Tregue sottoscritte e subito dopo violate: le sorti del Sudan si giocano in battaglia

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Africa ExPress
Khartoum 4 maggio 2023

Anche questa mattina le micidiali macchine da guerra continuano la loro corsa senza sosta in Sudan. Come al solito il nuovo cessate il fuoco di 7 giorni, accettato da entrambe le parti in causa, non è stato rispettato.

Nuovi combattimenti e raid aerei a Khartoum e città vicine

Il conflitto tra i due generali – Abdel Fattah Abdelrahman al-Burhan, capo di Stato e comandante delle forze sudanesi, e Mohamed Hamdan Daagalo, noto come Hemeti, vicepresidente del Sudan e capo delle Rapid Suport Forces (RSF) – iniziato lo scorso 15 aprile, è scomparso dalle prime pagine dei giornali, eppure la gente continua a morire, a fuggire da questa assurda guerra per il potere.

Ciascuna delle due parti sta lottando per il controllo del territorio della capitale in vista di eventuali negoziati, anche se i leader di entrambe le fazioni hanno mostrato poca disponibilità pubblica a tenere colloqui dopo più di due settimane di combattimenti. Testimoni oculari hanno confermato che da ieri notte sono in atto raid aerei e combattimenti sia nella capitale che Omdurman, la città gemella sull’altra sponda del Nilo e Khartoum Nord, altrimenti chiamata Bahri .

Ma il conflitto si è già esteso anche in Darfur, dove sono già morte quasi 200 persone. La situazione umanitaria è molto complessa e decine di migliaia di residenti stanno cercando protezione nel vicino Ciad.

In Darfur, dove i paramilitari sono nati, sono cresciuti e si sono sviluppati e si chiamavano janjaweed prima di essere integrati nella RSF per ripulirne l’immagine, hanno ricominciato ad attaccare i villaggi delle etnie africane, bruciando le capanne ammazzando gli uomini e distruggendo ogni cosa.

L’inviato di Al-Burhan, Dafallah Alhaj, ha dichiarato al Cairo all’emittente Al Jazeera che l’accordo riguarda solo il cessate il fuoco e non la mediazione per la risoluzione del conflitto. “Per noi, la risoluzione finale sarà decisa sul campo. La nostra delegazione non si impegnerà in colloqui diretti e non aprirà nemmeno un canale di comunicazione con i ribelli”, ha precisato Alhaj.

Dunque finora non è chiaro se le mediazioni, annunciate all’Associated Press qualche giorno fa da Volker Perthes, rappresentante speciale del segretario generale dell’ONU per il Sudan, possano aver luogo. L’Arabia Saudita si era proposta ad ospitare il tavolo delle trattative a Riad.

Un’altra mediazione è stata promossa dal presidente Salva Kiir del Sud Sudan, e ieri, il ministero degli Esteri del governo di Juba ha fatto sapere che è riuscito a convincere entrambe le parti a concordare una tregua di una settimana e a nominare degli inviati per i colloqui di pace. Ma finora sul campo nulla di fatto.

Martin Griffiths, sottosegretario generale per gli Affari umanitari dell’ONU

Intanto la gente continua a morire. Il ministero della Sanità di Khartoum dichiarato ieri che finora sono morte 550 persone, i feriti sono 4.926. Gli ospedali sono al collasso, oltre a essere a corto di medicinali e materiale sanitario. Inoltre, gran parte del personale non riesce a coprire i turni, in quanto è troppo pericoloso mettersi in viaggio quando ci sono combattimenti in corso.

Ieri è arrivato nel Paese Martin Griffiths, sottosegretario generale per gli Affari umanitari dell’ONU, per tentate di ottenere dalle parti assicurazioni sulla consegna degli aiuti, dopo che sei camion di forniture umanitarie, diretti verso il Darfur, sono stati saccheggiati. Inoltre i continui bombardamenti su Khartoum mettono in pericolo lo staff delle agenzie.

“Abbiamo comunque bisogno di accordi e disposizioni per consentire lo spostamento del personale e delle forniture”, ha precisato Griffiths. L’alto funzionario spera di avere incontri faccia a faccia con le parti in guerra entro due-tre giorni.

Martedì, Griffiths ha fatta tappa a Nairobi, dove, durante una conferenza stampa, ha chiesto, senza giri di parole, alla comunità internazionale di condannare questa assurda guerra:”Al-Burhan e Hemetti devono capire che la situazione in Sudan è inaccettabile”, ha spiegato.

“L’intera regione potrebbe essere colpita”, ha affermato martedì il presidente egiziano Abdel Fattah el-Sisi in un’intervista a un giornale giapponese. Infatti, i Paesi limitrofi continuano a accogliere persone in fuga. E l’ONU teme che i combattimenti tra l’esercito e l’RSF, scoppiati il 15 aprile, possano provocare una catastrofe umanitaria, non solo in Sudan, ma anche nei Paesi vicini.

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