Tanzania, pesante attacco ai gay e l’Unione Europea richiama il suo ambasciatore

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LGBT Africa

Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 11 novembre 2018

L’Unione Europea ha richiamato il proprio ambasciatore dalla Tanzania e rappresentante UE presso l’Unione dei Paesi dell’Est Africa, Roeland van de Geer, per la preoccupante situazione dei diritti umani nell’ex protettorato britannico, soprattutto nei confronti dei gay.

Il ministro degli Esteri di Dodoma, Augustine Mahiga, ha affermato durante un incontro con i responsabili di organizzazioni internazionali presenti nel Paese, che la partenza di van de Geer sarebbe stata discussa e concordata con l’UE e che l’ambasciatore non sarebbe stato assolutamente espulso, bensì richiamato in sede.

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Bruxelles ha sottolineato che a questo punto sarà costretta a riesaminare le proprie relazioni con la Tanzania, Paese dove la persecuzione degli gay è in costante aumento. Infatti anche nel 2017, proprio a Zanzibar, erano state arrestate venti persone mentre seguivano un corso di prevenzione contro l’infezione da HIV/AIDS, tenuto da un’organizzazione non governativa.

Le “divergenze diplomatiche” si sono verificate immediatamente dopo l’efferata campagna messa in atto da Paul Makonda, governatore di Dar Es Salaam, la capitale economica del Paese, contro gay e lesbiche. Makonda aveva lanciato un appello alla popolazione perchè fossero denunciati tutti gli omosessuali. Dalle parole si è passato ai fatti: sabato scorso sono stati arrestati dieci uomini a Zanzibar, mentre era in corso una festa in un grande albergo sulla costa. Tutti e dieci sono accusati di aver contratto matrimonio con persone dello stesso sesso, mentre altri sei, presenti ai festeggiamenti, sono riusciti a scappare prima dell’arrivo delle forze dell’ordine.

Immediata la reazione di Amnesty International, secondo cui le persone arrestate sono state portate alla stazione di polizia di Chakwa a Unguja, la più importante, più grande e più popolata isola di Zanzibar, territorio della Tanzania con una status di semi autonomia.

John Magufuli, presidente della Tanzania

Suleiman Hassan, comandante di polizia regionale per il sud dell’isola, ha affermato che gli accusati sono stati rilasciati giovedì scorso, perché non sono emerse prove evidenti a loro carico. Hassan ha aggiunto: “Continueremo ad investigare, potrebbero essere arrestati nuovamente e accusati degli eventuali reati commessi”. L’avvocato dei dieci incriminati  ha confermato il loro rilascio, ma ha puntualizzato che il caso non è ancora stato archiviato.

Il ministro ha sottolineato che le posizioni di Makonda sarebbero distanti dalle politiche del governo, ma i rappresentanti della comunità LGBT hanno criticato aspramente l’amministrazione del presidente John Magufuli. Il presidente non ha mai fatto un segreto della sua ostilità nei confronti di gay e lesbiche. Infatti la situazione si è inasprita dopo l’insediamento di Magufuli nel 2015.

L’omosessualità è considerata un grave reato in Tanzania, e quindi anche nell’arcipelago di Zanzibar nell’Oceano indiano, ed è punibile da trent’anni di galera fino all’ergastolo. La società non accetta gay e lesbiche, che quindi sono costretti a vivere in clandestinità.

Muthoki Mumo, a sinistra, e Angela Quintal, membri di CPJ

Non vengono perseguitati solo gay e lesbiche. Ora il governo punta il dito anche contro i giornalisti. Mercoledì scorso la polizia di Dar es Salaam ha tenuto in stato di fermo per alcune ore due attiviste dell’organizzazione statunitense Comitato per la Protezione dei Giornalisti (CPJ)

La sudafricana e coordinatrice per l’Africa di CPJ, Angela Quintal, e la sua collega kenyana Muthoki Mumo sono state prelevate dal loro albergo mercoledì sera da alcuni agenti di polizia dell’immigrazione.

Giovedì mattina, il portavoce del ministero degli Esteri sudafricano, Ndivhuwo Mabaya, ha confermato il rilascio delle due donne, specificando che prima di rilasciare commenti, il suo governo attende di essere informato dei fatti. Dal canto suo il CPJ ha precisato che le due donne si trovavano in Tanzania per una missione di lavoro.

Il governo tanzaniano non ha voluto rilasciare dichiarazioni dettagliate. Il loro portavoce ha solamente precisato che non è ben chiaro il perchè del loro fermo, visto che sono state autorizzate ad entrare nel Paese. Un poliziotto del dipartimento immigrazione ha fatto sapere che i due membri del CPJ avrebbero partecipato a riunioni con associazioni di giornalisti locali, mentre avevano dichiarato di essere venuti per una semplice visita.

Da quando l’attuale presidente è al potere, diversi giornali che hanno espresso critiche nei confronti del governo, sono stati chiusi. In questi anni sono state adottate diverse leggi in contrasto con la libertà di espressione, molto criticate dalle organizzazioni per la difesa dei diritti umani. Nel 2018 la Tanzania si posiziona al novantatreesimo posto su centottanta nella classifica della libertà di stampa di Reporter sans Frontières, vale a dire è retrocessa di dieci punti rispetto allo scorso anno.

Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes

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