Tra le macerie di Gaza una ragazza con la chitarra racconta in musica le sofferenze dei palestinesi

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Dalla Nostra Corrispondente
Elena Gazzano
Città del Capo, 14 giugno 2024

A Gaza, dove il crepitio delle esplosioni e il ronzio continuo dei droni scandiscono il ritmo di ogni giorno, una giovane donna offre una resistenza silenziosa attraverso la sua chitarra.

Rahaf Nasser

Rahaf Nasser, una studentessa di medicina costretta ad abbandonare i suoi studi a causa della devastazione, usa la musica per cercare di preservare un senso di umanità e normalità per i bambini che vivono in un contesto di guerra continua.

Rahaf ha descritto con parole semplici ma potenti il dramma che la sua famiglia e i suoi vicini sono stati costretti a vivere. “Ho perso tutti i miei ricordi, tutti i miei giocattoli d’infanzia, la mia casa, quindi sono venuta qui senza nulla. Non abbiamo potuto portare niente con noi. Ho lasciato lì tutti i miei strumenti musicali, così ho preso in prestito la chitarra di un amico di mio padre,” ha spiegato, rivelando il trauma della perdita e della separazione che accompagna l’esilio forzato.
https://youtu.be/H0u_FjoJkR4
https://www.youtube.com/watch?v=H0u_FjoJkR4

La musica di Rahaf non è solo un rifugio personale, ma un mezzo per comunicare al mondo il desiderio di vivere dei palestinesi. “Uso la musica per trasmettere il mio messaggio e la mia voce al mondo intero. I nostri bambini amano giocare come i bambini fuori da questa terra. Certe persone pensano che amiamo morire, che amiamo la situazione in cui ci troviamo, ma è sbagliato. I nostri bambini amano vivere, amano essere vivi, giocare tra loro. Qui non possiamo fare nulla di tutto ciò.”

È disgustoso e profondamente tragico che giovani anime come Rahaf siano arrivate a pensare che il mondo li consideri così disumanizzati da supporre che essi abbiano abbracciato la loro condizione di sofferenza e morte. La protesta di  Rahaf sfida una percezione ripugnante, invece di riconoscere questi giovani individui come un riflesso del nostro comune desiderio di vita, siamo colpevoli di averli ridotti a una mera astrazione che subisce passivamente la propria distruzione.
I bambini di Gaza
La testimonianza di questa giovane mette in luce una realtà straziante: il desiderio di normalità e di pace è l’unico desiderio in questo luogo devastato. La sua decisione di abbracciare la musica come strumento di resistenza e comunicazione riflette una lunga storia di come l’arte possa servire come mezzo di coesione sociale e di protesta. La chitarra di Rahafa cerca di creare una connessione umana e di solidarietà tra le rovine.
L’utilizzo della musica per scopi umanitari e politici non è nuovo, ma l’approccio di Rahaf offre un esempio particolarmente rilevante di come la cultura può resistere alla disumanizzazione della guerra. Mentre la musica è stata strumentalizzata in passato per fomentare odio o come arma psicologica, come nel caso delle fanfare naziste o nelle pratiche di tortura a Guantanamo Bay, l’uso che ne fa Rahaf è fondamentalmente diverso.
https://www.africa-express.info/2023/07/23/quando-jane-birkin-fece-sognare-gaza/

Le sue note non cercano di manipolare
, ma di guarire, non di dividere, ma di unire.
Nel contesto dell’attuale conflitto, le melodie di Rahaf si ergono come una denuncia silenziosa dell’orrore quotidiano che i civili di Gaza devono affrontare. È un richiamo a riconoscere l’umanità dei palestinesi al di là delle narrazioni dominanti che spesso li riducono a semplici vittime o aggressori. La giovane utilizza la sua chitarra per offrire una narrazione alternativa, che celebra la vita e la resilienza nonostante l’oppressione.
Un paragone illuminante può essere tracciato con la lotta contro l’apartheid in Sudafrica. Durante quel periodo, la musica e le canzoni di protesta giocarono un ruolo cruciale nel mobilitare le masse e nel tenere viva la speranza di un cambiamento. Canzoni come “ASIM’BONANGA” divennero simboli di resistenza e di unità nazionale. La musica, come nel caso di Rahaf, servì a mantenere la coesione sociale e a promuovere un’identità collettiva di lotta e resilienza contro un nemico comune.
Nella storia di Rahaf e della sua chitarra, ci viene ricordata la resilienza dello spirito umano anche di fronte a un’intensa disperazione. La sua musica non solo offre conforto ai bambini di Gaza, ma rappresenta anche un toccante rimprovero alle condizioni disumane perpetuate da decenni di conflitto. Mentre le potenze occidentali rimangono compiacenti o attivamente complici nelle sofferenze inflitte ai palestinesi, la chitarra di Rahaf risuona come un’accusa vibrante contro l’indifferenza e l’ipocrisia internazionale, mettendo a nudo l’urgente necessità di una giustizia reale che le parole politiche finora non sono riuscite a garantire.
“Cerchiamo di resistere, ma veniamo spazzati via.”

Elena Gazzano
elenagazzano6@gmail.com
https://www.instagram.com/elena.gazzano/
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