Speciale per Africa Express
Alessandra Fava
22 gennaio 2025
A Gaza c’è una tregua temporanea. Ma intanto lo Stato di Israele attacca il Nord della Cisgiordania con bombardamenti e svuota il campo profughi di Jenin creato nel 1948.
Parla di “cessate il fuoco temporaneo” il premier israeliano Benjamin Netanyahu e non fa presagire niente di buono, specie dopo che Elise Stefanik, nominata da Trump stesso ambasciatrice Onu per gli USA, ieri davanti alla Commissione esteri del Senato statunitense, ha detto che rimane dell’idea che Israele abbia “ha un diritto biblico sulla Cisgiordania”.
https://youtu.be/m3taciX7E2Y
In Israele infuriano le polemiche sulla tregua. I sostenitori dell’estrema destra sono convinti che il governo stia rilasciando palestinesi che diventeranno domani dei terroristi e cercheranno di combattere Israele.
Sostegno elettorale
Di un vero e proprio accordo di pace di fatto non ne parla nessuno. Netanyahu è interessato in primis a mantenere il sostegno dei suoi elettori in vista delle prossime elezioni, ma sicuramente suonano solo come una minaccia le parole che ha detto ieri a Sky News, a proposito della conversazione tra lui e il presidente Donald Trump:
“Abbiamo parlato mercoledì, si è congratulato per l’accordo e ha sottolineato che la prima fase è un cessate il fuoco temporaneo. Verso le prossime fasi dell’accordo stiamo considerando aspetti importanti, e per riportare a casa tutti gli ostaggi e raggiungere tutti gli obiettivi della guerra, sia il presidente Trump che il presidente Biden hanno fornito pieno sostegno al diritto di Israele di riprendere il cambattimento, se Israele arriva alla conclusione che i negoziati della seconda fase sono inutili. Davvero apprezzo la decisione di Trump di togliere tutte le restrizioni alla fornitura di munizioni e servizi essenziali allo Stato di Israele. Se dovessimo riprendere la guerra, lo faremo con nuovi modi e con una forza tremenda”.
Impegno bellico
Il rinnovo dell’accordo USA-Israele quindi è un nuovo impegno bellico e il presidente Trump ha tolto anche eventuali sanzioni o limitazioni nei viaggi contro i coloni accusati di aggredire i palestinesi nella West Bank.
Quindi quelle del premier non sembrano le parole su un accordo stabile e neppure su una pace duratura. La tregua durerà probabilmente quel che basta per liberare tutti o parte degli ostaggi israeliani catturati da Hamas il 7 ottobre 2023.
Sempre peggio
Intanto in Cisgiordania la situazione è sempre peggiore. I Territori Occupati, da decenni hanno una circolazione limitata da check point fissi e mobili che venivano rafforzati a seconda dei casi.
Assopace Palestina in un comunicato sostiene che ci sono ora 898 blocchi nei Territori Occupati, di cui 173 sono cancelli di ferro installati dopo il 7 ottobre.
Check point chiusi
Inoltre da ieri sono stati chiusi i check point dei centri principali, e quindi sono tagliate fuori Ramallah, Hebron, Qalqilya, Betlemme e Salfit.

Si continua a morire e combattere a Jenin, nel nord della Cisgiordania, la città ribelle per eccellenza, dove per reazioni alla stasi dell’Autorità palestinese, Hamas rischierebbe di vincere le elezioni (se si tenessero le elezioni).
Nelle ultime ore solo a Jenin sono morti 10 palestinesi, per cui il conto dei morti solo qui e da inizio d’anno sale a 22. Per le strade si spara. I carri armati hanno distrutto molte strade di accesso alla città.
E stanno anche svuotando il campo profughi di Jenin, creato nel 1948 da famiglie che hanno lasciato le aree della costa occupate da Israele. Questa volta però, insieme all’esercito israeliano, prendono parte alle azioni di guerra anche le forze di polizia dell’Autorità palestinese.
