Speciale per Africa ExPress
Antonio Mazzeo
dicembre 2020
Giungono i primi importanti risultati per il colosso energetico ENI dopo il pressing dei suoi manager e del governo Conte sulle autorità politiche e militari di Tripoli. Il 30 novembre scorso il capo del Governo di Accordo Nazionale Fayez al-Sarraj e il presidente della compagnia petrolifera libica statale NOC – National Oil Corporation, Mustafa Sanalla, hanno accolto nella capitale libica l’amministratore delegato ENI Claudio Descalzi per fare il punto sui nuovi progetti esplorativi ed estrattivi di idrocarburi e gas da parte della società italiana.
“Claudio Descalzi ha confermato ad al-Sarraj il pieno impegno della società, con particolare focus sullo sviluppo dei progetti gas che consentiranno di estendere il plateau di produzione di Bahr Essalam, giacimento off-shore a 120 Km a nord-ovest di Tripoli, assicurando l’approvvigionamento di gas al mercato locale, di cui ENI continuerà a essere il principale fornitore nei prossimi anni”, riporta l’ufficio stampa del gruppo con quartier generale a San Donato Milanese (MI).
L’amministratore delegato di ENI non ha fatto mancare il suo apprezzamento per gli sforzi compiuti dal management e dai contractor della National Oil Corporation per “riprendere in sicurezza” la produzione e l’esportazione di petrolio da tutti i giacimenti petroliferi onshore partecipati dalla transnazionale italiana, come quello di Elephant Field (El Feel) situato nell’area desertica di Murzuq a 800 km a sud da Tripoli, ed Abu-Attifel a 300 km a sud dalla città di Bengasi, in una regione che è stata contesa a lungo dalle milizie del GAN e da quelle fedeli al generale Khalifa Haftar.
Descalzi ha pure ringraziato il presidente della compagnia petrolifera libica per aver garantito la “continuità operativa, il supporto logistico e la turnazione nei siti operativi”, nonché per l’“impegno profuso” in questi mesi dal management e dai contrattisti della Mellitah Oil & Gas BV Libyan Bran, la joint venture paritaria di NOC ed ENI che gestisce diversi giacimenti onshore sparsi nel paese e i giacimenti offshore costituiti da tre piattaforme e un serbatoio galleggiante nel mar Mediterraneo.
“Le parti hanno discusso inoltre dell’avvio di progetti pilota nelle rinnovabili nel Paese, mettendo a disposizione know-how e sviluppo di nuove competenze”, riferisce l’ENI. “L’introduzione, per la prima volta, di energie rinnovabili in Libia risponderà all’aumento di energia elettrica per la popolazione senza aumentare il consumo locale di idrocarburi e le emissioni di CO2. L’amministratore delegato ha infine rinnovato l’impegno di ENI nel campo sociale, in particolare nel supporto a NOC per quanto riguarda la fornitura di attrezzature medicali di protezione, diagnosi e trattamento essenziali nella risposta contro la pandemia di Covid-19”. Per il gruppo italiano, poco importa dunque che il sanguinoso conflitto in Libia sia lontano da una soluzione diplomati; che gli affari continuino nonostante tutto e tutti, magari con un po’ di green e qualche pacco di mascherine chirurgiche in più.
Claudio Descalzi era già stato in missione ufficiale a Tripoli l’8 luglio scorso per incontrare anche in quell’occasione il capo del GAN Fayez al-Sarraj e i vertici della National Oil Corporation. Tra i temi all’ordine del giorno di quel vertice, innanzitutto le attività avviate con la firma del Memorandum of Understanding tra ENI e la General Electric Company Of Libya (GECOL), la società statale di produzione e commercializzazione dell’energia elettrica. “ENI sta dando un grande contributo al miglioramento del settore dell’energia, fornendo pezzi di ricambio fondamentali per garantire la continuità di generazione pari a 3 GW”, riferiva nell’occasione il gruppo di San Donato Milanese. “ENI sta assicurando in Libia formazione e supporto tecnico per la definizione del codice di rete nazionale e per migliorare l’operabilità della rete stessa. Inoltre, ENI sta studiando lo sviluppo di una nuova centrale elettrica a gas e sta sostenendo l’avvio di progetti pilota di energie rinnovabili”.
