Sudan: Darfur, a 17 anni dal conflitto la situazione umanitaria resta grave

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Antonella Napoli fotografata durante un suo viaggio in Darfur

Speciale per Africa ExPress
Antonella Napoli
26 febbraio 2020

Un quadro drammatico, drasticamente peggiorato, è ciò che emerge dal rapporto di 50 pagine che riassume l’anno di crisi e di conflitti in Sudan e Sud Sudan. Il dossier sara’ illustrato come ogni anno dall’organizzazione no profit Italians for Darfur, che dal 2006 porta avanti una campagna d’informazione sul conflitto e di sensibilizzazione sulla crisi umanitaria nella regione occidentale sudanese, alla Commissione Diritti Umani del Senato della Repubblica.  Il report traccia e analizza la situazione sul terreno anche a fronte della possibile sospensione della missione congiunta Nazioni Unite – Unione africana autorizzata dal Consiglio di sicurezza nel 2008.

Da 17 anni nel giorno in cui ricorre l’anniversario dell’inizio della guerra in Darfur, il 26 febbraio (quest’anno slitterà di una settimana) l’associazione fa il punto sul Paese (senza tralasciare il Sud indipendente dal 2011) in collaborazione con gli analisti di Unamid evidenziando criticità e prospettive dell’operazione di peacekeeping che finora non ha ancora raggiunto gli obiettivi prefissati dalla risoluzione Onu che ne ha dato il via.

​​​P​​​er il 2020, in vista dell’annunciato ridimensionamento chiesto più volte dal deposto presidente sudanese Omar Hassan al Bashir, il futuro si prospetta ancora più fosco.

Nel rapporto è riportato un dettagliato resoconto di quanto accaduto nell’ultimo anno e dalla caduta dell’ex dittatore che si sperava potesse  portare a una pacificazione anche in Darfur. Nel 2019 è stato registrato un peggioramento delle condizioni di sussistenza per i 2 milioni e mezzo di profughi e la pace resta ancora lontana. Nonostante nel mondo non manchino nuovi e continui fronti di crisi, quella in atto nella regione sudanese resta la più vasta e longeva con oltre 300.000 vittime e circa 2 milioni e mezzo di sfollati. Nel 2019, seppure non ci siano state operazioni militari ufficiali delle forze del Governo del Sudan contro i gruppi armati del Darfur, gli scontri non sono mancati e hanno coinvolto le Rapid Support Forces, milizie filogovernative impegnate ufficialmente per contrastare un possibile aumento del flusso di migranti irregolari ma di fatto utilizzate per contrastare la ribellione ancora molto attiva in gran parte della regione. E Il fronte del contrasto agli oppositori di Bashir si sta ulteriormente ampliando. Le notizie si fanno di giorno in giorno più preoccupanti. Nonostante il nuovo governo abbia deciso di sciogliere le milizie nella regione continuano a operare le Popular Defence Force.

Antonella Napoli fotografata durante un suo viaggio in Darfur

Sotto il profilo umanitario la situazione appare incancrenita. Nonostante gli sforzi per sollecitare l’autonomia delle persone colpite dalla crisi siano diventati sempre più centrali nell’azione della missione Unamid, non si registrano miglioramenti.

Nel 2019, secondo Ocha, 4,8 milioni di persone hanno richiesto assistenza umanitaria, tra cui 3,1 milioni nel Darfur. Oltre 3 milioni e mezzo di persone sono state aiutate sotto il profilo alimentare e hanno ricevuto sostegno per il sostentamento minimo quotidiano, mentre 2,2 milioni di bambini sotto i cinque anni sono a tutt’oggi malnutriti.

In tanti, nelle aree inaccessibili ai cooperanti non ricevono alcun aiuto. Nel distretto del Jebel Marra, dove all’inizio del 2016 sono scoppiate nuove violenze, l’accesso e l’assistenza umanitaria sono pressoché inesistenti, in particolare nelle zone controllate dall’Esercito per la Liberazione del Sudan (Sla) dove migliaia di persone sono abbandonate a loro stesse.

L’ex presidente sudanese Omar al Bashir

Ancora più grave la situazione nel Sud meridionale. L’instabilità intorno ai confini tra i due Paesi aggiunge un ulteriore carico umanitario alla crisi con migliaia di sfollati in cerca di asilo e rifugio nel paese. Dopo lo scoppio del conflitto nel Sud Sudan, nel dicembre 2013, si è registrato un flusso costante di sud sudanesi. L’Alto commissariato per i rifugiati dei migranti ha stimato che tra il dicembre 2013 e l’inizio del 2019 sia arrivato in Darfur oltre un milione di sud sudanesi. Sebbene questi ultimi possano muoversi liberamente all’interno dello stato confinante e stabilirsi in qualsiasi area, la maggioranza ha chiesto asilo nei campi profughi nella regione del Nilo Bianco, altri nel Darfur Est. Appare paradossale che in uno scenario regionale di scontri interni e crisi umanitaria cronica, vi sia un flusso continuo di sfollati e migranti provenienti, oltre che dal Sudan meridionale, dalla Repubblica Centrafricana, dal Ciad, dall’Eritrea, dall’Etiopia, dalla Siria e persino dallo Yemen. Ma il Darfur è anche questo.

Antonella Napoli
antonap72@gmail.com

Esperta di Sudan, Antonella Napoli è presidente dell’organizzazione Italians for Darfur e dirige il news magazine online, Focus on Africa 

 

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