Mosca alla conquista dell’Africa sale al primo posto per la vendita di armi

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Speciale per Africa ExPress
Luciano Bertozzi
Marzo 2022

Nel periodo 2017-21 il commercio mondiale di armi è diminuito del 4,6 per cento rispetto al lustro precedente. È quanto afferma il prestigioso Istituto Internazionale di Ricerche sulla Pace di Stoccolma (SIPRI) nello studio Trends in international arms transfers, 2021, appena pubblicato. A livello continentale gli acquisti si sono così suddivisi: Asia e Oceania con il 43 per cento; Medioriente 32 per cento; Europa 13 per cento; Africa 5,8 per cento e Americhe 5,5 per cento. Nel quinquennio 2017–21 le importazioni di armi dei Paesi africani sono diminuite del 34 per cento rispetto agli anni 2012–16. Va considerato, tuttavia, che l’Egitto è compreso nei Paesi mediorientali.

Il commercio delle armi non conosce recessione

I maggiori fornitori dell’Africa sono stati: Russia, con il 44 per cento del totale continentale; USA con il 17 per cento; Cina con il 10 per cento e Francia con il 6,1 per cento. La notevole diminuzione è dovuta al minore invio a Algeria e Marocco, i due principali importatori del totale degli acquisti africani, ossia il 2,6 per cento del mercato globale. Il calo è stato pari al 37 per cento nell’ultimo quinquennio. Per quanto concerne il Marocco, gli acquisti di Rabat, sono diminuiti del 27 per cento nel medesimo periodo.

Il mercato delle armi dei Paesi dell’Africa subsahariana ha rappresentato il 2 per cento delle importazioni globali di armamenti nel 2017-21, con un calo del 35 per cento rispetto al periodo 2012-16.

I cinque maggiori importatori di quest’area geografica sono stati: Angola, Nigeria, Etiopia, Mali e Botswana. La Nigeria ha ricevuto 272 veicoli corazzati dalla Cina, 7 elicotteri dalla Russia, 3 aerei da combattimento dal Pakistan, 12 aerei da combattimento leggeri dal Brasile (attraverso gli Stati Uniti) e 9 motovedette dalla Francia.

L’Etiopia ha avuto mezzi di difesa aerei dalla Russia e dall’Ucraina nel periodo 2017-19, mentre nel biennio 2020-2021, lanciarazzi dalla Cina e droni dalla Turchia. Il Mali ha ottenuto da Mosca 4 elicotteri da trasporto e 4 elicotteri da combattimento; Bamako ha ricevuto anche 130 veicoli blindati dagli Emirati Arabi Uniti e 4 aerei da combattimento leggeri dal Brasile, attraverso il Sud Africa ha ricevuto 102 veicoli blindati, di cui almeno 70 pagati dalla Germania.

Va sottolineato il ruolo dell’Egitto, che nel lustro 2017-21 è divenuto il terzo importatore mondiale, passando dal 3,2 per cento del periodo 2012-16 al 5,7 per cento del lustro successivo (+73 per cento). I maggiori fornitori del Cairo sono stati Russia (44 per cento); Francia (21 per cento) e Italia (15 per cento).

Tutte queste armi, ovviamente, non hanno fatto altro che rafforzare l’apparato repressivo, garantendo il sostegno internazionale al regime di Al Sisi e sicuramente si tradurranno in ulteriori sofferenze. Le vendite italiane sono particolarmente inquietanti, anche alla luce dell’assassinio di Giulio Regeni. L’indignazione per tale morte non è stata seguita da fatti concreti, come sanzioni sul piano militare.

Il principale esportatore africano, come in passato, è stato il Sud Africa, con lo 0,3 per cento mondiale, i suoi principali clienti sono stati: Emirati Arabi Uniti, USA ed India.

Lo studio del SIPRI presenta alcuni fatti nuovi fra i principali esportatori mondiali: gli Usa si confermano saldamente al primo posto, con il 39 per cento totale, in crescita rispetto al passato; mentre la Russia si conferma al secondo posto, ma con un calo del 26 per cento, i suoi maggiori clienti sono stati: India, Cina e Egitto. Al terzo posto la Francia con l’11 per cento, in notevole crescita (+ 59 per cento), i principali acquirenti di Parigi sono stati: India, Qatar ed Egitto. La Cina segue al quarto posto con il 4,6 per cento (- 31 per cento).

Anche la Germania, sia pure al quinto posto con il 4,5 per cento, è in calo (- 19 per cento). Al sesto posto si posizione l’Italia, una novità significativa, con il 3,1 per cento complessivo.

Il nostro Paese supera così il Regno Unito, da sempre fra i principali fornitori. I maggiori clienti del “made in Italy” sono stati: Egitto (28 per cento), grazie a 2 fregate del valore di circa un miliardo di euro; Turchia (15 per cento) e Qatar (8 per cento). Ciò è particolarmente preoccupante: dell’Egitto è stato detto sopra e la Turchia è un Paese che continua a bombardare i curdi e reprime ogni dissenso.

Per i vari governi italiani, evidentemente, l’industria bellica è un’eccellenza da supportare, anche calpestando, di fatto, una normativa (la legge 185 del 1990), che vieta le vendite ai Paesi belligeranti e/o retti da regimi liberticidi.

Tutti questi affari non hanno aumentato la sicurezza internazionale, ma hanno solo alimentato i venti di guerra che soffiano in tante parti del mondo, riducendo al lumicino la spesa per lo sviluppo e per contrastare il cambiamento climatico o per produrre i vaccini contro il Covid 19. Ma i Governi si dimostrano subalterni alla lobby delle armi e incapaci di agire concretamente per la pace.

Luciano Bertozzi
luciano.bertozzi@tiscali.it
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