Trump non demorde: migranti deportati a eSwatini (ex Swaziland)

Dopo il flop della Libia, Washington invia migranti che hanno commesso gravi crimini in Sud Sudan, Paese a alto rischio di una nuova guerra civile e nell'unica monarchia assoluta dell'Africa. Intanto il governo USA in trattative con altri Stati, pronti a accogliere candidati a trasferimenti forzati

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Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
17 luglio 2025

Destinazione eSwatini (ex Swaziland). L’amministrazione Trump ha spedito altri 5 migranti nel piccolo Paese dell’Africa meridionale, governata da Mswati III, l’ultimo monarca assoluto del continente. Qualche anno fa il re è stato accusato di reprimere il dissenso con la violenza.

Mswati III
Mswati III, re di eSwatini

Nel 2021 le forze di sicurezza avrebbero ucciso decine di persone durante manifestazioni a favore della democrazia. In seguito, diversi politici sono stati condannati a lunghi anni di carcere per istigazione alla violenza. Ma secondo i critici tali accuse sarebbero state inventate di sana pianta per mettere a tacere le voci del dissenso.

“Criminali barbari”

La portavoce del dipartimento di Sicurezza nazionale, Tricia McLaughlin, ha precisato che i detenuti portati forzatamente nelle carceri di eSwatini provengono da Vietnam, Giamaica, Cuba e Yemen. Sono stati condannati negli USA per svariati crimini gravi. “Sono individui talmente barbari, che nemmeno i loro Paesi di origine li hanno voluti accogliere”, ha sottolineato la McLaughlin.

USA: deportazione migranti verso Paesi terzi

Le autorità di eSwatini hanno confermato l’arrivo delle persone deportate dagli USA. Una portavoce del governo del regno, Thabile Mdluli, ha spiegato che le deportazioni sono il risultato di lunghe trattative e solidi impegni a altissimi livelli.

Secondo quanto dichiarato dalla portavoce di eSwatini, il regno dell’Africa meridionale intrattiene ottimi rapporti con gli Stati Uniti da oltre 50 anni. Ed è proprio per questo motivo che ogni accordo stipulato tra i due governi mette in primo piano gli interessi di entrambe le nazioni.

Diritti umani

La portavoce ha però ammesso che ci sono dei problemi relativi ai diritti umani nell’accettare persone trasferite forzatamente in un Paese terzo, come eSwatini, che ovviamente non è quello d’origine dei deportati. “Il regno collaborerà con l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) per facilitare il transito dei detenuti nelle rispettive nazioni di appartenenza”.

ICE: preavviso di 6 ore

Secondo una nota del 9 luglio di Todd Lyons, direttore ad interim dell’Agenzia federale USA Immigration and Customs Enforcement generalmente – resa nota dal Washington Post – ICE attende almeno 24 ore per espellere una persona dopo averla informata del suo allontanamento in un cosiddetto “Paese terzo”. Tuttavia, secondo il memorandum, in circostanze eccezionali l’Agenzia federale potrebbe espellere anche con un preavviso di sole sei ore, a condizione che la persona abbia la possibilità di parlare con un avvocato.

La nota precisa poi che i migranti possono essere inviati in nazioni che si sono impegnate a non perseguitarli o torturarli.

6 milioni di dollari a El Salvador

Già a marzo Washington ha inviato oltre 200 venezuelani a El Salvador. Appena arrivati, le loro teste sono state rasate a zero e poi sono stati rinchiusi nel Centro di Confinamento per il Terrorismo (CECOT). In questa prigione di massima sicurezza le condizioni dei detenuti sono state paragonate alla tortura. Secondo alcune fonti, l’amministrazione Trump avrebbe sborsato quasi 6 milioni di dollari al governo salvadoregno per ospitare in quella putrida galera i deportati dall’America.

A maggio Washington avrebbe voluto trasferire altri detenuti anche in Libia, fatto ovviamente negato da funzionari governativi di Tripoli. Un tribunale federale aveva bloccato all’ultimo momento tale l’espulsione. Ma gli avvocati degli immigrati coinvolti hanno dichiarato ai media statunitensi che un aereo, già pronto in pista all’aeroporto per il decollo, era stato fermato all’ultimo momento proprio grazie all’ordine della Corte.

Il 5 luglio scorso, dopo varie peripezie, sono atterrati in Sud Sudan altri 8 deportati, condannati per reati gravi negli Stati Uniti. Solo uno tra loro è sud sudanese, due sono originari dal Myanmar, due da Cuba, mentre uno dal Vietnam, un altro da Laos e l’ultimo dal Messico.

Sud Sudan Paese a rischio

L’arrivo dei condannati al trasferimento forzato è stato confermato dal dipartimento della Sicurezza interna di Washington e dal ministero degli Esteri di Juba. Gli otto sono rimasti per alcune settimana alla base militare statunitense di Gibuti, dopo che un giudice americano aveva sospeso questa forma di espulsione, in quanto ai migranti non era stata data una “opportunità significativa” di contestarla.

Salva Kiir, presidente del Sud Sudan, a destra e Riek Machar, leader dell’opposizione e primo vice-presidente

La Corte suprema USA ha poi convalidato l’espulsione dei detenuti verso il Sud Sudan, uno tra i Paesi più poveri al mondo.

Il più giovane Stato della Terra ha avuto l’indipendenza dal Sudan solamente nel 2011 e da allora ha conosciuto pochi anni di pace. E, a tutt’oggi, la situazione del Paese resta instabile.

Durante la guerra civile (2013 – 2018) sono morte oltre 400mila persone e dallo scorso gennaio le tensioni tra il presidente Salva Kiir e il vicepresidente Riek Machar, agli arresti domiciliari, sono alle stelle. Secondo le Nazioni Unite, tra gennaio e aprile sono state uccise almeno 900 persone. L’ONU teme che da un momento all’altro possa riesplodere un conflitto interno su larga scala. E il dipartimento di Stato USA sconsiglia ai propri cittadini viaggi nel Paese africano a causa di “crimini, rapimenti e conflitti armati”.

Finora non sono stati resi noti dettagli su un accordo tra il Sud Sudan e gli USA circa la deportazione degli 8 detenuti. Va ricordato però che all’inizio dell’anno, Marco Rubio, segretario di Stato di Washington, ha revocato tutti i visti per i titolari di passaporti sud sudanesi, per il rifiuto del Paese di accettare i propri cittadini espulsi.

Altre trattative in corso 

Il diritto internazionale vieta il trasferimento di migranti irregolari verso nazioni in cui rischiano la tortura o l’esecuzione. Intanto Washington sta lavorando per espandere le deportazioni verso altri Paesi terzi.

Cornelia Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
X: @cotoelgyes
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