Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
9 aprile 2022
L’ondata di xenofobia che si sta scatenando in Sudafrica si è trasformata in tragedia. Un uomo di 43 anni, originario dello Zimbabwe mercoledì notte è stato brutalmente picchiato, lapidato a morte e poi il suo cadavere è stato bruciato dalla folla inferocita a Diepsloot, a nord di Johannesburg.
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In molti sono scesi in piazza questa settimana per protestare contro la criminalità crescente nel sobborgo della metropoli, accusando la polizia di inerzia. Alcuni residenti hanno incolpato i zimbabwiani di essere i maggiori responsabili di molti atti criminali, in quanto sprovvisti di documenti. “Non possono essere rintracciati, non hanno una carta d’identità e le loro impronte digitali non sono registrati nei database. Siamo arrabbiati, ci sentiamo abbandonati dalle forze dell’ordine. Gli autori di questi crimini non vengono arrestati e perseguiti penalmente”.
Inseguito alle proteste dei cittadini, il ministro della Polizia, Bheki Cele, si è recato a Diepsloot, promettendo ai residenti il dislocamento di altri agenti, nonché di una squadra di investigatori per risolvere i casi ancora pendenti. Dopo le dichiarazioni del ministro, la folla è stata dispersa dagli agenti con granate stordenti e pallottole di gomma.
Nella tarda serata di mercoledì, molti residenti, i più arrabbiati, sono scesi nuovamente nelle strade, perché non convinti delle promesse del governo. Hanno iniziato a bussare alle porte di case di presunti migranti illegali, chiedendo i documenti agli inquilini.
La folla inferocita è arrivata all’abitazione di Elvis Nyathi, cittadino dello Zimbabwe, lo ha trascinato in strada e lo ha ammazzato solo perché straniero, bruciando infine anche il suo cadavere. La sua vedova è stata risparmiata, perché ha mostrato subito il passaporto
“Mio fratello era un bravuomo, non un criminale, viveva per la famiglia. Aveva 4 figli. Lo hanno ammazzato senza alcuna ragione. Non ci sentiamo più sicuri in questo posto. Cosa sarà di noi”, ha detto Godknows, congiunto di Nyathi.
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Non tutti gli sudafricani residenti nel quartiere condividono i sentimenti di afrofobia, anzi tanti sono convinti che gli stranieri non siano i responsabili della criminalità crescente a Diepsloot. “E’ davvero pericoloso per tutti vivere qui. Arrivano di notte, bussano alle porte, chiedono soldi, cellulari e quant’altro. Si tratta di malviventi, ladri, criminali. La gente accusa i forestieri, i clandestini, ma non sono loro”, ha sostenuto un abitante della zona.
Dopo il terribile crimine commesso l’altra notte, Fannie Masemola, commissario generale della polizia sudafricana, si è difesa dalle accuse che la situazione sarebbe fuori controllo, dichiarando: “Molti dei nostri agenti sono sul campo e abbiamo già arrestato 24 migranti illegali”.
Il sentimento xenofobo dei sudafricani è in costante crescita, alimentato dall’alto tasso di disoccupazione che ha raggiunto il 35 per cento e tra i giovani ha toccato addirittura il 66 per cento.
I disordini volti a colpire i lavoratori di altri Paesi africani presenti in Sudafrica, sono ricominciati a metà gennaio. Anche a fine febbraio centinaia di manifestanti si sono radunati a Johannesburg con il nome di “Operation Dudula”, accusando immigrati senza regolare permesso di soggiorno di “rubare” i lavori poco qualificati ai sudafricani, oltre a accusarli di essere responsabili di attività criminali.
Fino a pochi giorni fa le manifestazioni contro gli stranieri si sono svolte in modo pacifico, in quanto gli organizzatori stessi avevano vietato l’uso di armi. Ma anche senza fucili e pallottole si muore. Lo ha dimostrato la sete di vendetta contro un nemico inesistente, una persone che stava cercando di sopravvivere alla miseria come i suoi stessi aguzzini. Gli insegnamenti e l’esempio di Nelson Mandela sembrano dimenticati.
Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes
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