Alla faccia di Regeni/Minniti-Gabrielli-Alfano: le relazioni pericolose con la polizia di Al-Sisi

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Speciale per Africa ExPress
Antonio Mazzeo
8 marzo 2021

8 agosto 2017. Il ministro dell’Interno in carica, Marco Minniti (Pd) inviava alle due Camere la relazione sulle spese sostenute dal suo dicastero nell’anno 2016. Alcuni importanti passaggi erano riservati all’Egitto del dittatore Abdel Fattah al-Sisi, paese con cui l’Italia aveva rafforzato la partnership nel settore della sicurezza e della lotta all’immigrazione illegale, nonostante le gravissime violazioni dei diritti umani perpetrate dalle forze di polizia del Paese nordafricano. “Per assicurare rapporti di diretta collaborazione, anche operativa, con gli Stati terzi di particolare interesse migratorio – scriveva Minniti – sono state aperte, negli anni, posizioni di Esperti per l’Immigrazione presso le sedi di Ambasciate italiane in Libia, Turchia, Tunisia ed Egitto . In particolare, nel 2016, allo scopo di conferire maggiore efficacia all’azione investigativa finalizzata al contrasto delle reti criminali dedite al traffico di migranti via mare – aggiungeva l’allora ministro – , sono state sviluppate forme di collaborazione operativa con le competenti autorità di polizia dell’Egitto e della Turchia. Il rafforzamento della collaborazione ha riguardato anche il settore della prevenzione e lotta al terrorismo, con un’attenzione particolare al preoccupante fenomeno dei c.d. foreignterrorist fighters (FTF)”.

Marco Minniti, ex ministro degli Interni

Soffermandosi sulla cooperazione tra Italia e l’Egitto, Marco Minniti riferiva che nel 2016 erano stati organizzati “dieci corsi in diversi Istituti di Istruzione della Polizia di Stato”. “Per quanto riguarda le forniture – aggiungeva Minniti – nel luglio 2016 sono stati avviati, presso lo stabilimento di Frosinone dell’Agusta Westland (Leonardo), i lavori di ripristino sul primo di quattro elicotteri in disuso, la cui donazione era stata promessa all’Egitto, nel 2012, dal Capo della Polizia pro tempore”.

Nel novembre del 2016, la Polizia italiana aveva consegnato al Ministero dell’Interno egiziano pure 250 desktop, 250 monitor, 250 notebook e 250 stampanti. Nessun accenno invece, da parte di Minniti, a quanto accaduto al Cairo il 25 gennaio 2016, quando un gruppo armato aveva sequestrato e assassinato il ricercatore italiano Giulio Regeni.

In quel maledetto 2016 l’Italia si era macchiata della deportazione in Egitto manu militari di centinaia di migranti, utilizzando un vecchio accordo di cooperazione bilaterale contro il terrorismo e l’immigrazione irregolare. Inoltre il Dipartimento della Polizia di Stato aveva consegnato alle forze di sicurezza del generale al-Sisi “venti apparati Phone Forensic Express completi di connection kit” e aveva pure coperto le spese per la manutenzione del Sistema automatizzato di identificazione delle impronte (Afis) utilizzato dagli egiziani per identificare e bloccare i flussi “illegali” di migranti. Roma aveva acquistato il Sistema Afis nel 2006 dalla filiale milanese della multinazionale Hewlett Packard per 5,2 milioni di euro, consegnandolo alla Polizia egiziana e facendosi anche carico della sua manutenzione annuale (il giornalista Duccio Facchini di Altreconomia ha rilevato che la manutenzione è stata rifinanziata dal Ministero dell’Interno sino al 2019 con quasi 500 mila euro l’anno perché di “carattere prioritario per la sicurezza nazionale”).

Per quasi tutto il 2016 Marco Minniti aveva svolto il ruolo di sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio con delega ai servizi segreti (incarico ricoperto sin dal 17 maggio 2013 con i governi Letta e Renzi) e solo a fine dicembre con l’ingresso a Palazzo Chigi di Paolo Gentiloni, Minniti era promosso a ministro dell’Interno, succedendo ad Angelino Alfano (neoministro degli Esteri). Nonostante il cambio alla guida del Viminale, i rapporti privilegiati con il Cairo non mutavano. Nella relazione alle Camere sulle attività chiave del 2017, il Ministero dell’Interno confermava infatti la fornitura all’Egitto dei quattro elicotteri dismessi dalla Polizia di Stato “previa rimessa in efficienza a cura dell’Agusta Westland e relativo addestramento del personale pilota e tecnico egiziano per il c.d. passaggiomacchina”. Il primo elicottero, aggiungeva il Ministero “è stato collaudato nel mese di gennaio 2018 ed è quindi pronto per la consegna”.

“Nel 2017 è stata realizzata un’importante offerta formativa finanziata con i fondi di questa Direzione Centrale, consistente nell’erogazione di 23 corsi in vari settori della sicurezza (dalla formazione specialistica presso il NOCS ai corsi presso le principali Scuole di Polizia italiane – Cesena, Brescia, Spinaceto, Abbasanta, Pescara) a favore di Egitto, Tunisia, Libia, Gambia, e Nigeria”, specificava ancora la relazione annuale.

