Pigmei, nel bacino del Congo diventa crisi umanitaria

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foto ©Kate Eshelby/Survival
foto ©Kate Eshelby/Survival

sandro_pintus_francobolloSpeciale per Africa ExPress
Sandro Pintus
Firenze, 3 ottobre 2017

La tragica situazione dei pigmei, causata dal “colonialismo verde”  da quasi tre decenni continua ad aggravarsi e, secondo Survival International, sta diventando una crisi umanitaria.

Nel febbraio 2016 Survival ha denunciato all’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) la violazione dei diritti umani dei pigmei da parte del WWF.

L’OCSE, per la prima volta ha accolto la denuncia contro una ong e ha tentato una mediazione tra Survival e Fondo mondiale per la natura. Purtroppo il WWF ha rifiutato di impegnarsi nel coinvolgimento delle popolazioni pigmee nella cosiddetta “conservazione” di quelle che chiama “aree protette” facendo cadere la trattativa.

Alcune testimonianze dei pigmei: Le guardie forestali mi hanno detto che mi avrebbero tagliato la gola. I guardaparco hanno ucciso mio marito. (Courtesy Survival International)
Alcune testimonianze dei pigmei: “Le guardie forestali mi hanno detto che mi avrebbero tagliato la gola”.
“I guardaparco hanno ucciso mio marito”. (Courtesy Survival International)

I princìpi del WWF ignorati nella realtà

Che qualcosa sia cambiato durante gli anni lo hanno constatato anche il Forest Peoples Programme e l’associazione camerunense Centre pour l’Environnement et le Développement (Centro per l’ambiente e lo sviluppo).

“I principi del WWF stanno cambiando sulla carta ma sono per lo più ignorati nella realtà. I Baka continuano ad essere quotidianamente molestati da guardie armate e viene loro impedito di entrare nella foresta per la loro sussistenza”. Questo hanno confermato le due associazioni nel luglio 2011.

Il WWF sapeva

Il Fondo mondiale per la natura era a conoscenza di ciò che stava succedendo alle popolazioni pigmee. Lo dimostra un documento interno con la data di aprile 2015, cosa che Survival ha denunciato lo scorso anno. Perché ha taciuto?

In verde i parchi e le riserve; in rosso le aree di utilizzate per il taglio degli alberi; in rosso a righe le zone dove viene praticata la caccia grossa (courtesy Survival International)
In verde i parchi e le riserve; in rosso le aree di utilizzate per il taglio degli alberi; in rosso a righe le zone dove viene praticata la caccia grossa (courtesy Survival International)

I pigmei costretti ad abbandonare le foreste

France24, in un servizio trasmesso nello scorso mese di luglio, ha confermato che nel Camerun orientale ogni anno spariscono oltre 20 mila ettari di foresta vergine. La causa principale è il taglio degli alberi operato dalle compagnie del legname. La scomparsa della foresta costringe i pigmei Baka ad abbandonare i loro territori perché non possono più trovare il cibo per la loro sopravvivenza.

E quando non riescono ad andarsene sono costretti a svolgere attività sottopagate. Secondo France24, con questa pesante situazione, un numero crescente di pigmei cade nella trappola dell’alcol e fa uso di sostanze stupefacenti.

I difficili rapporti tra bantu e pigmei

Ma, oltre all’ostinazione del WWF nel coinvolgere i pigmei nella tutela delle foreste, ci sono due problemi difficili da risolvere. Il primo, con il quale le popolazioni della foresta si scontrano, è il rapporto con i popoli di etnia bantu e i ranger con funzioni anti-bracconaggio sono bantu.

Questi hanno una bassissima considerazione dei pigmei, che considerano alla stregua di esseri inferiori, e li trattano come schiavi. Il secondo è che essendo i pigmei cacciatori-raccoglitori nomadi, dagli stati nei quali vivono non viene loro riconosciuta l’appartenenza a un territorio.

Oltre a Survival, hanno manifestato preoccupazione per gli abusi contro i pigmei numerosi esperti indipendenti e diverse organizzazioni non governative. Tra questi troviamo Greenpeace, Oxfam, UNICEF, Global Witness, Forest Peoples Programme, ricercatori della University College London, dell’Università di Oxford, dell’Università di Durham e dell’Università di Kent.

foto ©Kate Eshelby/Survival
foto ©Kate Eshelby/Survival

Se non si interviene rapidamente la popolazione di questi custodi della foresta rischia di scomparire portandosi via secoli di conoscenza della selva del bacino del Congo e una preziosa parte della cultura umana. Per sempre, lasciando l’umanità più povera.

(2/2 – fine)

Sandro Pintus
sandro.p@catpress.com
Twitter: @sand_pin

Vedi anche:
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