private in tempo di guerra. Per non parlare delle torture e della cancellazione degli ospedali.

Alessandra Fava
alessandrafava2015@libero.it
©️ RIPRODUZIONE RISERVATA

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Sempre più elicotteri dell’italiana Leonardo alle forze armate della Nigeria

Dal Nostro Corrispondente di Cose Militari
Antonio Mazzeo
28 Novembre 2024

Martedì 12 novembre 2024, il ministero della Difesa nigeriano ha consegnato tre elicotteri Agusta Westland / Leonardo A-109“Trekker” alla Marina militare del Paese.

Tre elicotteri di Leonardo per la Marina militare nigeriana

La cerimonia si è svolta presso l’hangar della Caverton Helicopters Limited (CHL) a Ikeja, Lagos, alla presenza del Capo di Stato Maggiore della Marina, il vice ammiraglio Emmanuel Ogalla.

All’evento erano presenti anche il segretario permanente del ministero della Difesa, Ibrahim AbubakarKana; il direttore degli Affari navali, RajiIsiakaOgunshola; il presidente del Gruppo Caverton, Remi Makanjuola.

Secondo il sito specializzato Military Africa, gli elicotteri A-109 “Trekker” sono stati contraddistinti con i numeri di serie NN501, NN502, NN503.

Solo quest’ultimo sarebbe nuovo di zecca, mentre gli altri due sono di terza mano: dopo essere stati trasferiti da Leonardo in Cambogia, essi sono stati rivenduti prima negli Stati Uniti e successivamente al gruppo Caverton (quartier generale a Lagos), una delle maggiori compagnie africane operanti nel settore della logistica aerea.

Sedili in pelle

Sempre secondo Military Africa, gli elicotteri A-109 “Trekker” hanno una configurazione VIP appositamente progettata per la Marina militare nigeriana, con un rivestimento completo in pelle e un sistema di attenuazione del rumore.

I serbatoi ausiliari conferiscono ai velivoli un’autonomia di volo fino a 3 ore e 40 minuti. Essi sono stati dotati di un pattino di atterraggio che assicura una migliore capacità di carico e la possibilità di atterrare sui ponti delle unità da guerra.

Questi elicotteri possono raggiunge una velocità massima di crociera di 274 km/h; l’equipaggio è costituito di norma da uno o due piloti ma in cabina possono essere trasportati fino a sei passeggeri.

Trasporti a lungo raggio

I tre “Trekker” potranno essere utilizzati dalla Marina della Nigeria per effettuare voli di trasporto a lungo raggio e – grazie a sofisticate videocamere FLIR – per svolgere missioni di intelligence e riconoscimento in mare e in terra e di ricerca e soccorso.

L’elicottero immatricolato con la sigla NN503 è stato prodotto nello stabilimento Leonardo S.p.A. di Vergiate (Varese).

“In Italia sono stati effettuati l’ispezione di accettazione e il volo di prova dal 2 al 10 settembre 2023 – scrive Military Africa –. Il 12 settembre 2023, l’NN503 è volato dallo stabilimento di produzione Leonardo, condotto da un capitano della Marina nigeriana e da un altro pilota di Caverton”.

L’elicottero è giunto ​​all’aeroporto internazionale “Murtala Muhammed”di Lagos il 24 settembre 2023, dopo 12 giorni, 11 scali nazionali e 41 ore e 55 minuti di volo.

“L’AW109 TrekkerM è la versione per impieghi militari dell’AW109 Trekker, bimotore leggero multiruolo che garantisce straordinari livelli di robustezza e affidabilità unite a un’eccezionale versatilità operativa, velocità e prestazioni elevate”, spiegano con enfasi i manager del gruppo Leonardo.

“L’elicottero, di 3 tonnellate, è adatto a un’ampia gamma di applicazioni in teatro operativo tra le quali il trasporto truppe e merci, l’evacuazione delle vittime/medica, la ricerca e soccorso, il comando e controllo C2, la scorta armata e le operazioni delle forze speciali”.

