Niger, massacrati oltre 70 militari, la peggior carneficina dei jihadisti dal 2015

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Attacco jihadista in Niger

Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
12 dicembre 2019

Settantuno militari uccisi, 12 feriti, diversi loro compagni scomparsi, decine di aggressori ammazzati durante una battaglia campale scoppiata martedì scorso in Niger subito dopo l’assalto dei terroristi islamici a un campo militare. La notizia è stata diffusa dal ministero della difesa di Niamey con un comunicato alla televisione di Stato. Il gruppo di terroristi era composto da alcune centinaia di uomini. Il combattimento è stato molto violento.

Il campo dell’esercito nigerino di Inates, nell’ovest del Paese, si trova non lontano dal confine con il Mali e dista 250 chilometri dalla capitale Niamey. L’aggressione era stata rivendicato dai miliziani di Abou Walid al-Sahraoui, leader di “Etat Islamique dans le Grand Sahara”, attivo nell’area delle “tre frontiere” ai confini del Mali, Burkina Faso e Niger.

Attacco jihadista in Niger

Martedì, un bilancio iniziale  aveva parlato di 61 militari morti. Si tratta del più grave attentato terroristico con il maggior numero di vittime che ha subito l’esercito nigerino dal 2015, cioè dall’inizio degli attacchi jihadisti nel Paese

Secondo quanto riferisce una fonte della sicurezza, i terroristi avrebbero attaccato la base con granate e mortai e le esplosioni di munizioni e carburante sarebbero all’origine di tanti morti. Il presidente e capo delle Forze armate, Mahamadou Issoufou, ha interrotto il suo soggiorno a Assouan (Egitto), dove stava partecipando alla Conferenza sulla pace durevole, sicurezza e sviluppo in Africa, e è ritornato immediatamente a Niamey. Martedì il Consiglio dei ministri ha prorogato per altri tre mesi lo stato d’emergenza che vige già in diverse regioni dal 2017. Tale misura permette alle forze di sicurezza maggiori poteri d’intervento, come perquisizioni nelle abitazioni sia di giorno che di notte e quant’altro.

Presidenti di Ciad, Mali, Burkina Faso, Niger, Mauritania al G5 Sahel

Finora l’attentato non è ancora stato rivendicato da nessun gruppo, ma visto i mezzi e gli uomini messi in campo si punta il dito su una coalizione composta da diversi gruppi jihadisti. La base nigerina sarebbe stata attaccata da centinaia di miliziani in sella alle loro moto.

La stessa guarnigione aveva già subito un altro attacco nel luglio scorso. Allora sono stati ammazzati 18 soldati della ex colonia francese.

Il nord della regione di Tahoua e anche tutto il Tillabéri sono frequentemente teatro di attacchi jihadisti con base nel vicino Mali e dallo scorso ottobre le organizzazioni umanitarie non possono più portare aiuti in queste zone senza scorta militare. Inoltre, secondo quanto riportato dal ministero della Difesa nigerino, lunedì scorso sono morti altri tre soldati e 14 terroristi durante un attacco alla postazione militare di Agando, nella regione di Tahoua.

Malgrado le forze messe in campo dagli Stati del Sahel e i loro partner, l’insicurezza si inasprisce di giorno in giorno in tutta la regione e rischia di espandersi verso altri Paesi del golfo di Guinea.

Quest’ultima carneficina è stata messa in atto solo pochi giorni dopo l’invito di Emmanule Macron ai  presidenti dei Paesi G5 Sahel (Burkina Faso, Mauritania, Ciad, Mali e Niger). L’incontro era stato fissato per il 16 dicembre a Pau (Francia) e è volto a chiarire la presenza della missione francese, ma Barkhane, forte di 4.500 uomini in tutto il Sahel, con il compito di contrastare il terrorismo nella regione. Ma vista l’attuale situazione, Macron, saggiamente ha rinviato il vertice con i suoi omonimi del Sahel. Probabilmente si svolgerà a gennaio, la data non è ancora stata fissata.

Nella stessa area sono stati rapiti anche due italiani. Dal dicembre 2018 non si hanno più notizie di Luca Tacchetto, giovane architetto originario di Vigonza, in provincia di Padova, e della sua compagna canadese Edith Blais.  I due si stavano recando da Bobo-Dioulasso, città nella parte sudoccidentale del Burkina Faso, verso la capitale Ouagadougou. Mentre il sacerdote italiano, Pierluigi Maccalli è stato rapito nel settembre 2018 in Niger, a pochi chilometri dal confine con il Bukina Faso.

Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes

Niger: sequestrato operatore umanitario statunitense

 

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