“E’ stato chiesto un finanziamento all’UE per il progetto di durata biennale ITEPA (Project – International Training at Egyptian Police Academy) per la realizzazione, presso l’Accademia di polizia del Cairo, di un Centro internazionale di formazione specialistica nel settore del controllo delle frontiere e della gestione dei flussi migratori misti, destinato all’erogazione di tre corsi l’anno per un totale di 360 operatori di polizia provenienti da ben 22 Paesi africani”. L’iniziativa era frutto di un protocollo tecnico siglato a Roma il 13 settembre 2017 tra l’allora Capo dell’Accademia di Polizia egiziana ed il prefetto Massimo Bontempi, direttore centrale dell’Immigrazione e della Polizia delle frontiere da meno di due mesi. Secondo l’accordo, il “centro di addestramento organizzerà workshop per formare i poliziotti africani alla gestione della sicurezza delle frontiere e della lotta alla tratta, sotto la supervisione di personale egiziano, italiano ed europeo”.

Coincidenza vuole che proprio il 13 settembre 2017 giungeva al Cairo il nuovo ambasciatore italiano, il Giampaolo Cantini; il governo aveva ritirato quasi un anno prima il rappresentante diplomatico a seguito della mancata collaborazione alle indagini sul barbaro omicidio di Giulio Regeni da parte della autorità egiziane.

Franco Gabrielli, sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all’intelligence

Dopo l’Ok dell’Unione Europea al finanziamento del progetto Itepa attraverso il Fondo di Sicurezza Interna, esso ha preso il via nella capitale egiziana il 20 marzo 2018, alla presenza dell’allora Capo della Polizia italiana, prefetto Franco Gabrielli, di rappresentanti della Commissione europea e delle Agenzie Frontex ed Europol. “Saranno formati al Cairo funzionari di polizia e ufficiali di frontiera che, a loro volta, formeranno altro personale nei rispettivi Paesi”, riporta la nota emessa dal Dipartimento della Polizia di Stato. “Oltre all’Egitto, partner dell’Italia nel progetto, i Paesi beneficiari sono: Algeria, Burkina Faso, Ciad, Costa d’Avorio, Eritrea, Etiopia, Gambia, Gibuti, Ghana, Guinea, Kenya, Libia, Mali, Marocco, Niger, Nigeria, Senegal, Somalia, Sudan, Sudan del Sud, Tunisia”.

“Noi siamo orgogliosi – dichiarava il prefetto Gabrielli nel corso del suo intervento inaugurale – non solo di aver creato le condizioni per un progetto di cooperazione di polizia ma di averlo fatto in una cornice nella quale il rispetto dei diritti umani è uno degli asset fondamentali”. Il progetto Itepa si è concluso a Roma il 27 novembre 2019 con una conferenza presso la scuola Superiore di Polizia, alla presenza ancora una volta di Franco Gabrielli, del direttore centrale dell’Immigrazione e delle Frontiere Massimo Bontempi, e del generale Ahemed Ebrahim, assistente del ministro dell’Interno egiziano e presidente dell’Accademia di Polizia del Cairo.

Non si può certo dire che l’infausta cooperazione delle forze di polizia italiane con il sanguinario regime egiziano abbia poi arrecato alcun danno d’immagine o alle carriere dei promotori e dei protagonisti nazionali. Il prefetto Franco Gabrielli, già direttore dei servizi segreti SISDE e AISE, Capo della Polizia a partire del 20 aprile 2016, è stato nominato la scorsa settimana sottosegretario alla Presidenza del consiglio, con delega alla “sicurezza della Repubblica” (ancora intelligence, contrasto all’immigrazione illegale, lotta al Covid, ecc.).

Marco Minniti è rimasto ministro sino all’1 giugno 2018, cioè dopo che nel Centro di Addestramento e Istruzione Professionale della Polizia di Stato di Abbasanta, in Sardegna, si era tenuto un corso di “guida fuoristrada in ambito extraurbano” riservato ad un gruppo di operatori della forza di polizia egiziana e relativi interpreti (8-20 aprile 2018).

Minniti, dopo quattro legislature in Parlamento, il 27 febbraio 2021 si è dimesso da deputato per assumere la presidenza della Fondazione Med-Or, creata dalla holding del complesso militare-industriale Leonardo per “promuovere le relazioni economiche, industriali e culturali” con i Paesi del Mediterraneo, dell’area subsahariana, del Medio e Estremo Oriente, in particolare con programmi strutturali nell’ambito aerospaziale, della difesa e della sicurezza.

Angelino Alfano, ex ministro degli Esteri

L’ex ministro dell’Interno e degli Affari Esteri, Angelino Alfano, non ricandidatosi alle ultime elezioni politiche, ha scelto di dedicarsi all’attività forense e il 30 giugno 2018 è divenuto consulente dello studio legale Bonelli Erede Pappalardo di Milano nel team specializzato in Public International Law & Economic Diplomacy.

“Alfano è stato voluto in quanto esperto di Diritto civile, commercio internazionale, procedure antiterrorismo, sicurezza negli stadi e sanzioni internazionali e il suo arrivo rafforzerà il nostro presidio in Africa e nel Medio Oriente soprattutto nei servizi di consulenza per Stati e Istituzioni”, hanno spiegato i titolari dello studio milanese al settimanale l’Espresso. Consulente con Angelino Alfano del team diplomatico-internazionale, l’economista egiziano Ziad Bahaa-Eldin, già a capo dell’authority finanziaria durante la presidenza Mubarak e vice-ministro dopo il colpo di Stato di al-Sisi del 2013, incarico ricoperto sino al 30 gennaio 2014.

Antonio Mazzeo
amazzeo61@gmail.com

Trasferimento alla dittatura egiziana di missili di co-produzione italiana

 

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