“L’AW109 TrekkerM si presenta con un’ampia gamma di equipaggiamenti di missione che comprende anche una suite di aiuti difensivi (DAS), radio multibanda, dispositivo elettro-ottico/a infrarossi (EO/IR), faro di ricerca, altoparlanti, sistema di visione a infrarossi (FLIR), ecc.”, aggiunge Leonardo.

E poi conclude: “Gli armamenti in dotazione all’equipaggio, montati sul portellone delle cabine, permettono di individuare le minacce esterne in un ampio raggio di azione”.

Aeronautica militare

Anche l’Aeronautica militare nigeriana si è recentemente dotata di due elicotteri AW109 “Trekker” di Leonardo. I velivoli sono stati immatricolati con le sigle NAF 545 e NAF 544 e utilizzano per le attività di manutenzione, riparazione e revisione gli impianti della divisione elicotteri del gruppo Cavetron a Lagos.

Altri dieci elicotteri armati AW109 “TrekkerM” saranno consegnati all’Aeronautica nigeriana entro l’inizio del 2026, nell’ambito di una maxi-commessa sottoscritta dal governo di Lagos con Leonardo e che prevede anche la fornitura di 24 caccia M-346FA.

Stanare e combattere terroristi

A partire del 2019, la Nigerian Air Force aveva ricevuto pure sei elicotteri AW-109E armati con mitragliatrici pesanti e lanciarazzi da 70 mm, oggi impiegati contro le milizie islamico-radicali nel nord-est della Nigeria.

Miliziani Boko Haram

Tre elicotteri multiruolo AW-109SP “GrandNew” sono stati consegnati invece alla Marina militare della Nigeria nel corso del 2023, dopo essere stati testati presso l’aeroscalo della holding italiana a Venegono Inferiore (Varese).

Altri tre “GrandNew” erano stati consegnati nel maggio 2021 all’Agenzia nigeriana per la protezione delle infrastrutture marittime (NIMASSA), presso la base aeronavale di Ojo, Lagos.

Formazione piloti

“Nel frattempo, nell’agosto 2024, il Caverton Aviation Training Centre (CATC) ha annunciato l’inizio dell’Augusta Westland (A-109) Pilot Flight Simulator e della formazione di linea per la Marina militare nigeriana”, annota MilitaryAfrica. “Questa formazione, che si svolge presso la struttura del CATC, è condotta in collaborazione con Leonardo”.

Antonio Mazzeo
amazzeo61@gmail.com
©RIPRODUZIONE RISERVATA

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Nigeria: altri articoli li trovate QUI

In Sudan la violenza sessuale come arma di guerra: “Si diffonde come un’epidemia”

Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
26 novembre 2024

“In Sudan la violenza sessuale è diventata un’epidemia”. E’ l’allarme lanciato da Tom Fltecher, sottosegretario generale per gli Affari umanitari e coordinatore degli aiuti di emergenza delle Nazioni Unite, OCHA, durante la sua breve visita a Port Sudan.

Violenza sulle donne in Sudan

Stupri a gogo

In Sudan, devastato dalla guerra dalla primavera 2023, non ci sono scarpette con il tacco a spillo rosse, e nemmeno le panchine dello stesso colore o manifestazioni in piazza per denunciare queste atrocità.

Appello dalla Liberia

Alaa Salah, coraggiosa donna sudanese, in prima fila durante le manifestazioni in piazza nel 2019

Pochi ricorderanno l’immagine di Aala Sallah, la coraggiosa giovane sudanese, in prima fila durante le proteste contro l’ex dittatore Omar al-Bahir nel 2019. L’ex despota è poi stato defenestrato dai militari nell’aprile dello stesso anno.

Non solo lei, ma, secondo alcune stime, durante le manifestazioni in piazza le donne rappresentavano i due terzi dei dimostranti. Le coraggiose signore e ragazze erano stanche di sopportare emarginazioni, molestie, violenze e stupri. Desideravano un futuro migliore per i loro figli. Ma ora ci risiamo.