Fatah screditato
Il partito di Fatah, ormai screditato agli occhi di tanti palestinesi e dato nei sondaggi ormai perdente anche nella West Bank, cerca di ridurre la forza di Hamas, pur sapendo che almeno per governare Gaza dovrà fare i conti anche con questa forza politica.
Nelle ultime ore sono state bombardate e distrutte completamente anche abitazioni nel distretto di Jenin e molti abitanti parlano di “gazificazione” per indicare una distruzione di aree abitate come avvenuto a Gaza nell’ultimo anno e mezzo.

Le Nazioni Unite parlano di 2 mila rifugiati sempre a Jenin, vale a dire gente a cui hanno distrutto la casa. Hamas denuncia anche un assalto all’ospedale di Al-Razi a Jenin dove l’esercito israeliano avrebbe catturato combattenti feriti.
Attacchi dei coloni
Mentre a Gaza infuriava la guerra ufficiale, nel 2024, OCHA (l’agenzia dell’ONU che si occupa delle violazioni dei diritti umani) ha documentato mille vittime nei Territori Occupati, 1.432 attacchi dei coloni israeliani, di cui 204 incidenti con molotov e materiale incendiario con cui hanno bruciato abitazioni, strumenti agricoli.
L’associazione pacifista e contro l’occupazione Peace Now ha contato 56 nuovi insediamenti illegali nel 2024, di cui 8 in area B (accordo di Oslo). Il furto di terra parte da una piccola casa prefabbricata deim difesa dall’esercito. Qui il report completo:
https://peacenow.org.il/en/at-least-seven-outposts-established-in-palestinian-controlled-area-bUn outpost a est di Tekoa in zona B, foto Peace Now.
Ma Israele non vuole occhi indiscreti o imparziali su quanto accade. Infatti sono stati revocati “temporaneamente” i permessi ad entrare in Cisgiordania per tutti i giornalisti del canale televisivo Al Jazeera, ma a farlo – anche qui – è stata l’Autorità palestinese con sede a Ramallah.
No ai giornalisti
La motivazione è che i giornalisti dell’emittente producevano “materiale e notizie che ingannavano e fomentavano litigi”.
Dietro questa decisione ci sarebbe il partito di Al Fatah che ha bloccato l’attività della tv a Jenin, Tubah e nella West Bank in generale per impedire di documentare la lotta tra la fazione politica ora in minoranza legata all’Autorità palestinese di Mahmud Abbas e le nuove leve che fanno riferimento ad Hamas.
La rete tv qatariota ha risposto con un comunicato che il divieto impedisce la copertura dell’escalation militare nella West Bank. D’altra parte Israele aveva già fatto chiudere l’ufficio di Ramallah.
https://network.aljazeera.net/en/press-releases/al-jazeera-deplores-palestinian-authority%E2%80%99s-decision-close-its-office-west-bank-and
Naturalmente anche a Gaza i giornalisti internazionali non hanno il permesso di entrare.
Giustificazione ufficiale
La giustificazione ufficiale è che l’entrata della stampa non fa parte dell’accordo tra le parti. Ma è evidente uno, che l’esercito israeliano non vuole che si scoprano i crimini (sono disperse almeno 7 mila persone) e due, Hamas non vuole che si indaghi su quanto resta della rete di tunnel e della struttura militare in generale.
Ma c’è un effetto quasi distopico nel vedere le foto dei poliziotti che dirigono il traffico tra le rovine, coordinati da Hamas che è sempre al governo ufficiale della Striscia.
Procedura dei visti
Che si vogliano eliminare tutti i testimoni risulta anche dal fatto che gli operatori di 200 ONG italiane non hanno ricevuto il rinnovo del visto per lavorare a Gaza, Cisgiordania e Gerusalemme est.
Anzi la procedura dei visti per i cooperanti prima della durata di un anno rinnovabile per quattro, sarà in futuro sottoposta a un dipartimento fatto da Ministero della diaspora, con rappresentanti di ministri della difesa, esteri, polizia e servizi segreti (articolo di Chiara Cruciati su Il manifesto 21 gennaio 2025).
Alessandra Fava
alessandrafava2015@libero.it
©️ RIPRODUZIONE RISERVATA
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