Iran non vuole cedere sul nucleare, ma accordo urge

Un "buon trattato" per Teheran potrebbe indurre Israele a soluzioni irrazionali? Donald Trump cerca un successo a tutti costi

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Speciale per Africa ExPress
Fabrizio Cassinelli
2 giugno 2025

È terminato da alcuni giorni, a Roma, il quinto round di colloqui tra USA e Iran sull’Accordo per il nucleare bis. Al netto dei commenti mainstream che affollano lo scenario mediatico sulla geopolitica della Repubblica islamica, possiamo riassumere il risultato nel seguente modo: è stata una tornata diplomatica che tecnicamente non ha decretato alcun successo ma l’accordo, a sorpresa, potrebbe essere vicino.

Roma: colloqui tra USA e Iran sul nucleare

La minaccia israeliana di attaccare i siti nucleari iraniani, infatti, ha creato la necessità di portare a casa un risultato di contenimento iraniano da parte degli USA nel più breve tempo possibile.

Evitare azione militare israeliana

I media corporate quindi si sono prodotti in contorsionismi dialettici per sottolineare il risultato di Roma, per il semplice fatto – è l’opinione prevalente degli analisti – che una delusione sugli esiti del tavolo avrebbe dato al governo Netanyahu la scusa per far scattare l’opzione militare.

Spauracchio non tanto per la pace nel mondo, quanto perché creerebbe un disastro economico e finanziario a USA e UE.

Se si dovesse riassumere cosa ci lasciano realmente i colloqui italiani è questo: l’Iran non è più disposto a cedere come ha già fatto in passato, non questa volta. Quello del 2025, a distanza di dieci anni dal primo, dovrà essere un accordo win-win, da presentare con orgoglio agli iraniani dopo lo “schiaffo” del 2015.

Un accordo in cui i danneggiati di allora dovranno ottenere quasi tutto, e a Trump resterà invece la gloria di un accordo storico in un momento in cui la sua capacità diplomatica è messa in forte discussione dopo i tira e molla nella mediazione sul conflitto tra Russia e Ucraina.

Proprio per dare forza ai colloqui, il 31 maggio il ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi, ha ribadito quanto già detto più volte dalla Guida Suprema, cioè che “le armi nucleari sono inaccettabili”. “Se il problema sono le armi nucleari – ha dichiarato – sì, anche noi consideriamo questo tipo di arma inaccettabile”.

Siamo chiari, l’Iran la bomba è come se l’avesse. Non la assembla ma è molto probabile che possa farlo. La posta in gioco quindi è la sua deterrenza complessiva, che non passa dalla bomba, sbandierata dall’Occidente come un “pericolo imminente” sin dal 1979, ma dal suo arsenale missilistico. Che non a caso Israele voleva infilare nel nuovo Accordo.

Sesto round possibile

Da Vienna, sede dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA), il direttore generale, Rafael Grossi, ha sottolineato come il fatto che ci sarà un sesto round sia già un successo.

L’unico, appunto quello che potrebbe generare la svolta, dovrebbe essere, per ora, proprio il prossimo. Sarà firmato in un Paese arabo e potrebbe prevedere una possibile partecipazione esterna degli Stati Uniti nel programma nucleare civile iraniano con la creazione di un consorzio di controllo formato anche da nazioni del Medio Oriente e dall’AIEA.

Uranio arricchito deve restare nel Paese

Questo consorzio (perché portare fuori dal Paese il proprio uranio per l’Iran non se ne parla proprio) produrrebbe l’uranio arricchito per i reattori iraniani del programma nucleare in sviluppo (altro punto sul quale il governo di Teheran non cede di un centimetro).

E il settore missilistico balistico iraniano (nodo sul quale l’Iran avrebbe fatto saltare il tavolo) non rientrerà nell’attuale discussione, ma in futuri “follow up” per evitare magari che i vettori balistici possano essere armati con testate atomiche. Una sottile clausola che non potrebbe mai però portare a un reale controllo.

Insomma, ci si attende una vittoria a tutto campo delle tesi di Teheran, ma un successo ancor più grande di Trump di fronte al Mondo. D’altra parte l’Iran è parte lesa rispetto all’uscita unilaterale decretata da Trump nel 2015: una mossa controproducente, per gli USA, dato che già allora avrebbe congelato nel limite del 3,67 per cento l’arricchimento massimo dell’uranio in cambio della fine delle terribili sanzioni economiche che hanno strozzato la Repubblica islamica.

Teheran a un passo dalla bomba atomica

Ora invece Washington dovrà cooperare per perimetrare quel materiale fissile che gli iraniani, svincolati da un accordo, hanno a quel punto continuato a produrre facendolo salire fino al 60 per cento, a un passo quindi da quel 90 per cento che serve per produrre una bomba.

Fabrizio Cassinelli
cassinelli.fabrizio@gmail.com

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