E l’ex presidente della Liberia, Ellen Johnson Sirleaf, ha lanciato un appello: “Non ignoriamo la sofferenza delle donne sudanesi”.

La ex presidente della Liberia Ellen Johnson Sirleaf con il direttore di Africa ExPress, Massimo Alberizzi

Nell’ex protettorato anglo-egiziano il conflitto tra i due generali, Mohamed Hamdan Dagalo “Hemetti”, leader delle Rapid Support Forces (RSF), e il de facto presidente e capo dell’esercito, Abdel Fattah Abdelrahman al-Burhan, ha costretto alla fuga milioni di persone.

E entrambe le fazioni in causa sono responsabili di violenze sessuali contro le donne, aggressioni che sono una vera e propria arma da guerra.

Bagno di sangue

Secondo i dati dell’ONU oltre 14 milioni di persone hanno lasciato le proprie case dall’inizio di questo atroce conflitto. Più di 11 milioni sono sfollati, mentre più di 3,1 milioni di persone hanno cercato rifugio nei Paesi limitrofi. E i morti?

In base a recenti studi, il numero di persone morte a causa della guerra è ben più elevato di quanto riportato in precedenza. Secondo un rapporto pubblicato dal Gruppo di ricerca sul Sudan della London School of Hygiene and Tropical Medicine nel solo Stato di Khartoum sarebbero oltre 61mila e molti altri nel resto del Paese, in particolare in Darfur.

Finora, le Nazioni Unite e le altre agenzie umanitarie hanno utilizzato la cifra di 20.000 morti accertati, precisando però che questo dato è certamente sottostimato.

A causa dei combattimenti e del caos nel Paese, non è stato registrato sistematicamente il numero di persone uccise. Ma già a maggio di quest’anno, Tom Periello, inviato speciale degli Stati Uniti per il Sudan, aveva dichiarato che, secondo alcune stime, i morti durante il primo anno di guerra potrebbero essere 150mila.

Peggiore crisi umanitaria

In Sudan si sta consumando una crisi umanitaria senza precedenti. L’80 per cento degli ospedali sono chiusi o funzionano solo parzialmente per mancanza di personale e/o medicinali e equipaggiamento sanitario.

Oltre 25 milioni di persone necessitano di aiuti alimentari, tra questi 755mila sono in condizioni di fame acuta. E a pagare il prezzo più elevato sono sempre i bambini, la malnutrizione grave colpisce soprattutto i più piccoli.

All’inizio di questa settimana il Consiglio sovrano, cioè il governo, ha concesso all’ONU l’utilizzo di tre aeroporti nel Paese (Kadugli, nel Sud Kordofan, El Obeid in Nord Kordofan, Damazin nella regione del Blue Nile) e lo stoccaggio di aiuti umanitari.

Valico di Adrè

Inoltre a metà novembre è stata prolungata l’apertura del valico di Adré al confine con il Ciad. Inizialmente le autorità avevano concesso il passaggio dei convogli per soli tre mesi, in quanto alcuni membri del governo avevano protestato che attraverso il valico arrivavano pure armi per le RSF.

PAM: i primi convogli arrivati al campo per sfollati di Zamzam, Sudan

E finalmente sono arrivati anche i primi camion con aiuti umanitari nel campo per sfollati di Zamzam (nord del Darfur), dove l’ONU lo scorso agosto aveva denunciato condizioni di carestia. L’insediamento ospita quasi mezzo milione di persone.

PAM (Programma Alimentare Mondiale dell’ONU) ha spiegato che a Zamzam le consegne di cibo sono state bloccate per mesi. Feroci combattimenti nella vicina città di al-Fashir, capoluogo del Darfur Settentrionale e strade, diventate impraticabili per le forti piogge degli ultimi mesi, sono state le cause di questi ritardi.

