Israele espelle 12 contadini del Malawi accusati di aver abbandonato il lavoro: “Eravamo sottopagati”

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Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
10 maggio 2024

Lo scorso novembre il governo del Malawi ha inviato i primi 221 lavoratori in Israele, che è a corto di mano d’opera nelle aziende agricole. L’accordo di cooperazione era stato negoziato tra i due Paesi. Dopo l’inizio del conflitto con Hamas, il permesso di soggiorno è stato revocato a tutti i palestinesi. E una settimana fa il governo di Benjamin Netanyhau ha espulso 12 malawiani nel loro Paese di origine: sono stati accusati di non aver rispettato le clausole del contratto di lavoro e di aver lasciato la loro occupazione nei campi.

Malawiani in un’azienda agricola in Israele

I 12 provenienti dal Malawi, sono stati arrestati insieme a un’altra trentina di lavoratori stranieri. Le forze dell’ordine li hanno pizzicati a Tel Aviv mentre operavano in un panificio: non erano soddisfatti delle condizioni di lavoro nel settore agricolo. Un giovane ha raccontato ai reporter della BBC che alcuni suoi concittadini impiegati nella coltivazione sono sottopagati.

I proprietari delle grandi fattorie spesso non versano ai dipendenti il salario minimo, che in Israele corrisponde a 32 shekels (6,82 dollari) all’ora. “Molti di noi ricevono solamente da 18 a 20 shekels (4,82 – 5,32 dollari), eppure gran parte dei lavoratori ha firmato un contratto che prevede il versamento di 1.500 dollari mensili”, ha precisato il giovane.

Il governo di Lilongwe ha confermato il rimpatrio dei propri connazionali. Il Ministro dell’Informazione e della Digitalizzazione del Malawi, Moses Kunkuyu, ha puntualizzato che secondo l’ambasciata del Malawi a Tel Aviv i lavoratori avevano visti e contratti validi per lavorare in specifiche fattorie del settore agricolo israeliano.”Tuttavia, poiché non sono state rispettate alcune clausole stabilite dagli accordi, hanno abbandonato il loro impiego e si sono trasferiti in una panetteria”.

E Michael Lotem, ambasciatore israeliano in Malawi ha sottolineato il perché del pugno di ferro: “Chiunque viola i termini del visto sarà espulso”.

La rappresentanza diplomatica del Malawi in Israele è stata inaugurata il 18 aprile scorso a Tel Aviv in presenza del ministro degli Esteri del governo di Lilongwe, Nancy Tembo, del suo omologo dello Stato ebraico, Israel Katz, e del ministro degli Interni Moshe Arbel.

Durante la breve cerimonia è stato siglato anche un Memorandum of Understanding circa l’impiego temporaneo di 3.000 lavoratori malawiani nel settore agricolo in Israele.

Tel Aviv: Cerimonia d’apertura Ambasciata Malawi aprile 2024. A sinistra, ministro degli Esteri israeliano, Israel Katz e Nancy Tembo, a capo della diplomazia di Lilongwe

Durante la sua permanenza nel Paese mediorientale, la signora Tembo ha incontrato anche alcuni familiari di ostaggi ancora nelle mani di Hamas e ha promesso il sostegno del proprio Paese per il loro rilascio.

Alla fine dello scorso anno Israele ha versato un contributo di 60 milioni di dollari al Malawi per sostenere la ripresa economica del Paese. Altri 57,6 milioni di dollari sono stati concessi dalla Banca mondiale a fine aprile per far fronte all’attuale crisi alimentare che il Paese sta attraversando a causa delle condizioni di El Niño nella regione dell’Africa meridionale .

Il Malawi è il Paese più densamente popolato  di quell’area geografica. Conta venti milioni e mezzo di abitanti e oltre il settanta percento vive nelle zone rurali. Ex colonia britannica, ha ottenuto la piena indipendenza nel 1964, ma resta uno tra i Paesi più poveri dell’Africa. Secondo i dati della Banca Mondiale, con l’aumento dell’insicurezza alimentare, dovuta sia agli alti prezzi dei prodotti sia alla carenza di cibo a causa della prevista diminuzione della produzione agricola, per quest’anno si prevede un peggioramento delle condizioni di vita. La percentuale di persone che vivono al di sotto della soglia di povertà che equivale a 2,15 dollari al giorno, aumenterà leggermente. Nel 2024 raggiungerà il 72 per cento della popolazione.

L’aspettativa di vita è ancor bassa e si attesta a poco più di 65 anni e la principale causa di morte è l’infezione da HIV/AIDS.

Le ricchezze del Paese sono in mano a un’élite ristretta e la corruzione della classe politica è proverbiale. Il presidente Lazarus Chakwera, eletto dalle fila dell’opposizione, cerca di combattere con ogni mezzo disonestà e immoralità.

Solo poco più dell’12 per cento della popolazione del Paese è collegata a una linea di corrente elettrica (il 45 per cento nelle città e nelle aeree rurali solamente il 5 per cento), dunque in molti luoghi con il calar del sole cessano tutte le attività.

Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
X: @cotoelgyes

©RIPRODUZIONE RISERVATA

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