Nel faccia a faccia con il presidente della NOC, Mustafa Sanalla, Claudio Descalzi si era soffermato invece sulle modalità di attuazione del mega progetto Structures A&E relativo all’estensione dell’area esplorativa e della produzione dei campi di gas offshore di Bahr Essalam, oltre alla possibilità di sviluppare ulteriormente un altro giacimento offshore nel Mediterraneo, quello di Bouri Field, a 120 km di distanza dalle coste libiche.
Buona parte delle attività di ENI in Libia sono riprese a partire dell’ottobre 2018 (ossia proprio in una delle fasi più acute del conflitto tra il regime di al-Sarraj e il generale Khalifa Haftar), dopo che fu firmata a Londra una lettera d’intenti tra il presidente della National Oil Corporation, l’amministratore delegato dell’holding petrolifera britannica BP, Bob Dudley, e Claudio Descalzi, per l’assegnazione all’ENI di una quota del 42,5% nell’Exploration and Production Sharing Agreement (EPSA) di BP nelle aree contrattuali onshore ed offshore della Libia.
“Si tratta di un importante traguardo che darà la possibilità di liberare il potenziale esplorativo della Libia riavviando le operazioni dell’EPSA sospese dal 2014”, dichiarava con orgoglio Claudio Descalzi. “L’accordo contribuisce a creare inoltre un contesto attrattivo per gli investimenti, volto a ripristinare i livelli di produzione e le riserve di idrocarburi del paese attraverso le infrastrutture già esistenti”.
ENI opera in Libia dal lontano 1959 e la produzione netta si attesta attualmente in 170.000 barili di petrolio equivalente al giorno. Secondo i dati forniti dal gruppo italiano, nel 2019 sono stati estratti dal sottosuolo libico 37 milioni di barili di petrolio e condensati, 106 milioni di barili di idrocarburi e 10,6 miliardi di meri cubi di gas. “Deteniamo in Libia undici titoli minerari (quattro permessi esplorativi e sette permessi produttivi), regolati da contratti di Exploration and Production Sharing Agreement (EPSA)”, spiega l’ENI. “Le attività di esplorazione e sviluppo nel Paese sono raggruppate in sei aree contrattuali con un interesse del 100% per la fase esplorativa e 50% per la fase di sviluppo”.
“Onshore siamo presenti con i giacimenti di Bu-Attifel, El Feel (33,3%), KNOC (16,6%) e Wafa, nel deserto libico. Per quanto riguarda l’offshore le nostre attività si concentrano nel giacimento a olio di Bouri e nell’area di Bahr Essalam, con la messa in produzione di dieci nuovi pozzi”.
Recentemente ENI ha anche completato le attività di potenziamento degli impianti di trattamento gas di Mellitah (poco ad ovest della città costiera di Misurata) e di Sabratha (nell’omonimo distretto nordoccidentale della Libia), incrementando la capacità di trattamento fino a 1.100 milioni di piedi cubi al giorno. Nel complesso di Mellitah converge il gas estratto dai giacimenti di Wafa e Bahr Essalam. Dopo il trattamento il gas raggiunge Gela in Sicilia grazie al gasdotto Greenstream che attraversa il Mediterraneo per 520 chilometri. Il gasdotto, realizzato in meno di due anni, fu inaugurato l’1 ottobre 2004 dall’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e da Muhammar Gheddafi, il leader libico deposto e assassinato sette anni dopo. Secondo quanto riferito dall’ENI, la capacità del gasdotto Greenstream ammonta annualmente a circa 8 miliardi di metri cubi.
Antonio Mazzeo
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