Blindati costruiti negli Emirati

Intanto la guerra procede la sua folle corsa. In un articolo di una decina di giorni fa, Amnesty International ha denunciato che in Darfur sono stati avvistati veicoli blindati per il trasporto di persone, fabbricati negli Emirati Arabi Uniti (EAU) dal gruppo EDGE.

La holding industriale emiratina in questione, attiva nel settore bellico, ha recentemente siglato un Memorandum of Understanding (MoU) con l’italiana Fincantieri.

Sistemi difesa francesi

In alcune foto scattate l’estate scorsa, sono ben visibili i blindati APC Nimr Ajban, in dotazione ai paramilitari delle RFS. E grazie alle ricerche effettuate da Amnesty, è stato evidenziato che le vetture dispongono di sistemi di difesa GALIX, prodotti in Francia da Lacroix Défense e progettato in collaborazione con Nexter (ora KNDS France).

APC Nimr Ajban, costruito in EAU con sistemi difesa GALIX francesi

Violazione embargo

Secondo il segretario generale di Amnesty, Agnès Callamard, il sistema GALIX è impiegato dalle RSF e il suo utilizzo in Darfur costituirebbe una chiara violazione dell’embargo sulle armi imposto dall’ONU. “Il governo francese deve dunque garantire che Lacroix Défense e KNDS France cessino immediatamente di fornire questo sistema agli Emirati Arabi Uniti”, ha sottolineato Callamard.

Cornelia Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
X: @cotoelgyes
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https://www.africa-express.info/2024/11/13/fincantieri-a-gonfie-vele-nel-mercato-bellico-della-marina-militare-degli-emirati-arabi-uniti/

https://www.africa-express.info/2024/11/02/la-guerra-civile-sta-uccidendo-il-sudan-nellassoluto-silenzio-del-mondo/

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Kenya: la rinascita del formaggio

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Dalla Nostra Inviata Speciale
Simona Fossati
Nairobi, 25 Novembre 2024

Il formaggio, si sa, non fa parte della dieta africana e se, in qualche modo, è entrato nelle abitudini alimentari delle ex colonie francesi e (soprattutto) degli espatriati europei che ci vivono, la stessa cosa non si poteva dire delle ex colonie inglesi. Almeno fino a qualche tempo fa.

Ora le cose stanno cambiando. Soprattutto in quei Paesi dove è forte la presenza italiana e arrivano persone esperte nell’arte casearia.

A Nairobi da qualche anno Rosa Tralli, più nota come Donna Rosa, sta deliziando i palati. In principio produceva formaggi per passione e per soddisfare il gusto di qualche amico, poi vista la montagna di complimenti che riceveva, ha pensato bene di trasformare il suo hobby in business.

 

Ciò che la distingue è il sapore genuino di tutto ciò che produce in modo totalmente tradizionale. La prima in Kenya a creare la burrata, formaggio tipico pugliese, la sua terra di origine.  Anche la ricerca del latte più adatto per produrre i suoi formaggi è stata accurata e Donna Rosa ha trovato una fattoria in grado di fornire il latte munto con i procedimenti giusti per ottenere i migliori prodotti.

Oggi confeziona molti tipi di latticini pugliesi con la ricetta tradizionale: quelli freschi come mozzarelle, burrate, stracchino, ricotta, primo sale e quelli stagionati come il cacioricotta di capra, la provola o il Rodez che può essere anche un ottimo sostituto del parmigiano, formaggio che a Nairobi raggiunge, a causa delle tasse, quasi il prezzo dell’oro. Tra l’altro, altri prodotti italiani, come l’olio extra vergine di oliva, in Kanya subiscono una tassazione iniqua.

E, con l’andare del tempo, Donna Rosa ha allargato la sua produzione a molte altre prelibatezze che qui vanno a ruba: sottaceti, creme di vari sapori, ottime per un aperitivo a base di bruschette, l’Olio Santo (un olio piccante che con poche gocce da un tocco speciale a qualsiasi piatto), sughi per la pasta – pomodoro e basilico, puttanesca, pesto e Puglia, una creazione esclusiva di Rosa –  e non manca un’altra squisita specialità dell’Italia del sud: il tarallino  classico al vino bianco, ma anche al formaggio, alle olive o all’aglio (i più richiesti dalla clientela indiana) e al pepe.

