Speciale per Africa ExPress
Fabrizio Cassinelli*
9 maggio 2025
Il 9 maggio è la Giornata mondiale dell’Europa, il 75mo anniversario della dichiarazione Schuman che ne ha posto le basi. Una ricorrenza in cui a rumoreggiare saranno le proteste verso le politiche interne ed estere dell’Unione, con il Vecchio Mondo in colpevole silenzio di fronte al dramma in diretta social della pulizia etica in Palestina.
Questo immobilismo, condannato da più parti, soprattutto dal mondo del cosiddetto Terzo settore, lasciato solo a gestire aiuti e politiche umanitarie, ha creato un solco profondo tra le ONG e l’istituzione europea. Tanto che proprio il movimentismo, in autonomia, ha dato vita in questi giorni a una ‘Marcia su Gaza’.
Il 28 e 29 aprile scorsi, l’eurodeputata dei Verdi, Benedetta Scuderi, insieme ai colleghi del gruppo Greens/EFA Jaume Asens, Ana Miranda e Mounir Satouri hanno organizzato al Parlamento Europeo di Bruxelles due giorni di dibattiti dal titolo “Should we call it Genocide?”, con il supporto della Bertrand Russell Peace Foundation. Come promuovere il diritto e la responsabilità internazionali, e come chiamare un dramma epocale di cui la storia ci chiederà prima o poi conto?
“Questa iniziativa – hanno dichiarato gli organizzatori – è arrivata in un momento in cui le istituzioni europee e la maggior parte degli Stati membri stentano a riconoscere la gravità della situazione”.
Ospite Francesca Albanese
Tra gli ospiti la relatrice speciale delle Nazioni Unite, Francesca Albanese, l’avvocato e direttore legale di front-LEX, Omer Shatz, il direttore del Centro palestinese per i diritti umani, Raji Sourani, l’operatrice umanitaria Imane Maarifi, lo storico ed esperto di studi sull’Olocausto e sul genocidio Raz Segal, Ilan Pappé e altri.
Perché l’evento – al di là del titolo, un po’ criticato per via della sua ovvietà – ha riunito avvocati, accademici, giornalisti, attivisti e testimoni ProPal provenienti da diverse parti del mondo, e specialmente da Francia, Italia e Spagna?
“C’era bisogno di un ordine del tribunale, e ora che abbiamo il procuratore della Corte Penale Internazionale che ha emesso un mandato contro due leader israeliani, ci sono paesi che si stanno impegnando in ogni sorta di acrobazie concettuali per annullare la forza di questo passo avanti – ha detto in video collegamento Francesca Albanese -. Ma c’è anche il parere consultivo della Corte Internazionale di Giustizia (CIJ), che non può essere ignorato”.
Silenzio europeo
Nella conferenza stampa finale anche l’eurodeputata Benedetta Scuderi ha puntato il dito contro il parlamento europeo per non aver adottato “alcuna risoluzione su questo tema”. “Il silenzio del Parlamento europeo è un silenzio politico – ha affermato – Ci stiamo rendendo compici di un genocidio”.
E feroci critiche sono prevedibilmente arrivate anche da altri rappresentanti invitati, in un clima di diffidenza generatosi negli anni verso l’Europarlamento. Eppure questa due giorni ha portato anche un dono: L’aver riunito così tanti protagonisti dell’attivismo per i diritti umani, anch’essi, in qualche modo, dispersi e che procedevano da tempo in ordine sparso.
Lo spiega bene Maria Elena Delia, della Fondazione Arrigoni, tra gli inviati italiani: “Aver riunito attivisti e associazioni proprio a Bruxelles, nel cuore di quella UE che dopo 19 mesi di sterminio a Gaza non è riuscita a produrre nemmeno una risoluzione e che proprio pochi giorni fa ha perfino votato contro la richiesta di aprire un dibattito su quanto sta accadendo nella Striscia, è stata sicuramente una scelta importante. Sarà stato però tutto inutile se non si riuscirà a dare un seguito, a creare e a mantenere una rete che finalmente possa ridurre le distanze tra politica e società civile.”
A conferma dell’importante sussidiarietà del Terzo settore rispetto al vuoto della politica, è la notizia, uscita in contemporanea all’incontro, dell’organizzazione di una “Marcia su Gaza’”. “L’iniziativa ha preso forma in Francia e si sta diffondendo in diversi Paesi, tra cui l‘Italia – spiega Delia – La “March to Gaza”, cui da mesi in tanti stavamo pensando, si è finalmente trasformata in realtà. Si tratta di un movimento di popolo per arrivare pacificamente a Rafah, partendo dal Cairo, e fare pressione affinché gli aiuti umanitari che Israele impedisce di far arrivare alla popolazione di Gaza possano finalmente entrare. È anche una marcia simbolica, che porta un messaggio potente: se i governi intendono essere complici di Israele, la società civile non li seguirà”.
Fabrizio Cassinelli
cassinelli.fabrizio@gmail.com
*Fabrizio Cassinelli, giornalista dell’agenzia Ansa, saggista, presidente dei Cronisti Lombardi.
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