La Russia alla conquista dell’Africa ora ha in mano due presidenti golpisti: Traore in Burkina Faso e Goïta in Mali

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Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
6 settembre 2022

Ora è ufficiale, il golpista del 30 settembre 2022, l’appena trentenne capitano Ibrahim Traoré, è stato “incoronato” ieri come nuovo presidente del Movimento Patriottico per la Salvaguardia e la Restaurazione del Burkina Faso.

Durante un intervento nella TV di Stato, MPSR ha spiegato che resterà l’organo centrale dello Stato e quindi assicura la continuità e la gestione degli affari statali e è composto da un presidente, Traoré, due vicepresidenti, un coordinatore e due commissioni.

Burkina Faso: le bandiere russe sventolano ovunque

Visto che Traoré ha detto ufficialmente che si rivolgerà a altri partner (non i francesi) pronti ad aiutarli nella lotta contro il terrorismo senza citare esplicitamente Mosca, Evgueni Prigojine, fondatore del gruppo paramilitare russo Wagner e molto vicino a Vladimir Putin, ha espresso già due volte il suo interesse per il Burkina Faso. La prima volta il giorno del golpe e pure anche il giorno seguente.

Anche a gennaio, subito dopo il primo colpo di Stato ad opera del tenente colonnello Paul-Henri Damiba, che allora aveva spodestato il presidente Roch Marc Christian Kaboré, Prigojine ha avuto parole di elogio per il golpista, che però, secondo lui, non ha dato sufficientemente fiducia ai giovani ufficiali che operano sul campo nella lotta contro i terroristi. Ragione per la quale Damiba è stato rimosso dal capitano Traoré. Infine ha sottolineato che i militari golpisti hanno fatto ciò che era necessario fare.

Evgueni Prigojine, fondatore del gruppo paramilitare Wagner

Pochi giorni prima del nuovo putsch, Damiba ha avuto un lungo colloquio con il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov a New York, a margine della 77esima Assemblea generale dell’ONU. Evidentemente i risultati riscontrati non sono stati sufficienti per i giovani ufficiali. Ora il deposto presidente è in esilio a Lomé, la capitale del Togo.

Insomma, anche se in modo velato, Prigojine ha offerto i suoi servizi a Traoré. Per ora non è dato sapere se la nuova leadership burkinabé ha già preso contatti diretti con i mercenari russi. Bisogna anche chiedersi come li pagheranno. Oltre a concedere il controllo di miniere – come è avvenuto in Centrafrica e in Mali – la presenza dei contractor ha un costo. Non è un segreto che il governo di Bamako versa mensilmente 10,9 milioni di dollari alla società di Mosca.

Due giorni fa Mahamadou Issoufou, leader della CEDEAO (Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale), ex presidente del Niger e responsabile per il Burkina Faso per l’organizzazione, dopo il nuovo putsch è apparso particolarmente preoccupato per una eventuale divisione all’interno delle forze armate. “Se l’esercito si divide – aveva  precisato Issoufou – l’insicurezza peggiorerà”.

Gli esponenti della CEDEAO hanno avuto colloqui con leader tradizionali e religiosi, oltre che con Traoré. Il leader golpista, tra l’altro, ha assicurato che manterrà gli accordi siglati nel luglio scorso da Damiba con l’organizzazione. In particolare si tratta di riprendere i territori ora sotto controllo dei terroristi, risolvere la grave crisi umanitaria e ristabilire l’ordine democratico. Insomma Issoufou è rimasto soddisfatto dell’incontro e ha sottolineato che “La CEDEAO continuerà ad accompagnare il popolo burkinabé in questa difficilissima prova che sta attraversando”.

La città di Djibo, nella provincia di Soum, è nelle mani dei terroristi da ben 7 mesi e la situazione umanitaria è inquietante, anche se il 4 ottobre, tramite elicottero, gli abitanti hanno ricevuto 7 tonnellate di viveri e beni di prima necessità. Intanto ieri, “SITE” (ONG statunitense che traccia le attività online di organizzazioni suprematiste e jihadiste), ha fatto sapere che l’attacco al convoglio diretto a Djibo il 26 settembre scorso, è stato rivendicato dal raggruppamento jihadista Gruppo di sostegno dell’Islam e dei musulmani (GSIM).

Il leader del raggruppamento, cui fanno capo diverse sigle, è Iyad Ag-Ghali, vecchia figura indipendentista tuareg, diventato capo jihadista e fondatore di un altro gruppo criminal-islamistsa Ansar Dine. L’imboscata ha provocato una carneficina: decine di morti tra militari e civili, per non parlare del numero dei feriti.

Intanto anche il Mali si avvicina sempre di più alla Russia. Martedì il presidente del governo di transizione, Assimi, ha avuto un lungo colloquio telefonico con il suo omologo Vladimir Putin.

Da quanto emerge, Mosca e Bamako vogliono rafforzare la cooperazione nei settori dell’economia e della sicurezza.

Poche ore prima della telefonata tra i due capi di Stato, si è schiantato al suolo l’aereo da combattimento Sukhoi SU-25, recentemente fornito dalla Russia al Mali. Lo Stato maggiore ha affermato che il caccia è precipitato vicino all’aeroporto di Gao, al ritorno da una missione a sostegno della popolazione civile nella zona. Durante l’incidente sono morte due persone: il pilota e un membro dell’equipaggio, altre dieci sono state ferite, tra loro anche due civili. Finora non è chiaro se tra le vittime ci fossero anche russi. Oltre agli aerei arrivati a agosto, Mosca ha inviato anche personale per l’addestramento.

E sempre lo stesso giorno l’ambasciata americana di Bamako ha rilasciato un comunicato. Il 19 settembre scorso, viene spiegato che il ministro degli Esteri del Mali, Abdoulaye Diop e Miriam Lutz, Direttrice di USAID (Agenzia USA per lo Sviluppo internazionale) nel Paese, hanno siglato accordo che prevede aiuti finanziari americani di 148,5 milioni di dollari, destinato allo sviluppo.

Questo si aggiunge al finanziamento di 250 milioni di dollari che gli Stati Uniti hanno elargito al Mali attraverso l’USAID nell’ultimo anno, compresi 90 milioni di dollari in assistenza umanitaria destinata a chi è in grave stato di necessità.

Il nuovo accordo, ufficialmente un emendamento a quello precedente, comprende anche 17 milioni di dollari per aiuti urgenti nel settore dell’agricoltura e di generi alimentari, visto l’impennata dei prezzi, causata dalla guerra della Russia in Ucraina.

L’ultimo colpo di Stato in Burkina Faso è un nuovo avvertimento per Parigi, a poco più di un mese dalla partenza dell’ultimo soldato francese dal Mali.

Nella base di Kamboinsin, condivisa con l’esercito burkinabé, ci sono ancora le forze speciali francesi. Ora la Francia dovrà decidere il destino di questo accampamento militare, che in passato è stato cruciale per la lotta del terrorismo nel Sahel. Parigi dovrà ridefinire con la massima urgenza la sua presenza militare in Africa, visto che anche in Niger, il maggior alleato della regione del Sahel, a metà settembre si sono svolte manifestazioni contro la presenza dei militari transalpini di Opération Barkhane.

Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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