Dal Nostro Inviato Speciale
Massimo A. Alberizzi
Accra, 30 novembre 2017
Il 6° simposio Unione Europea-Unione Africana si è aperto ieri ad Abidjan in Costa d’Avorio con un titolo trionfante, ma anche piuttosto curioso “Investire sui giovani per la crescita”. I ventotto leader europei sono arrivati nell’ex colonia prediletta francese con uno scopo ben preciso: bloccare il flusso migratorio verso l’Europa. Hanno incontrato i potenti del continente nero per studiare una soluzione all’esodo massiccio degli ultimi anni.
Il presidente del parlamento europeo, Antonio Tajani, ha cercato una soluzione che ha chiamato Piano Marshall: “Sono anni che le nostre politiche non sono coordinate e gli investimenti dei singoli Stati non sono coerenti. L’Europa deve diventare il motore per un cambiamento profondo nelle condizioni economiche e sociali in Africa. Se non ci riusciremo l’afflusso dei migranti metterà in crisi i nostri sistemi politici”. Un’analisi impietosa che trova nella dichiarazione finale la sua ricetta: “Investire sui giovani e nelle future generazioni è un prerequisito per costruire un futuro sostenibile nel continente”.
![Vertice UA-UE ad Abidjan, Costa d'Avorio](http://www.africa-express.info/wp-content/uploads/2017/11/602x338_migranti-vertice-su-libia-a-abidjan.jpg)
Principi sacrosanti che non si possono non condividere ma che si scontrano con la cruda realtà di un continente gestito in maggioranza da despoti e tiranni cleptocrati cui importa poco delle loro popolazioni e del loro futuro. E molti dei leader africani trovano una stampella di sostegno proprio in quei Paesi europei e occidentali che a parole chiedono un cambiamento ma che poi in realtà si adeguano alla realpolitik fatta di sfruttamento delle risorse minerarie, petrolio in primis, necessarie a garantire lo sviluppo delle nazioni già ricche.
Non è vero che l’Africa sia una continente povero, ci sono Paesi del continente che potrebbero avere redditi procapite enormi. Peccato che tutto il reddito finisca nelle tasche di poche famiglie e dei loro conti correnti nelle banche dei paradisi fiscali. I giovani scappano da Paesi retti da dittatori incalliti o da signori della guarra in perenne conflitto per il controllo delle risorse. Come si fa a pensare che laggiù si possa “investire sui giovani”.
E’ vero, come dice Antonio Tajani, presidente del Parlamento europeo, che gli investimenti in Africa sono stati scoordinati e incoerenti (bisogna poi capire coerenti con che cosa. Con gli interessi convergenti di dittatori e multinazionali?). Ma qualcuno crede che interventi coordinati e coerenti avrebbero portato a una riduzione dei flussi migratori.
L’”aiutiamoli a casa loro” non funziona finché la loro casa è occupata dai tiranni il cui fine ultimo non è per niente impedire l’esodo delle loro popolazione, ma arricchirsi a dismisura.
Qualcuno potrebbe obbiettare: non è proprio così alcuni governi tentano di arginare gli espatri illegali. Per esempio l’Eritrea le cui guardie di frontiera sparano contro i propri cittadini che tentano di passare la frontiera.
Come facevano i VoPos, i poliziotti della Volkpolizei della Germania occidentale a Berlino durante la guerra fredda. Allora tutti si indignavano, forse anche Tajani, e ora invece cooperiamo con quel regime, lo coccoliamo chiedendogli di non lasciar partire i ragazzi e di tenerli a casa. A casa vuol dire in centri di detenzione come il campo militare di Sawa, dove si sa quando si entra, ma non quando si esce. E lì le angherie sono tante e continue.
E’ questa la vergogna dei governi dell’Occidente, che sull’altare della protezione della vecchia Europa sacrificano le vite di centinaia di giovani.
![Giovani africani cercano di raggiungere le nostre coste](http://www.africa-express.info/wp-content/uploads/2017/11/C_2_articolo_3109481_upiImagepp.jpg)
Conosco la domanda: cosa facciamo, dovremmo invadere l’Africa per abbattere i regimi forti? Certamente no. Ma per esempio dovremmo smettere di vendere armi e altri strumenti di repressione utilizzati da quei governi. E smettere di far credere alla nostra opinione pubblica, che, parlando con governi che controllano a malapena l’isolato del palazzo del presidente, si risolve il problema dell’immigrazione.
Marco Minniti, il nostro ministro degli Interni, per giorni e giorni ha illuso il pubblico sostenendo che il governo libico di Fāyez Muṣṭafā al–Sarrāj potesse frenare l’afflusso umano. Minniti, l’uomo delle spie, come l’ha definito il New York Times, conosce a fondo la situazione libica e sa perfettamente che non avrebbe dovuto/potuto fidarsi di un governo che non c’è. E così è stato. E quanti soldi versati alla nostra ex colonia finiti nelle casse di miliziani e signori della guerra.
E allora perché tutta questa manfrina?
Massimo A. Alberizzi
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