E ancora, avete ospiti a cena e non avete voglia di cucinare? Donna Rosa potrà preparare per voi delle appetitose lasagne o la parmigiana o ancora ravioli e tortellini freschi, da condire con uno dei sughi pronti, oppure le orecchiette da cucinare con i broccoli e le acciughe nella miglior tradizione pugliese. E non mancano i dessert, dal classico tiramisù alle torte della nonna.

Voi chiedete e Donna Rosa prepara per il piacere dei vostri pranzi in famiglia o delle cene con gli amici. Tutta cucina (sono solo pugliese) che in Kenya è molto apprezzata. Qui gli italiani rappresentato la terza etnia straniera, dopo gli indiani e gli inglesi.

Tra le novità, la produzione di pasta fresca, rigorosamente prodotta con farine italiane: fusilli, maccheroni, bucatini, cannelloni. Vale la pena di assaggiarla: un sapore completamente diverso da quella industriale che si compera al supermercato.

A Nairobi, si comincia a respirare aria natalizia con luci e addobbi che compaiono ovunque ed è iniziata la ricerca del regalo perfetto. Per chi vive in Kenya la soluzione può essere quella di scegliere una confezione natalizia di prodotti genuini preparati da Donna Rosa. Un regalo di sicuro gradito per chiunque lo riceva.

Se vivete a Nairobi, o vi passate, non resta che prendere subito un appuntamento e fare una visita in loco per poter scegliere ciò che più stuzzica i vostri palati. Per appuntamenti Donna Rosa ha messo a disposizione questo numero di telefono +254  704 062201.

Simona Fossati
simona.fossati@gmail.com
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Quando in Congo un viaggio diventa un calvario

Dal Nostro Inviato Speciale
Massimo A. Alberizzi
Naivasha, 26 novembre 2024

Viaggiare sulle strade africane non solo è complicato e difficile ma è anche pericoloso. In alcune zone del continente le spiagge hanno divorato le carreggiate che sono solo un ricordo sbiadito nel tempo.

Il tracciato diventa il letto di un torrente, i camion sono bloccati per settimane e l’unico mezzo di locomozione praticabile (si fa per dire) resta la motocicletta caricata all’inverosimile.

Un motociclista racconta di essere caduto in poco più di 100 chilometri 120 volta

Chi può immaginare che una volta la strada che vi mostriamo in questo video era asfaltata, senza un buco e si poteva percorrere velocemente? Collega la città di Goma capoluogo della provincia congolese del nord Kivu a Kisangani e ci è stato gentilmente messo a disposizione da uno dei nostri stringer.

E’ stata costruita prima degli anni ’60 (quando Kisangani si chiamava Stanleyville) da una società che impiegava anche ingegneri italiani, alcuni dei quali annoveriamo tra i lettori di Africa ExPress.

Quello che indigna di più a vedere questo filmato è il fatto che il Congo-K è un Paese ricchissimo con alcune famiglie di paperoni e il resto della popolazione (la maggioranza) che vive in condizioni precarie al di sotto della soglia di povertà, mangia (se va bene) una volta al giorno e per sopravvivere deve affrontare quotidianamente traversie inenarrabili.

Qualcuno dei protagonisti di questo video chiama in causa le autorità. Dove sono? cosa fanno? Sono stati stanziati dei fondi per riparare queste strade.

Ma i soldi sono spariti e le condizioni delle vie di comunicazione restano disastrate. Dove sono finiti quei denari? Nel portafoglio di qualche politico o magari nel suo conto in banca in Svizzera.

Massimo A. Alberizzi
massimo.alberizzi@gmail.com
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La lotta per la sopravvivenza in Congo-K su una strada infernale nel sud Kivu

La lotta per la sopravvivenza in Congo-K su una strada infernale nel sud Kivu