Fallito golpe in Congo-K: tribunale militare sentenzia la pena di morte per 37 persone, 6 sono stranieri

Ricorreranno in appello i condannati all'esecuzione, tra loro 3 cittadini statunitensi, un belga, un inglese e un canadese

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Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
20 settembre 2024

Sabato scorso un tribunale militare della Repubblica Democratica del Congo ha condannato 37 persone alla pena capitale. Su 51 imputati solo 14 sono stati assolti, mentre gli altri sono stati ritenuti colpevoli di aver partecipato a un tentativo di colpo di Stato a Kinshasa lo scorso 19 maggio.

Congo-K: aula del tribunale militare di Kinshasa durante il processo contro i partecipanti al fallito golpe

Gran parte dei condannati a morte sono congolesi, ma tra loro ci sono anche tre cittadini statunitensi, un canadese, un inglese e un belga. Il verdetto è stato letto dal maggiore Freddy Ehuma, trasmesso in diretta TV: “La Corte emette la più severa delle sentenze: pena di morte per associazione a delinquere,  pena di morte per attentato,  pena di morte per terrorismo”.

La pena capitale, abolita de facto nel 2003 in Congo-K, è stata ripristinata a marzo di quest’anno e finora sono state emesse 130 condanne alla pena di morte, ma nessuna è stata eseguita fino ad oggi. Secondo Espoir Masamanki Iziri, dell’Università di Kinshasa, tale verdetto è una risposta al deterioramento della situazione  nell’est della RDC, sconvolto da un conflitto con i ribelli del Movimento M23, supportati da uomini e attrezzature dall’esercito ruandese, come è stato dimostrato in diversi rapporti delle Nazioni Unite. Il gruppo armato prende il nome da un accordo firmato dal governo del Congo-K e da un’ex milizia filo-tutsi il 23 marzo 2009.

Tra i tre condannati statunitensi (tutti nati negli USA) c’è anche il figlio di Christian Malanga, ideatore del fallito golpe di maggio e ucciso quando ha tentato di entrare nel Palais de la Nation, Kinshasa. Il 21enne Marcel ha sostenuto di essere stato costretto dal proprio genitore a partecipare all’impresa. Tale versione è stata sostenuta anche da Brittney Sawye, madre del giovane, ma non così secondo diverse testimonianze. Anzi, il tribunale ha sostenuto che sarebbe proprio stato lui a convincere gli altri due americani a unirsi a loro.

Marcel Malanga, cittadino USA, qui con il padre Christian, ucciso durante il fallito colpo di Stato a Kinshasa nel maggio 2024

L’amicizia tra Tyler Thomson Jr – un altro dei tre statunitensi condannati – e Marcel risale ai tempi del liceo. Erano anche membri della stessa squadra di football di Salt Lake City, Utah. Mentre la famiglia di Tyler era convinta che il proprio congiunto fosse in vacanza in RDC, lo hanno ritrovato sul banco degli accusati in uno dei processi più mediatici del Congo-K.

Subito dopo la lettura del verdetto, la famiglia ha dichiarato ai media americani: “Continuiamo a credere nell’innocenza di Tyler e perseguiremo tutte le possibili vie d’appello”.

Molti altri ragazzi, compagni della squadra sportiva, hanno dichiarato di essere stati contattati da Marcel Malanga, invitandoli a trascorrere una vacanza in famiglia in RDC,  di costruire pozzi d’acqua nell’ambito del servizio civile. Altri ancora erano quasi tentati di recarsi nella ex colonia belga perché gli era stato offerto un lavoro nel settore “sicurezza”, per una ricompensa di 100.000 dollari.

Mentre il terzo americano, il 36enne, Benjamin Zalman-Polun, era partner in affari di Christian Malanga.

Il portavoce del dipartimento di Stato americano, Matthew Miller, ha dichiarato che l’ambasciata statunitense in RDC “continuerà a monitorare la situazione” e qualsiasi appello.

Jean-Jacques Wondo, esperto militare e in possesso della nazionalità belga, si era recato a Kinshasa a febbraio, dietro invito dell’allora capo di Agence National de Renseignements (ANR, servizi congolesi), il medico-colonnello Daniel Lusadisu Kiambi, dunque ben conosciuto dalle autorità del Paese.

Jen-Jaques Wondo, cittadino belga, durante il processo a Kinshasa

Wondo si è diplomato all’ École Royale Militaire di Bruxelles, poi ha conseguito un master in criminologia presso l’Università di Liegi e ha in tasca anche un diploma post-laurea in scienze politiche presso la Libera Università di Bruxelles. E’ inoltre autore di numerosi libri e articoli sull’esercito congolese,

Lusadisu Kiambi, un medico che ha lavorato a lungo in un ospedale di Bruxelles, gli aveva chiesto di aiutarlo a riformare l’ANR, revisione richiesta del presidente Felix Tshisekedi.

Il Belgio non si rassegna alla pena inflitta al proprio connazionale, che la Corte militare ha ritenuto essere ideatore e autore intellettuale del mancato putsch.

Il ministero degli Esteri di Bruxelles non è intervenuto nel contesto per rispetto della separazione dei poteri e della sovranità di ciascuno Stato. Ma domenica scorsa, la ministra Hadja Lahbib, ha chiamato la sua omologa congolese, Thérèse Kayikwamba Wagner, per informarla di quanto sia preoccupato il suo governo per il verdetto emesso dal tribunale militare, sottolineando che il Belgio è assolutamente contrario alla pena di morte. Inoltre, durante il processo sarebbero state fornite poche prove di colpevolezza nei confronti del proprio connazionale. Una critica in modo nemmeno troppo velato al sistema giudiziario di Kinshasa per non aver rispettato il diritto alla difesa. Lunedì scorso il ministero ha poi convocato l’ambasciatore di Kinshasa accreditato a Bruxelles per protestare contro la condanna capitale del proprio connazionale.

Dall’arresto di Jean-Jacques Wondo sono già stati lanciati numerosi appelli dalla sua famiglia al Presidente congolese Félix Tshisekedi.

Sul cittadino inglese, un congolese naturalizzato, non sono disponibili informazioni ufficiali. Un portavoce dell’Ufficio degli Esteri, il Commonwealth e lo Sviluppo del Regno Unito ha dichiarato: “Stiamo fornendo assistenza consolare a un britannico detenuto nella RDC, siamo in contatto con le autorità locali e abbiamo presentato le nostre rimostranze sull’uso della pena di morte e continueremo a farlo”.

Anche del cittadino canadese, un congolese di nascita, non si conoscono dettagli. Global Affairs Canada (agenzia di Ottawa che gestisce le relazioni diplomatiche e consolari) ha fatto sapere via email a CBC News di essere a conoscenza  che un loro connazionale è stato condannato a morte nella Repubblica Democratica del Congo. I funzionari canadesi starebbero fornendo assistenza consolare.

In un comunicato stampa di sabato 14 settembre, l’organizzazione per i diritti umani La Voix des sans voix  ha esortato le autorità a commutare in ergastolo la pena di morte, ritenuta disumana.

Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
X: @cotoelgyes
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