“Cacciate quel negro” e durante Paris Saint Germain-Istanbul i giocatori se ne vanno

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Corrispondente Sportivo
Costantino Muscau
9 dicembre 2020

Sebastian Colescu, chi era costui? Fino a ieri sera era un Carneade rumeno nel mondo arbitrale del calcio internazionale. All’improvviso è diventato famoso, anzi famigerato. A causa di un suo insulto razzista la partita di Lega dei Campioni – girone H, Paris Saint Germain – Istanbul Basaksehir in corso a Parigi al Parco dei Principi è stata sospesa, interrotta. Non per decisione dell’arbitro. No, perché i giocatori, anzitutto quelli turchi hanno protestato e hanno deciso di lasciare il terreno di gioco.

Si sta giocando il 10° minuto del primo tempo. Il risultato è di parità 0-0.

Il quarto uomo, Sebastian Colescu, 43 anni, ingegnere, informa l’arbitro principale, Ovidiu Hategan, rumeno anche lui, che il vice allenatore della squadra turca ha avuto una reazione troppo vivace dopo una decisione non condivisa. Si tratta di Pierre Achille Webo, 38 anni, ex giocatore (anche della nazionale), nato a Bafoussan (Camerun). Colescu dice a Hategan: “Bisogna espellere quel negru”.

Lega dei Campioni – girone H, Paris Saint Germain – Istanbul Basaksehir

Il signor Hategan effettivamente manda via Webo. Scoppia il putiferio non tanto per l’allontanamento dal campo di Webo, quanto perché gli atleti dell’Istanbul urlano puntando il dito contro Colescu: “Quello lì lo ha chiamato negro! Perchè lo hai chiamato negru?”. Tutti i giocatori si riuniscono a bordo campo intorno a Demba Ba, 35 anni, attaccante turco di origini senegalesi, nato nella regione di Parigi.

Dialogo concitato fra gli atleti, l’arbitro, il delegato Uefa (l’organo di governo del calcio europeo). I più animati sono le due star Neymar, 28 anni, brasiliano e Kylian Mbappé, 21 anni, francese con genitori del Camerun e Algeria. Webo conferma: “Siccome protestavo mi ha detto negro”.

Dopo una decina di minuti, i giocatori turchi imboccano la strada verso gli spogliatoi, seguiti dai colleghi parigini, tra gli applausi dello staff delle due squadre. Il presidente del club di Istanbul fa sapere che i suoi uomini non tornano in campo finchè l’ineffabile Colescu resterà al suo posto. La partita viene sospesa. Sui social si scatena il finimondo, fortunatamente contro l’episodio razzista.

Il regolamento Uefa prevede che la compagine che si rifiuta di giocare viene dichiarata sconfitta a tavolino e deve pagare un’ammenda di 232 mila euro. Niente di tutto ciò , comunque, avverrà perchè l’Uefa ha riconosciuto subito la gravità dell’incidente e ha stabilito che la partita riprenda questa sera, a Parigi. Senza quel quarto uomo, l’ingegner Sebastian Colescu, che – si spera – avrà un cartellino rosso a vita.
Uefa ha anche deciso un’inchiesta approfondita sull’accaduto.

La squadra più interessata a finire il match sarebbe dovuta essere quella di casa, la parigina, che si giocava la qualificazione agli ottavi di finali. Eppure, questa volta di fronte a quello che sembra un episodio di razzismo spudorato (come se un giudice commettesse un reato in tribunale!)ha deciso di accettarne le conseguenze. Già a fine novembre il campione del PSG, Kylian Mbappé, aveva denunciato la circolazione di un video insopportabile e delle violenze inammissibili, riprendendo un video terribile del produttore Michel Zecler, pestato dalla polizia in uno studio musicale di Parigi.

Quanto avvenuto ieri sera al Parco dei Principi è un fatto inedito nella storia del calcio internazionale. Segnala che è giunta l’ora di dire basta a ogni forma di razzismo. La decisione presa dai giocatori turchi e francesi ricorda l’impegno degli sportivi statunitensi contro l’intolleranza razziale che ha avuto un motivazione ancor più forte con il movimento “Black Lives Matter”. Innumerevoli i commenti di tanti calciatori e ex calciatori internazionali. Rio Ferdinand, 42 anni, grande difensore inglese ha scritto: “Siamo a un punto inquietante. Non passa una settimana che non avvengano incidenti a sfondo razziale. La decisione dei giocatori di lasciare il campo è un passo nella giusta direzione, ma non ci si deve fermare qui”.

E la Federazione Internazionale delle Associazioni dei giocatori professionisti (FIFPRO): “Il linguaggio discriminatorio o razziale non ha spazio nel nostro gioco. Le due squadre hanno dimostrato che non lo tollerano. Supportiamo con forza la storica solidarietà ai due team in risposta a quello che è apparso un abuso razziale”.

Costantino Muscau
muskost@gmail.com

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