La recrudescenza della guerra tra palestinesi e israeliani
rende questo libro di Giovanni Porzio ancora più attuale.
Speciale per Africa ExPress
Massimo A. Alberizzi
Milano, ottobre 2023
Quello di Giovanni Porzio “Sui sentieri del Jihad” non è un libro da leggere, ma da divorare. Bisogna fare attenzione perché quando cominci a sfogliare le pagine, non smetti più. E’ un testo pieno di informazioni, annotazioni e storie narrate in prima persona che affascinano il lettore e riescono a coinvolgerlo quasi fosse anche lui parte del racconto.
Giovanni Porzio è un inviato di lungo corso. Le guerre e più in generale le aree di crisi sono il suo pane. Sa muoversi a dovere e sa che incidenti in cui puoi perdere persino la vita sono sempre possibili: “Sono rischi di questo mestiere. Se vuoi conoscere e capire la realtà, spesso tragica e difficile, devi essere là. Non puoi restare a casa comodamente accomodato su un divano e scrivere di guerra se non ci sei dentro”. Aveva spesso spiegato.
E infatti zaino in spalla, taccuino in una mano e macchina fotografica a tracolla, si metteva (e si mette ancora) in viaggio verso l’inferno in Terra.
E così già dalle prime pagine il libro trascina il lettore nella sofferenza. Sia essa in Afghanistan, in Somalia, in Palestina, nell’infuocato Sahara o in altre parti del pianeta dove l’autore si muove con difficoltà, logistiche e organizzative, ma anche a proprio agio. Nell’inferno non ci sono autostrade né confortevoli alberghi con aria condizionata e piscina e neppure ristoranti con cibi prelibati, ghiotti o pantagruelici, ma solo poca roba commestibile che serve solo per nutrirsi.
Ma il libro non è solo cronaca. I racconti non possono essere distaccati dalla realtà e dalle immagini che emergono dipingendo tragedie epocali.
Obedia è una donna palestinese che ha perso il fidanzato ucciso da un missile israeliano. Il fratello kamikaze si era fatto saltare alla stazione degli autobus di Tel Aviv. Decide di seguirne l’esempio ma viene scoperta è cacciata per sei anni in galera. Uscita di prigione convola a nozze con un matrimonio combinato e infelice con un figlio che non arrivava mai.
Il carcere l’ha cambiata profondamente anche se resta partigiana della patria palestinese. E il suo sfogo raccontato da Porzio non solo è toccante ma spiega anche tante cose che purtroppo sfuggono al grande pubblico. “So che non potrò mai vivere una vita normale, che non potrò mai essere una madre come e altre. Ma non sono un mostro assetato di sangue. Sono un essere umano: è questo che vorrei dire agli israeliani. Tra i kamikaze ci sono donne come me, studenti universitari, impiegati, gente comune. Persone quali sempre spinte a scelte e azioni estreme spinte dalla disperazione per la perdita di un congiunto della casa o del lavoro. Per molti di noi la morte è preferibile all’umiliazione di una vita senza futuro, senza patria e senza libertà. Non è la testa che ci guida. E’ il cuore”. Una confessione agghiacciante che spiega parecchie cose sulla motivazione dei terroristi. Se si vuol combattere il terrorismo occorre rimuovere le cause che muovono i terroristi. E spesso non è cieco fanatismo o incomprensibile esaltazione.
Il questo libro non ci sono solo pagine toccanti. Quando parla dei documenti sulla ricostruzione dell’Afghanistan pubblicati dal Washington Post nel 2019 racconta risvolti noti ma sconosciuti al grande pubblico, specie a quello italiano. “Quei documenti – scrive Porzio – non facevano che confermare ciò che era evidente a tutti gli afghani e agli osservatori sul campo: la dilagante corruzione di un governo inetto e cleptocratico (quello afgano, n.d.r.) l’impreparazione e la debolezza delle forze di sicurezza, la piaga del traffico di droga, l’impunità dei warlord sul libro paga della CIA, l’avanzata dei taliban”.
E ancora: “Gli Afghanistan Papers dimostravano che l’opinione pubblica americana, come i tempi del Vietnam, era stata deliberatamente manipolata con l’avallo di tre inquilini della Casa Bianca, Bush, Obama e Trump. Generali e funzionari del Pentagono enfatizzavano i progressi della campagna militare e della ricostruzione diffondendo notizie false, statistiche distorte o inesistenti. E brancolavano nel buio. ‘Che cosa stavano facendo in quel Paese?’, Si domandava il generale Douglas Lute, consigliere per l’Afghanistan di Bush e Obama. ‘Che cosa stiamo cercando di fare? Con quali obiettivi? Non lo sapevamo’ “.
Nel libro si trovano poi le risposte ad alcune domande semplici ma spesso rimaste inevase. “Nei documenti che avevo trovato nei covi di al Qaeda a Kabul, le parole d’ordine più frequentemente ribadite erano la riconquista di Gerusalemme e la cacciata degli americani dei territori arabi -racconta Giovanni Porzio -. L’avversione per gli Stati Uniti, di cui un Occidente in malafede e privo di memoria storica pareva non capire le ragioni, era un sentimento diffuso nel mondo islamico. Erano missili americani quelli che provocavano i ‘danni collaterali’ in Afghanistan e polverizzavano le case dei palestinesi, erano armi americane quelle in mano le milizie falangista di Beirut che nel 1982 massacrarono e stuprarono i profughi dei campi di Sabra e Chatila, ed era Israele – alleato di ferro degli Stati Uniti – che occupava il Golan e la Cisgiordania e che durante l’invasione del Libano aveva ucciso 17.500 civili. Ed erano gli americani ad aver imposto all’Iraq le sanzioni economiche che avevano causato la morte di quasi mezzo milione di bambini”.
Una constatazione banale tenuta purtroppo lontana dall’opinione pubblica occidentale. Così le si possono imporre scelte dannose che favoriscono l’industria delle armi, i trafficanti che ne fanno parte. Insomma il commercio di morte. Un apparato economico che applaude freneticamente ogni volta che viene tirato un missile e gioisce a ogni massacro e a ogni carneficina. Ogni arma e ogni proiettile usato, dovrà essere rimpiazzato negli arsenali.
Il libro di Porzio è pieno zeppo di informazioni e di spunti illuminanti. Chiarimenti di cui c’è assai bisogno ora, tempo di guerra in Ucraina. La narrazione del conflitto attuale è a senso unico e chi solleva dubbi sulla sua necessità e ineluttabilità viene insultato e accusato di essere amico dei dittatori e dei tiranni. Le guerra e le sue cause non sono avvenimenti semplici da narrare e descrivere. E qualche velo lo scritto di Porzio lo solleva.
Massimo A. Alberizzi
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