Speciale Per Africa ExPress
Alessandra Fava
11 giugno 2025
“Siamo stati rapiti in acque internazionali”. lo ha ribadito ieri 10 giugno all’aeroporto di Parigi prima del volo per la Svezia, Greta Thumberg l’attivista che era a bordo della barca a vela di 18 metri Madleen della Freedom Flotilla, dirottata dall’esercito israeliano per impedire la consegna di pochi pacchi di aiuti umanitari a Gaza. Madleen, partita dal porto di Catania in Sicilia il primo giugno, si trovava a circa 100 chilometri a nord dell’egiziano Porto Said e 200 chilometri a ovest delle coste israeliane. A bordo c’erano 12 militanti.
L’esercito israeliano li ha circondati il 9 giugno nel pieno della notte con ben cinque corvette da guerra e alcuni elicotteri, ha spruzzato del materiale biancastro dai velivoli che secondo l’equipaggio del piccolo veliero ha messo fuori uso il sistema di comunicazione satellitare della barca.

Anche Francesca Albanese, relatrice ONU per i diritti umani nei Territori palestinesi occupati che era in contatto costante con il battello ha riferito di aver perso allora ogni collegamento.
Dopo aver fatto buttare tutti i loro cellulari in mare, IDF ha trasferito l’equipaggio al porto di Ashdod, sequestrato il natante e cacciato i viaggiatori in carcere. Per 14 ore gli arrestati non hanno potuto contattare nessun avvocato.
Natura politica
La Freedom Flotilla ha rivendicato la natura pacifica della missione, le violazioni del diritto internazionale nell’arresto in acque internazionali e ribadito la necessità di far entrare gli aiuti a Gaza dove è in corso un genocidio e la popolazione è presa per fame e continua a morire sotto i bombardamenti degli israeliani.

Il ministro degli Esteri israeliano, Gideon Sa’ar, ha sostenuto che il solo scopo del viaggio era farsi pubblicità. E quello della Difesa, Israel Katz ha bollato gli attivisti sono antisemiti e simpatizzanti di Hamas. Per questi motivi li ha costretti anche ad assistere alla proiezione di un video di un paio d’ore sulle atrocità commesse da Hamas il 7 ottobre 2023.
Celle separate
Gli attivisti sono stati reclusi in celle separate e di isolamento totale nel carcere di Ramleh.Di fatto sono tutti accusati di aver violato il blocco navale in acque israeliane, mentre sono stati bloccati in acque internazionali, dove Israele non avrebbe alcun potere. Il governo svedese si è rifiutato di occuparsi della Thumberg, dicendo in sostanza che era una questione personale e non internazionale. L’ambasciata francese che ha un gran numero di connazionali a bordo è intervenuta piuttosto tardi su pressioni esercitate del partito France Insumise sul governo Macron.
Chi ha ammesso la responsabilità dei fatti secondo il teorema israeliano poteva essere rimpatriato. Quindi insieme a Greta sono tornati altri tre dell’equipaggio: Sergio Toribio (spagnolo), Baptiste Andrè (francese) e Omar Faiad reporter di al Jazeera (francese).
Manifestazioni in Francia
Gli altri otto si sono rifiutati di firmare e, come dettagliava la sera del 10 giugno il team legale Adalah “otto dei dodici volontari della Madleen sono apparsi davanti al Israeli Detention Review Tribunal del centro di detenzione di Ramleh”. Si tratta di: Suyab Ordu (Turchia); Mark van Rennes (Paesi Bassi); Pascal Maurieras (Francia); Reva Viard (Francia); l’eurodeputata franco-palestinese Rima Hassan (Francia); Thiago Avila (Brasile); Yanis Mhamdi (Francia) e Yasemin Acar (Germania).
La permanenza in Israele degli arrestati ha scatenato diverse manifestazioni nelle ultime ore a Parigi, Marsiglia e Lione con la richiesta di rimuovere il blocco su Gaza e permettere l’entrata degli aiuti.
Israele ha imposto il blocco navale su Gaza dal 2007 con la scusa che dal mare arrivavano armi ad Hamas. Per poi permettere però che arrivassero armi via terra per non parlare dei fondi transitati dalle banche israeliane.
Nel 2008, due navi di Free Gaza Movement avevano raggiunto Gaza rompendo il blocco imposto da Israele. Poi tra il 2008 e il 2016, 5 navi su 31 promosse sempre da Free Gaza Movement erano arrivate sulla Striscia con gli aiuti. Da allora le imbarcazioni che hanno cercato di avvicinarsi sono state fermate in acque internazionali.
Affondata dai droni
Qualche settimana fa una nave della Freedom Flotilla diretta a Gaza è stata affondata da droni israeliani in acque maltesi. Per non parlare della Mavi Marmara dell’ong turca Humanitarian Relief Foundation, che nel 2010 tentando di arrivare a Gaza subì un bombardamento che causò 10 morti e decine di feriti.
Oggi 1 milione e 900 mila gazawi sono in grave penuria alimentare, alla fame almeno per il 93 per cento dei casi, un chilo di zucchero costa 56 dollari. L’Onu segnala che sono vicini alla morte per mancanza di cibo il 25 per cento delle persone a Rafah e il 15 per cento a Khan Yunis e a Gaza City nel Nord della Striscia.
Le percentuali della fame in fase emergenziale riguardano il 45 per cento della popolazione in tutte le aree di Gaza, splittata ormai almeno in due dall’esercito israeliano che sta sgomberando diversi chilometri quadrati nel Nord della Striscia.
Dispersi sotto le macerie
La guerra dal 7 ottobre 2023 a oggi ha causato almeno il decesso di 55 mila gazawi (ma centinaia di corpi sono dispersi sotto le macerie); di 420 soldati israeliani e il ferimento di altri 2.692 (dati OCHA-ONU). Secondo il ministero della Salute di Gaza i feriti sono oltre 126 mila.
Nell’ultimo report su Gaza, OCHA ha inoltre contato 1.100 TIR arrivati al varco di Kerem Shalom tra il 31 maggio e il 2 giugno. Solo 400 sono riusciti ad entrare. Dalla frontiera giordana di Allenby servono autorizzazioni speciali dello Stato israeliano; quindi non passa quasi niente.

Sempre OCHA nell’ultimo report scrive che “il 4 giugno sono stati distribuiti circa 259 mila pasti al giorno preparati da 14 partner in 62 cucine da campo, mentre fino al 31 maggio si riusciva a distribuirne 279 mila al dì. Tutte le panetterie e i centri di distribuzione dell’ONU nella Striscia non stanno lavorando. Quattro forni delle Nazione Unite dopo esser riusciti a operare dal 22 al 24 maggio sono chiusi dal 25, a causa della violenza nelle code e la disperazione della gente causata dalla fame e dalla scarsità di cibo reperibile”.
L’ONU chiede un’inchiesta internazionale sulla morte nelle ultime settimane di centinaia di persone, uccise dall’esercito israeliano, mentre cercavano di prendere cibo nei centri di distribuzione.
Alessandra Fava
alessandrafava2015@libero.it
©️ RIPRODUZIONE RISERVATA
Ultimo aggiornamento il 12 giugno alle 12:13
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