Africa ExPress
Bujumbura, 7 dicembre 2018
Pierre Nkurunziza, presidente del Burundi ha dato il ben servito all’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani. Mercoledì scorso il leader del Paese ha comunicato all’UNHCHR di chiudere i propri uffici a Bujumbura.
Il rappresentante burundese, accreditato presso l’organizzazione dell’ONU a Ginevra, Tabu Rénovat, ha confermato le misure varate dal suo governo, aggiungendo che la sede locale dell’UNHCHR deve cessare la propria attività con la massima urgenza.
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Per motivi di sicurezza, l’organizzazione ha immediatamente assegnato nuovi incarichi in altri Paesi al personale internazionale ancora presente e ha fatto sapere che entro due mesi avrebbe consegnato le chiavi degli uffici.
“La presenza di una sede dell’UNHCHR non è più necessaria. – si è giustificato il governo in una nota verbale che prosegue – L’agenzia ha aperto la sede nel 1995, in piena guerra civile. Ora regna la pace e la situazione dei diritti umani è migliorata parecchio”.
L’ambasciatore Rénovat ha voluto precisare che il suo governo non intende tuttavia interrompere le proprie relazioni con l’organizzazione dell’ONU. Inoltre, sempre secondo il rappresentante del Paese a Ginevra, esisterebbero già meccanismi nazionali di monitoraggio, come CNIDH (acronimo francese per Commission nationale indépendante des droits de l’homme du Burundi).
In realtà le relazioni tra l’UNHCHR e le autorità di Bujumbura sono tesi da tempo. Il governo ha mal digerito i rapporti dettagliati stilati dalla sede locale sulle gravi violazioni dei diritti umani durante la crisi del 2015. Nkurunziza ha sempre classificato queste denunce come “bugie” e dall’ottobre 2016 aveva deciso di interrompere qualsiasi collaborazione con l’agenzia dell’ONU. Da allora il personale degli uffici è stato ridotto al minimo, in attesa di trovare nuovi accordi, per le quali erano già in atto le trattative. Certo, la presenza di osservatori internazionali è scomoda. Il messaggio lanciato dal presidente è stato molto chiaro.
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