Pace. Un sostantivo inflazionato – giustamente – da parte del mondo dei media in questi giorni di tensioni e paure per quanto potrebbe accadere in Siria. Ma un sostantivo spesso invece sconosciuto da quello stesso mondo dei media che sembrano ignorare i numerosi conflitti in giro per il pianeta. Conflitti che, guardando bene, vedono più o meno gli stessi protagonisti (almeno da una parte della barricata) che riescono però abilmente a celare i loro interessi, ed il loro intervento, dietro una facciata di coflitto etnico e locale.
Guerre e massacri in Africa per il controllo del petrolio: il ruolo della Francia
Nel gennaio 2013 Hollande invia delle truppe francesi in Mali, sentenziando con forza:: “La Francia rimarrà con voi finché sarà necessario”. Va infatti ricordato che tra quelle che erano le ex colonie e la Francia, nonostante il raggiungimento dell’indipendenza talvolta al prezzo di sanguinose guerre, si viene a creare un legame molto stretto. Le prime hanno bisogno degli investimenti francesi, la seconda delle risorse naturali africane. Per poter attingere facilmente a queste, come petrolio, gas, oro e uranio, la Francia assicura “stabilità” in questi paesi.
Week end di sangue nel nord del Kenya. Massacrate in scontri etnici una dozzina di persone
Dal Nostro Inviato Speciale
Sono tutti musulmani ma le rivalità etniche non hanno religione, specie quando in ballo ci sono interessi economici e motivazioni politiche. Così venerdì sera un gruppo di gabra, provenienti dall’Etiopia aiutati e sostenuti da garre, una tribù di etnia somala, hanno attaccato i borana, che sono la maggioranza nella contea di Marsabit ai confini tra l’ex impero abissino e l’ex colonia britannica. Tre morti.
Le cicatrici delle guerre
Mauro Armanino è un missionario
italiano impegnato a Niamey.
Collabora spesso con Africa ExPress
Niamey, agosto 2013
Le guerre non finiscono mai. Sporche guerre che uccidono e feriscono chi non c’entra. Vorrei che i figli dei fabbricanti di armi fossero tra i profughi della guerre lontane. E che le figlie dei politici che dividono il mondo sentano il sapore delle ferite. Le guerre continuano sempre. Creano generazioni perdute che inseguono la vita. Non esistono più le guerre di liberazione ma solo quelle di disperazione. La storia universale è un’invenzione. Solo esistono le storie singole che si raccontano e stanno insieme per passare la notte. La vita è una ferita che diventa cicatrice.
I fan di Eyob Makonen piangono la prematura scomparsa del cantante etiopico
DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE
NAIROBI – Eyob Mekonnen, cantante famosissimo in Etiopia, è morto improvvisamente per un attacco cardiaco: aveva 37 anni. L’infarto l’ha colpito ad Addis Abeba, ma Mekonen è stato trasportato d’urgenza a Nairobi sabato scorso. I suoi ammiratori hanno lanciato una colletta per pagare le spese aeree e mediche, Purtroppo però l’artista non ce l’ha fatta e il suo cuore ha smesso di battere domenica scorsa.
Il cineasta (produttore, regista e attore) Luciano Martino muore sull’aereo da Malindi a Nairobi
E morto martedì sera sull’aereo che lo stava portando da Malindi a Nairobi Luciano Martino. Il cineasta è stato colto da malore mentre stava per andare a cena da alcuni amici ma la compagna, Olga Bisera, è corsa in aeroporto per portarlo in fretta e furia al Nairobi Hospital dove aveva già preso appuntamento con medico italiano assai conosciuto in Kenya, Mauro Saio. Purtroppo mentre era in volo, Martino è spirato tra le braccia della sua compagna. Sarà cremato e le sue ceneri saranno sparse, come lui aveva chiesto, tra il mare di Malindi e quello di Napoli.
Guerra tra arabi in Darfur per il controllo delle risorse
Speciale per Africa ExPress
Massimo A. Alberizzi
12 agosto 2013
Dall’inizio dell’anno nell’est Darfur due tribù arabe, i rezegat e i maaliya, fino a poco tempo fa alleate contro i ribelli darfuriani di origine africana, si combattono per il controllo delle terre e delle risorse. L’ultima battaglia è cominciata venerdì e ha provocato almeno cento morti. Questa volta sono stati i rezegat ad attaccare per primi, nel tentativo di cacciare i maaliya da una fetta di territorio che rivendicano come propria. L’ha confermato, al telefono con l’agenzia Reuters, Aydan Abu Bakr, uno dei portavoce dei rezegat, secondo cui “noi abbiano avuto 41 morti e 90 feriti, mentre i nostri nemici hanno perso 70 uomini”.
Le tribù arabe negli anni scorsi sono state armate e organizzate dal governo di Khartoum il cui presidente Omar Al Bashir è ricercato dal tribunale penale internazionale per crimini di guerra e contro l’umanità e genocidio. I leader sudanesi intendevano bloccare l’insurrezione delle tribù non arabe e di origine africana, cominciata nel 2003, secondo cui il governo centrale non si era mai curato abbastanza del Darfur e dei suoi abitanti.
La ribellione non è stata domata e la regione è ancora nel caos. In compenso ora gli arabi si combattono tra loro e questa guerra ha provocato dall’inizio dell’anno almeno 500 morti. In gennaio e febbraio i rezegat e i maaliya si sono affrontati per la prima volta per il controllo di una miniera d’oro in nord Darfur. Da quel momento c’è stato un crescendo di scontri.
Massimo A. Alberizzi
massimo.alberizzi@gmail.com
twitter @malberizzi
Agenti incriminati a Nairobi: durante l’incendio all’aeroporto non hanno dato l’allarme ma saccheggiato i negozi
L’aeroporto Jomo Kenyatta di Nairobi, danneggiato da un violento incendio il 7 agosto, funziona di nuovo a peno regime (poco meno di 20 mila passeggeri al giorno) ma la polizia sta interrogando sette agenti (tra cui un ispettore) e impiegati dell’aeroporto sospettati di saccheggi e furti. Durante il fuggi fuggi generale dovuto alla paura che le fiamme si propagassero alla palazzina degli arrivi (che per altro non è stata danneggiata) le telecamere di sicurezza hanno filmato diverse persone che portavano via merce varia dai negozi.
Un incendio devasta l’aeroporto di Nairobi, cancellati tutti i voli internazionali
Mugabe vince ancora, ovviamente con i brogli
Come volevasi dimostrare. Qualcuno forse credeva realmente che Robert Mugabe, il padre padrone dello Zimbabwe, avrebbe lasciato il potere? L’uomo, diabolico, l’ha fatto credere persino ai suoi nemici e li ha attratti nella trappola elettorale. Ha fermamente voluto queste elezioni ma non per un improvviso attacco di democrazia e libertà, ma semplicemente perché voleva sbarazzarsi di un opposizione divenuta – nonostante i brogli della scorsa tornata nel 2008 – troppo forte e ambiziosa.
