Fuoco e fiamme nell’est della Repubblica Democratica del Congo: migliaia di nuovi sfollati

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Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
8 febbraio 2024

Migliaia di congolesi sono nuovamente in fuga nell’est della Repubblica Democratica del Congo. I combattimenti tra l’esercito (FARDC) e i ribelli M23 (che prendono il nome da un accordo, firmato dal governo del Congo-K e da un’ex milizia filo tutsi il 23 marzo 2009) ieri si sono intensificati e i miliziani avrebbero circondato Saké, città strategica sulla strada per Goma, a una ventina di chilometri dal capoluogo del Nord-Kivu.

E anche questa mattina gli scontri tra i militari di Kinshasa e miliziani dell’ M23 sono continuati. Verso mezzogiorno una bomba è caduta in un campo per sfollati non lontano dal fiume Mubangu, per fortuna non  sono state registrate vittime. Mentre un’altra, caduta ieri a Kimoka, nel territorio di Masisi, ha causato danni ingenti e ha ucciso e ferito parecchie persone.

Nuovi pesanti scontri nell’est del Congo-K tra FARDC e M23

L’esercito congolese e MONUSCO (Missione di pace dell’ONU in RDC) hanno lottato e faticato per contenere l’avanzata degli M23. E Mentre i combattimenti erano in pieno svolgimento, migliaia di persone fuggite da Saké sono arrivate a Bulengo, a circa 10 chilometri a ovest di Goma.

Gli sfollati sono disperati: “Stiamo scappando dai combattimenti, non sappiamo dove andremo, dove ci accoglieranno. Qui a casa non possiamo restare, non possiamo sopravvivere in una situazione del genere”, ha raccontato una donna ai reporter di al Jazeera.

Gli scontri tra i ribelli, esercito e milizie filogovernative si sono intensificati di recente, costringendo intere comunità nei territori di Masisi e Rutshuru a fuggire verso aree più sicure alla periferia di Goma.

Natalia Torrent, responsabile di Medici Senza Frontiere (MSF) a Mweso, ha dichiarato che i combattimenti sono scoppiati due settimane fa. Ma anche la ONG ha dovuto evacuare parte del suo staff, dopo che un loro ospedale è stato crivellato di proiettili. Nel nosocomio si erano rifugiati migliaia di residenti di Mweso prima di abbandonare la città.

Sfollati in Congo-K

Jean-Pierre Lacroix, sottosegretario generale delle Nazioni Unite per le operazioni di pace, è stato in Congo-K in questi giorni. Durante la sua permanenza è stato anche nell’est del Paese, zona da decenni devastata dai gruppi armati, mentre il 6 febbraio l’alto funzionario dell’ONU ha incontrato anche il presidente, Felix Tshisekedi, appena rieletto per un secondo mandato.

MONUSCO,  dopo 25 anni di presenza in Congo-K,  sta iniziando a preparare i bagagli. Dovrà lasciare il Paese entro dicembre 2024. Il contingente internazionale, dispiegato nella provincia del Sud-Kivu partirà entro la fine di aprile. Dal 1° maggio in questa zona la protezione dei civili sarà affidata esclusivamente alle forze armate congolesi (FARDC). Dopo il Sud Kivu, i caschi blu lasceranno il Nord-Kivu e infine l’Ituri, tutte province nell’est del Paese, che da decenni sono sconvolte da continui attacchi di gruppi armati. I civili sono sempre i primi a subire le conseguenze delle violazioni, degli attacchi, delle violenze. Basti pensare che gli sfollati sono ormai quasi 7 milioni.

Secondo quanto riferito da fonti locali, i caschi blu avrebbero aperto il fuoco dalle loro posizioni a Kimoka, a circa 8 chilometri da Saké, contro gli M23 sostenuti, secondo Kinshasa e l’ONU, da Kigali.

E proprio dietro pressioni di Washington, Kinshasa ha accettato con riluttanza di riaprire il dialogo con Kigali, ma solo se cesserà la sua presenza militare in territorio congolese. Va ricordato che Tshisekedi, lo scorso dicembre, alla chiusura della campagna elettorale, aveva annunciato di voler dichiarare guerra al Ruanda se dovesse essere rieletto e se “i nostri nemici continueranno ad agire in modo irresponsabile”.

Cornelia I. Toelgyes
corneliaacit@hotmail.it
X: @cotoelgyes
© RIPRODUZIONE RISERVATA

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