Speciale per Africa ExPress
Fabrizio Cassinelli
13 giugno 2025
La Global march to Gaza non inizierà neppure. Il governo egiziano, dopo fortissime pressioni, e dopo un primo comunicato di apertura ieri, oggi ha preso la sua decisione. Eppure i manifestanti hanno vinto ugualmente. L’iniziativa, infatti, proprio per la paralisi subita, è finita sulle prime pagine e sui TG di tutto il mondo e si appresta a restare un esempio di azione popolare, dal basso, ingovernabile se non con una repressione che abolisce le libertà più elementari, come il diritto alla libera circolazione.
Deve essere chiaro però che non è certo stato l’Egitto a non volerla così ostinatamente. “Se dipendesse dal popolo, sfonderebbe il valico con Gaza e si riverserebbe in massa nella Striscia”, dice un commerciante egiziano in Italia da molti anni”.
Imbarazzo dei governi
“A spingere per il blocco – gli fa eco un provider turistico specializzato nell’area – sono stati ancora una volta gli attori internazionali di sempre, sostenuti dai governi dei 54 Stati che hanno aderito alla marcia, imbarazzati da un’iniziativa che li ha tutti spiazzati”.
La Farnesina ad esempio è stata netta nel boicottaggio, prima diffondendo la notizia che l’Egitto avesse negato i permessi (poco dopo è uscito un comunicato contrario del ministero degli Esteri egiziano), poi sottolineando come i cittadini italiani che si fossero recati nel Sinai non avrebbero avuto alcuna “assistenza consolare”. Un avvertimento che il Movimento 5 Stelle, in Parlamento ha definito “vergognoso”.
Quindi in Egitto sono scattati fermi temporanei, qualche arresto, rimpatri forzati di “turisti” imbarcati in fretta su pullman e aerei, come ha riferito Antonietta Chiodo, uno dei referenti italiani della Marcia. Ma non solo. Sono stati improvvisamente chiusi profili sui social italiani, annullati voli, perfino cancellate prenotazioni alberghiere. “Oltre 7.000 persone da ogni parte del mondo stanno cercando di raggiungere il valico di Rafah, al confine con la Striscia di Gaza – ha scritto Assopace Palestina -. È un atto collettivo di coraggio e giustizia. Eppure, chi prova a portare aiuti o semplicemente solidarietà viene trattato come un nemico”.
ONU: fermare la guerra
E proprio giovedì l’Assemblea Generale dell’Onu ha approvato una risoluzione in cui ha chiesto “tutte le misure” necessarie per far pressione su Israele per la fine del blocco umanitario ai valichi.
Alla fine, visti gli interventi di europarlamentari, esponenti politici internazionali, associazioni per i diritti umani, ma soprattutto visto che lo stop stava fruttando alla marcia più visibilità di quella che avrebbe avuto la marcia stessa, c’è stato un “ammorbidimento”. E nella notte tra giovedì e venerdì almeno un migliaio di attivisti di tutto il mondo hanno comunque dormito al Cairo e dintorni senza particolari problemi. Forse non partiranno, ma sono già eroi dei diritti umani.
Carovana africana Sumud
In arrivo via terra però, da Ovest, c’è anche la Carovana Sumud, la risposta africana alla Global March to Gaza. Partita da Tunisi, è composta da circa 2mila partecipanti, tra cui medici, attivisti, avvocati e cittadini comuni, a bordo di circa 300 veicoli, tra cui autobus e automobili private.
La Carovana ha attraversato Sousse, Sfax, Gabes, Medenine e Ben Guerdane, per poi entrare in Libia attraverso il valico di Ras Ajdir. In Libia, è stata accolta calorosamente dalla popolazione locale. Ora tutti si chiedono se verrà fatta transitare in Egitto.
Gli egiziani però non ci stanno a farsi gettare addosso la croce di quelli che ostacolano delle iniziative di pace per Gaza. “Non scherziamo – dice un alto ufficiale – Voi avete permesso che morissero 60mila persone e adesso vi svegliate e i cattivi siamo noi che non vi facciamo marciare? Ma il problema è marciare o far interrompere i bombardamenti sui civili innocenti – aggiunge –. E questo potere chi ce l’ha, il nostro governo, cui è stata impedita pochi giorni fa una visita a Ramallah, o i vostri?”.
Fabrizio Cassinelli
cassinelli.fabrizio@gmail.com
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