Parigi non riconosce i golpisti e il Niger espelle l’ambasciatore francese: esplode la crisi umanitaria

Il diplomatico deve lasciare il Paese entro 48 ore

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Sylvain Itte, ambasciatore di Parigi, accreditato
a Niamey, è stato dichiarato persona non grata
dalla giunta golpista. Dovrà lasciare il Niger entro 48 ore.
L’espulsione è stata decisa subito dopo l’annuncio di Parigi
di non riconoscere la giunta golpista

Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
25 agosto 2023

 

Il valico di frontiera di Malanville, nel nord del Benin, è uno dei più trafficati dell’Africa occidentale. I camion con cibo, aiuti umanitari e materiali industriali solitamente fluiscono liberamente verso il vicino Niger, ma ora, dopo il colpo di Stato dello scorso 26 luglio, le frontiere terrestri sono ufficialmente chiuse, come per altro lo spazio aereo.

Con la chiusura delle frontiere si aggrava la situazione umanitaria in Niger

Una fila di migliaia di camion si estende per oltre 25 chilometri sulle rive fangose del fiume Niger che segna la frontiera. Lontano dalle guardie, i piccoli commercianti ammassano le merci su barche di legno e tentano di attraversare il fiume.

In Nigeria la situazione non è migliore. La frontiera che la divide dal Niger è lunga oltre 1.500 chilometri. La sua chiusura pesa sull’attività delle comunità locali e sta paralizzando l’economia, soprattutto quella dei piccoli commercianti. Alcuni riescono ugualmente a attraversare il confine, difficilmente controllabile dai militari nigerini: “I valichi sono ben 80, ma tutta la linea di demarcazione è al quanto porosa. Ci sono ben oltre mille passaggi illegali”, ha ricordato a Radio France International un capo tradizionale, membro del consiglio di sicurezza del sultano di Sokoto, in Nigeria. Infine ha sottolineato: “I funzionari doganali non bastano e i terroristi ne approfittano per passare dal Niger alla Nigeria. C’è anche un forte traffico di armi attraverso il confine”.

Il blocco è uno dei segni evidenti delle sanzioni imposte da ECOWAS (Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale). L’organizzazione regionale vuole far pressione sulla giunta militare capeggiata dall’ex capo delle guardie presidenziali, Abdourahamane Tiani, e chiede con fermezza che venga restaurato l’ordine costituzionale e liberato il presidente, Mohamed Bazoum, eletto democraticamente nel 2021.

A fare le spese delle sanzioni sono però sempre i più poveri. Djaounsede Madjiangar, portavoce del Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite (PAM) regionale, ha fatto sapere che circa 6.000 tonnellate di merci sono bloccate fuori dal Niger. Ora l’altro cereali, olio da cucina e cibo per bambini che soffrono di malnutrizione.

Gli aiuti alimentari di PAM, ora bloccati, dovevano servire per alleviare la già tragica situazione nel Paese, dove oltre 3 milioni di persone faticano a mettere in tavola un pasto solo al giorno. Secondo il PAM, la situazione attuale potrebbe ben presto peggiorare drasticamente.

PAM e l’agenzia delle Nazioni Unite per l’infanzia, UNICEF, hanno affermato di non aver ancora dovuto ridurre le operazioni in Niger, ma hanno avvertito che il tempo sta per scadere. Le interruzioni potrebbero avere un impatto devastante in Niger, che ha uno dei più alti tassi di mortalità infantile al mondo.

Alla crisi alimentare e umanitaria si aggiunge anche quelle energetica, visto che la Nigeria ha interrotto la fornitura di energia elettrica e ciò mette a rischio anche l’assistenza medica negli ospedali.

Sede dell’Unione africana ad Addis Abeba, Etiopia

Martedì scorso l’Unione Africana ha sospeso il Niger dall’organizzazione e ha chiesto a tutti Stati membri di non legittimare il regime golpista. L’UA ha però espresso riserve su un eventuale intervento militare di ECOWAS nel Paese.

Il Consiglio di Pace e Sicurezza (CPS) dell’UA ha chiesto alla Commissione dell’Istituzione con sede in Addis Abeba di “effettuare una attenta valutazione delle implicazioni economiche, sociali e di sicurezza per quanto concerne un dispiegamento militare”, visto che ci sono forti divergenze all’interno dell’Unione su questo tema.

Intanto l’Algeria sta tentando di convincere i suoi vicini che un intervento militare non risolverebbe il problema in Niger. Il governo di Algeri si è opposto sin dall’inizio all’iniziativa di ECOWAS (organizzazione della quale l’Algeria non fa parte), che ancora oggi non esclude di passare ai fatti.

Il Paese ha appena inviato due missioni diplomatiche in rapida successione. Giovedì il segretario generale del ministero degli Affari Esteri algerino, Lounès Magramane, ha incontrato a Niamey Ali Mahaman Lamine Zeine, in presenza di alcuni membri della giunta, tra cui i ministri della Difesa, Salifou Mody, degli Esteri, Bakary Yaou Sangaré, e della Giustizia, Alio Daouda, con l’obiettivo di trovare una soluzione pacifica. Secondo il governo algerino, questo fa parte degli sforzi del Paese per evitare qualsiasi operazione armata in Niger e per prevenire “un aumento dei rischi” nella ex colonia francese e in tutta la regione.

Il capo della diplomazia algerina, Ahmed Attaf, è impegnato da mercoledì in consultazioni con Ghana, Nigeria e Benin, Stati membri di ECOWAS.

La BBC in lingua hausa la riferito che secondo Abdulsalami Abubakar (l’ex presidente nigeriano e leader della delegazione di ECOWAS che si è recata in Niger qualche giorno fa), il generale Abdourahamane Tiani ritiene irrealistico rimettere al suo posto il presidente deposto Mohamed Bazoum. Inutile insistere, non potrà tornare al potere, ma la giunta è pronta a negoziare su qualsiasi altra cosa.

Abubakar ritiene che la proposta di una transizione di tre anni sia un passo positivo, visto che inizialmente il CNSP (Consiglio Nazionale per la Salvaguardia della Patria) non era assolutamente disposto a negoziare.

Il Niger intanto ha stretto alleanze con Mali e Burkina Faso; ieri i ministri degli Esteri dei tre Paesi hanno siglato un accordo a Niamey che permette alle forze armate dei due governi di entrare in Niger in caso di un attacco militare di ECOWAS.

Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
Twitter: @cotoelgyes

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