Il viaggio di un misterioso container stipato di armi dal Ghana alla base americana di Camp Darby in Toscana

Da Accra a Livorno, via Tangeri in Marocco, e poi il contenuto caricato su camion. La presenza USA nel Paese cominciata nel febbraio con un colpo di Stato organizzato dall’esercito, con il sostegno della CIA e dell’MI6 britannico nel 1966, contro il presidente, Kwame Nkrumah

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Speciale per Africa ExPress
Carlo Tombola*
23 agosto 2025

Un container sbarcato dalla nave Maersk Nuba a Livorno lo scorso 20 luglio, e un po’ casualmente notato sulla banchina dello scalo labronico dove è rimasto per qualche settimana, ci stimola a imbastire un racconto che non ha ambizioni fictional ma semmai può gettare un po’ di luce su alcuni meccanismi del “grande gioco” che ancora è in corso tra i Paesi portatori dei “grandi valori occidentali” e quello africani.

Container esercito statunitense

Diciamo subito che il container ha una sua “personalità”, dal momento che è facilmente riconoscibile come proprietà dell’Esercito degli Stati Uniti. Non sappiamo dove sia stato riempito, ma sicuramente è stato imbarcato sulla nave Ionikos nel porto di Tema, situato nella grande area metropolitana di Accra, capitale del Ghana e principale porta marittima del Paese.

Da Accra a Camp Darby

Sulla Ionikos, una portacontenitori media da 4.200 TEU (acronimo di Twenty-foot Equivalent Unit, unità di misura standard nel trasporto marittimo che indica la capacità di carico di un container da 20 piedi, circa 6 metri, ndr) con bandiera liberiana e gestita da Hapag-Lloyd, il nostro container è arrivato al terminal di Tangeri e reimbarcato sulla Maersk Nuba.

Come si confà a una supply chain al servizio delle forze armate americane, quelli coinvolti sono tutti operatori di primo livello, gli stessi che curano i trasporti da e per la gigantesca base militare americana di Camp Darby, situata tra Pisa e Livorno.

In effetti è inserita nella catena di comando USA che sovraintende alle operazioni nel Mediterraneo e nel Nordafrica.

Come sospettavamo, il nostro container aveva come destinazione finale Camp Darby. Ne abbiamo avuto conferma qualche giorno fa, quando è stato svuotato e il contenuto messo su camion per raggiungere la base USA.

Nel frattempo abbiamo dato uno sguardo dove di solito i nostri media non si spingono. Parliamo del Ghana, Paese nel Golfo di Guinea con 35 milioni di abitanti dall’originale profilo multietnico, multireligioso e plurilinguistico.

Ex Costa d’Oro

Situato in una regione in cui storicamente si sono sovrapposti i regni asante e dagomba, lo stato bono, l’Islam arabo, e quindi in successive ondate armate i colonizzatori portoghesi, fiamminghi, svedesi, danesi, francesi, tedeschi, britannici, che lo ribattezzarono Costa d’Oro, inserito da secoli nella tratta degli schiavi praticata con vantaggio dagli stessi regni tradizionali, ricristianizzato in profondità in senso protestante e pentecostale, il Paese è divenuto indipendente nel 1957.

Il suo primo presidente, Kwame Nkrumah, scelse il nome Ghana in ricordo del titolo regale dell’impero wagadu, uno dei più antichi e potenti imperi africani, simbolo dell’autogoverno precoloniale e della dignità africana.

Leader filosocialista e panafricano, Nkrumah promosse un forte impegno statale nell’economia, nazionalizzò le miniere d’oro e di diamanti in mano al capitale straniero, pose sotto controllo la produzione del cacao – il Ghana è il secondo produttore mondiale dopo la Costa d’Avorio –, promosse gigantesche opere pubbliche come la diga sul lago Volta e il moderno porto di Tema.

Golpe organizzato dalla CIA

Fondò anche il sistema educativo nazionale. Il suo avvicinamento all’Unione Sovietica e alla Cina comunista, i campi di addestramento dei guerriglieri anti-apartheid segnarono la sua fine: nel febbraio 1966 un colpo di Stato organizzato dall’esercito, con il sostegno della CIA e dell’MI6 britannico, lo depose mentre era in visita a Pechino, probabilmente per chiedere quegli aiuti finanziari che Washington gli aveva negato un anno prima.

La giunta militare normalizzò il Paese seguendo le direttive del Fondo Monetario Internazionale (FMI) e della Banca Mondiale (BM), il prezzo del cacao al minimo storico nel 1965 risalì rapidamente, Nkrumah morì in esilio sei anni dopo il golpe.

Il Ghana è uscito solo nel 2000 da un trentennio di colpi di Stato militari con brevi parentesi di democrazia, e inaugurato un periodo di stabilità e alternanza parlamentare che dura tutt’oggi.

Accordi bilaterali

Le giunte militari hanno tuttavia lasciato un’eredità avvelenata, sotto forma di status of forces agreement (SOFA) cioè di accordi bilaterali sulla presenza militare degli Stati Uniti nel Paese, del tipo di quelli che regolano lo stazionamento di truppe USA negli Stati membri Nato.

Se n’è avuta notizia solo in occasione del rinnovo del 2018, ma gli accordi risalgono almeno a venti anni prima, e hanno riguardato tutti i partiti che da allora si sono alternati al governo.

Nel 2018 il dibattito pubblico si infiammò, al punto che l’allora presidente Nana Akufo-Addo spinse il parlamento ad approvare in fretta il SOFA ma dovette escludere pubblicamente la possibilità per gli Stati Uniti di installare una base militare sul territorio ghaniano.

Possesso delle basi

Nel gennaio 2025, con il ritorno alla presidenza del suo eterno rivale John Mahama, il tema è tornato di attualità.

Gli USA non hanno proprie basi permanenti in Ghana, se le avessero le avrebbero inserite nell’inventario delle proprietà federali (l’ultima edizione è in internet col titolo di Base Structure Report – FY 2025), come hanno fatto con le 45 basi che posseggono in Italia o le 62 che hanno in Giappone ecc.

Aeroporto Kotoka (Accra, Ghana)

Però di fatto si sono appropriati “per ragioni logistiche” di una pista dell’aeroporto internazionale di Kotoka (Accra) e di una vasta aerea di parcheggio annessa, in cui hanno libero ed esclusivo accesso – con tanto di privilegi e immunità paragonabili a quelli del personale diplomatico – sia il personale militare USA che i loro contractors privati.

Un fatto che non è sfuggito ai cittadini di un Paese che ha buone ragioni per diffidare della presenza sul proprio territorio di americani armati.

Un container da Accra ha raggiunto la mega base di Camp Darby, in territorio italiano. Che cosa colleghi la base livornese agli interessi americani nell’Africa sub-sahariana, qui da noi in fondo poco importa.

Carlo Tombola*
info@weaponwatch.net

*Carlo Tombola è presidente di Weaponwatch, Osservatorio sulle armi nei porti europei e mediterranei

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