Speciale per Africa ExPress
Fabrizio Cassinelli
14 giugno 2025
Proprio alla vigilia del quinto round di colloqui di pace per il Nuovo Accordo sul nucleare iraniano, quando il presidente USA aveva più volte parlato di “soluzione imminente” Israele nella notte tra il 12 e il 13 giugno ha attaccato la Repubblica islamica.
Diversi stormi di cacciabombardieri hanno colpito le centrali nucleari e aree tecnologiche del Paese. Il bilancio delle distruzioni è solo parziale, perché le comunicazioni con l’Iran sono ancora complicate.

Le agenzie di stampa persiane hanno parlato di 78 morti e 329 feriti, ma sono numeri evidentemente destinati ad aumentare. Non è chiaro, ad esempio, cosa ne sarà delle popolazioni di città come Natanz, Teheran Isfahan, dove sono stati colpiti impianti nucleari: ci sono state dispersioni radioattive?
Verifica dispersioni radioattive
L’AIEA (Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica) non è ancora in grado di precisarlo. Perché in tal caso le conseguenze sarebbero ancor più devastanti. D’altra parte la dottrina militare israeliana applicata a Gaza, con quasi 60 mila morti che secondo le Nazioni Unite sono per la stragrande maggioranza civili e per la maggior parte donne e bambini, ha reso chiaro che allo Stato ebraico non interessano le vittime civili quando deve raggiungere un obbiettivo.
“Non permetteremo mai che l’Iran abbia la bomba”, ha dichiarato Benjamin Netanyahu dopo l’attacco, definito “eccellente” da Donald Trump, che ha parlato della possibilità “forse” di “un’ultima chance per un accordo sul Nucleare”.
Bombardate case di ufficiali
L’attacco lanciato dagli aerei israeliani però non ha colpito solo le centrali, nonostante una narrazione che vorrebbe motivare in tal modo le due incursioni, nella notte e nel pomeriggio di venerdì.
Bombe sono state sganciate – dopo un evidente accurato lavoro di spie sul territorio iraniano – sulle abitazioni private di importanti alti ufficiali.
Sono stati ammazzati, tra gli altri, il capo di Stato maggiore dell’esercito, Mohammed Bagheri, e il successore del generale Soleimani (assassinato da un drone Usa nel 2020 in Iraq).
Ucciso anche il generale in capo delle Guardie della rivoluzione, Hossein Salami, diversi scienziati e Ali Shamkani, capo negoziatore degli incontri con gli USA nonché uno dei principali consiglieri politici della Guida Suprema, ayatollah Ali Khamenei, che ha subito parlato ai cittadini ammonendo, “Israele pagherà un prezzo alto per i suoi crimini”.
Contrattacco di Teheran
Poche ore dopo, nel tardo pomeriggio, è infatti partita la rappresaglia iraniana, con due o tre sciami di oltre cento missili balistici che hanno colpito il centro di Tel Aviv, Gerusalemme e altre città israeliane, dove la popolazione è corsa nei rifugi.

A difendere gli israeliani dalla risposta dell’Iran all’incursione contro il Paese, come sempre (e probabilmente anche nell’attacco alle Centrali dato che il “No comment” di Trump lascia pochi dubbi) ci sono gli americani, con gli aerei decollati dalle portaerei e i sistemi antimissile lanciati dai gruppi navali del Mediterraneo e dalle basi presenti nei Paesi arabi del Golfo alleati di Washington.
Basi USA in stato di allerta
E’ molto probabile che nelle prossime ore alcune di queste basi, oltre a raffinerie, porti e forse città, saranno prese di mira dai missili iraniani. Al momento non si sa se oltre ai vettori balistici e ai droni siano stati usati anche missili ipersonici, che l’Iran possiede di certo, dato che li produce in una fabbrica su licenza dei russi, trattenendone una parte.
Quel che è sicuro che ancora una volta lo scudo Iron Dome non ha garantito a Israele l’immunità dagli attacchi iraniani, che prima saturano le difese aeree israeliane con decine di missili di minor tecnologia e poi colpiscono con i missili ipersonici o balistici di precisione.
Bisognerà ora vedere fino a che punto vorrà spingersi la Repubblica islamica e cosa saranno disposti a cedere gli USA, i Paesi del Golfo e l’Europa in termini di sanzioni e di crediti petroliferi.
Bassa intensità
Nei precedenti attacchi contro l’Iran infatti, bilioni di dollari “scongelati” dagli asset dei pagamenti petroliferi sequestrati e l’allentamento dei blocchi sul sistema interbancario Swift erano bastati come contropartita e gli hayatollah avevano tenuto il livello dello scontro ad una bassa intensità.
Ma questa volta la bandiera rossa del sangue dei martiri sventola, a Qom, la capitale religiosa dell’Iran, sulla cupola della moschea di Jamkaran, e la misura sembra colma per un Paese cui sono stati uccisi due generali comandanti dell’esercito, un capo di Stato maggiore, una ventina di scienziati, il capo di Hamas, Ismail Aniyeh, nel luglio 2024, nel cuore di Tehran, 100 persone a un funerale, senza contare un presidente e un ministro degli Esteri, ufficialmente caduti su un elicottero per la nebbia.
Impedire l’escalation
Cosa accadrà ora? Nazioni Unite, Unione Europea, Usa, Paesi Arabi potranno far qualcosa per impedire l’escalation?
“Siamo già in escalation – conferma via messaggio un ufficiale a Teheran – e se le cancellerie europee o le Nazioni Unite credono di essere ancora credibili agli occhi del popolo iraniano fanno male i calcoli. Non hanno fermato Netanyahu quando ha ammazzato 60 mila civili a Gaza, dovrebbero intervenire per noi? E i vostri media continueranno a raccontare di attacchi preventivi, di accordo sul nucleare? Ma lo sanno che un trattato lo avevate già, nel 2015, con limiti di arricchimento al 3,5 per cento (ora siamo al 60 per cento, ndr) e siete voi occidentali che lo avete disdetto?”.
Collasso finanziario mondiale
La sensazione che si respira che questa volta i danni e i tempi saranno più dilatati, molto di più. Se sarà davvero guerra lo capiremo se gli iraniani bloccheranno il Golfo Persico, scatenando un collasso finanziario mondiale, l’unica arma che fa davvero paura ai suoi nemici. Intano il petrolio e il gas si alzano, e le borse affondano.
Fabrizio Cassinelli
cassinelli.fabrizio@gmail.com
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