Dura repressione in Mali: la condanna dell’ONU e dell’Unione Africana

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Mali, manifestazioni nella capitale

Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
13 luglio 2020

L’Organizzazione delle Nazioni Unite e l’Unione Europea hanno aspramente criticato il governo maliano per le forze messe in campo per reprimere la contestazione di questo fine settimana e chiedono la liberazione immediata di tutti leader dell’opposizione.

Mali, manifestazioni nella capitale

In un comunicato pubblicato nella tarda serata di domenica, MINUSMA (Missione di pace dell’ONU in Mali), UE, Unione Africa e ECOWAS (Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentali) hanno espresso il loro disappunto per i vandalismi perpetrati dai manifestanti, ma hanno sopratutto puntato il dito contro le autorità di Bamako e hanno chiesto al governo di aprire immediatamente un dialogo politico con il Movimento 5 giugno e i partiti all’opposizione.

L’imam Mahmoud Dicko, figura centrale del movimento di contestazione contro il presidente del Mali, Ibrahim Boubacar Keita, ha richiamato i manifestanti alla calma dopo due giorni di violenze, che hanno lasciato sul campo 11 morti. Tra venerdì, giornata della terza protesta a Bamako – organizzata dal Movimento 5 giugno, che raggruppa membri della società civile, partiti dell’opposizione e religiosi, in particolare il Coordinamento CMAS, guidato da Dicko – e domenica, sono state ferite anche oltre 120 persone.

Manifestanti chiedono dimissioni del presidente Keita

Malgrado l’invito alla calma rivolto all’ora di pranzo, nel pomeriggio centinaia di aderenti al movimento erano ancora nelle strade della capitale e diversi punti stradali strategici della città erano bloccati da pneumatici dati alle fiamme. Secondo quanto riferito da Agence France Presse, nella V munipalicità di Bamako un tribunale e un seggio di quartiere del partito del presidente, simboli del potere, sono stati saccheggiati.

Ieri sera comunque non ci sono stati più interventi diretti da parte delle forze dell’ordine, che i due giorni precedenti aveva sparato contro la folla. Ma la situazione era ancora tesa. Sabato, infatti, la polizia non aveva fatto sconti a nessuno nelle strade del quartiere, fino ad ora tranquillo di Badalabougou, diventato epicentro delle contestazioni e aveva aperto il fuoco contro i manifestanti. Lì, oltre alla moschea dell’imam Dicko, si trova anche la sede del partito d’opposizione Unione per la Repubblica e la Democrazia (URD), il cui leader è Soumaïla Cissé, sequestrato a fine marzo a Niafunké – la sua roccaforte vicino a Tumbuktu – durante un comizio elettorale in vista delle legislative. A tutt’oggi il leader dell’URD è ancora in mano ai suoi aguzzini.

Il presidente del Mali Ibrahim Boubacar Keïta

Pur di placare gli animi, il presidente si è rivolto alla nazione sabato sera per la quarta volta in un mese e ha comunicato ai maliani lo scioglimento della Corte costituzionale. Keita si è reso anche disponibile di far svolgere elezioni legislative parziali nelle aree dove la massima autorità giudiziaria aveva convalidato i risultati tanto contestati.

La popolazione è stanca, chiede le immediate dimissioni del presidente, perchè, secondo loro, incapace di risolvere i molteplici gravi problemi, quali la crescente insicurezza, la galoppante corruzione, la chiusura di molte scuole, il collasso del sistema sanitario e quant’altro.

Soldati della Minusma in pattugliamento
Soldati della Minusma in pattugliamento

E a proposito di sicurezza, malgrado la presenza di già oltre 13.000 caschi blu di MINUSMA e l’Operazione francese Barkhane presente in tutto il Sahel con base a N’Djamena, la capitale del Ciad,  con più di 5.000 soldati, la Francia ha lanciato una nuova task force, Takuba, che prenderà il via il 15 luglio 2020.

Un centinaio di militari estoni e francesi inizieranno il loro addestramento insieme a soldati maliani sul campo in Mali. Il ministro della Difesa di Parigi, Florence Parly ha fatto sapere domenica che a ottobre arriveranno anche 60 uomini delle forze speciali ceche, mentre a gennaio altri 150 militari svedesi si uniranno a Takuba; anche l’Italia dovrebbe inviare uomini e mezzi per contrastare i continui attacchi dei terroristi nel Paese.

Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes

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