Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
6 dicembre 2025
Continua l’ondata di rapimenti nel nord della Nigeria; tra le vittime tanti musulmani ma anche cristiani. Ovviamente in Occidente ha suscitato grande indignazione l’uccisione di un pastore anglicano. Silenzio o quasi per quanto riguarda gli altri sequestrati, per la stragrande maggioranza di fede islamica.
Secondo quanto riportato dall’arcivescovo anglicano, Henry Ndakuba, il pastore, Edwin Achi, è stato brutalmente ammazzato dai suoi aguzzini, dopo essere stato rapito il 28 ottobre scorso, insieme alla moglie e alla figlia nello Stato di Kaduna, nel centro-nord della ex colonia britannica.
Ndakuba ha spiegato che inizialmente i rapitori avevano chiesto un riscatto di 600 milioni di Naira (circa 354.000 euro), somma poi ridotta a 200 milioni di naira (circa 118.000 euro). Il vescovo ha poi aggiunto che la moglie e la figlia di Achi sarebbero ancora in mano ai rapitori.
Sharia
Va ricordato che nello Stato di Kaduna vige la legge della sharia, introdotta nel 2000, allineandosi con altri Stati della Federazione nel nord della ex colonia britannica. In tutto il Paese sono 12 le regioni a maggioranza musulmana che hanno adottato tale codice, basato principalmente sul Corano.

Anche il sequestro di 300 ragazze di una scuola cattolica ha provocato un forte clamore a livello internazionale. Infatti già all’inizio di novembre il presidente americano, Donald Trump, aveva minacciato un intervento militare nel caso in cui Abuja non avesse bloccato quello che ha chiamato genocidio dei cristiani nel Paese.
Bande di criminali terroristi
Già dal 2022, l’allora presidente Muhammadu Buhari aveva classificato come terroriste le bande di criminali impegnate nei rapimenti, equiparandole ai miliziani di Boko Haram e ISWAP (Islamic State West Africa Province, gruppo ha giurato fedeltà allo stato islamico e si è separato dai cugini Boko Haram nel 2016).
E proprio il 3 dicembre scorso il Senato nigeriano ha deciso di inasprire le leggi anti-rapimento, decretando la pena di morte per i sequestratori.
Stato di emergenza
I sequestri di persona sono diventati una vera e propria piaga in Nigeria. Tant’è vero che Bola Tinubu, presidente del Paese, il 26 di novembre ha dichiarato lo stato di emergenza su tutto il territorio nazionale. Ha poi dato ordine all’esercito e alla polizia di reclutare migliaia di nuovi effettivi per far fronte alla crescente violenza.

Il 1° di dicembre si è dimesso il ministro della Difesa, Mohammed Badaru Abubakar, ufficialmente per ragioni di salute. Ha lasciato uno dei ministeri più importanti proprio in un momento di grande crisi, dovuta ai continui sequestri.
Il presidente Tinubu lo ha sostituito immediatamente con l’ex capo di Stato maggiore dell’esercito, Christopher Musa. Il consigliere speciale della presidenza, Bayo Onanuga, in un breve comunicato ha specificato che il capo di Stato ha molta fiducia nelle capacità del nuovo ministro ed è convinto che Musa elaborerà nuove strategie per rafforzare la sicurezza nazionale.
Per l’attuale situazione nel Paese Tinubu ha persino rinunciato a partecipare al G20, che si è tenuto recentemente a Johannesburg.
Tinubu sotto pressione
E’ chiaro che il presidente nigeriano è sotto forte pressione, dopo i ripetuti attacchi di Donald Trump e di alcuni esponenti politici repubblicani USA. Gli americani continuano a denunciare la passività delle autorità di Abuja di fronte alle aggressioni che, secondo loro, sono mirate contro i cristiani.
Nel Paese più popoloso del continente la situazione, specie nel nord, è davvero gravissima. Secondo il PAM (Programma Alimentare Mondiale), la recrudescenza degli attacchi dei jihadisti e la crescente instabilità nel settentrione del Paese, potrebbero provocare una crisi di insicurezza alimentare senza precedenti.
Tagli negli aiuti
PAM stima che durante il periodo che precede i raccolti del prossimo anno, 35 milioni di persone potrebbero trovarsi in gravissime difficoltà. La cifra rappresenta il più alto dato di tutto il continente.
Solo nel Borno State, nel nord-est del Paese, 15.000 persone potrebbero essere colpite da “condizioni simili alla carestia”, ha specificato l’organizzazione.
Complici della grave situazione sono anche i consistenti tagli agli aiuti, in particolare a causa dello smantellamento di USAID (Agenzia USA per lo Sviluppo Internazionale), che hanno messo in grave difficoltà i programmi umanitari.
Cornelia Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
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