Israele riconosce Somaliland: protestano Mogadiscio, l’Unione Africana e i Paesi islamici

La mossa di Israele ha spiazzato tutti quei Paesi che per oltre 30 anni non hanno voluto e saputo approntare questo problema. Tel Aviv interessata al controllo del Mar Rosso per rispondere agli attacchi degli houti in Yemen.

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Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
29 dicembre 2025

Venerdì scorso Israele ha sorpreso il mondo intero quando ha dichiaro di aver riconosciuto il Somaliland come Stato indipendente.

Il fatto ha provocato clamore, indignazione e rabbia, specie in Africa, nel mondo Arabo e non solo. Si tratta del primo Paese a livello globale a aver riconosciuto il Somaliland come Stato sovrano.

Va ricordato che il Somaliland, ex colonia britannica, ha guadagnato l’indipendenza dal Regno Unito nel giugno 1960 (si chiamava Stato del Somaliland, indipendente dal 26 giugno al 1º luglio 1960) e dopo 5 giorni si è unito alla Somalia Italiana, indipendente dal 1° luglio.

Dopo lo scoppio della guerra civile somala il 30 dicembre 1990, e il conseguente collasso della Somalia, il 18 maggio 1991 il Paese si è ritirato dall’unione, proclamando la propria indipendenza, ma non è mai stato riconosciuto a livello internazionale come Stato indipendente.

La mossa di Israele ha spiazzato tutti quei Paesi che per oltre 30 anni non hanno voluto e saputo approntare questo problema.

La Somalia ex italiana (che fa parte della Lega Araba e dell’Organizzazione della Cooperazione Islamica) è un Paese nel caos, il Somaliland è quasi del tutto pacificato. Il suo sviluppo è lento ma sicuro. Le elezioni si svolgono in modo democratico e trasparente. Gran parte della Somalia ex italiana è controllata dei miliziani islamisti, il governo centrale è debole e sopravvive parché è sostenuto dalle truppe dell’Unione Africana.

L’entità statuale ex britannica invece è ben strutturata e dati i suoi sforzi non merita di essere lasciata nel limbo in cui è da 34 anni.

Il governo di Netanyahu è stato abilissimo nell’insinuarsi in questa contraddizione e inerzia della politica estera dei Paesi occidentali che dovrebbero essere gli alleati naturali del Somaliland. Tra l’altro anche l’Italia negli anni scorsi ha intrattenuto buoni rapporti con il governo secessionista e aveva inviato anche un gruppo di istruttori per addestrarne la polizia.

Ora si trovano davanti a un dilemma: assecondare la mossa di Israele (condivisa ci scommetteremmo, dagli Stati Uniti), oppure condannarla scontrandosi cosi con i Paesi africani e quelli islamici?

D’altro canto diamo per scontato che Hargeisa ha accettato di essere riconosciuta da Israele perché comunque uscire dell’isolamento cui è stata cacciata fino ad ora per lei è positivo.

Condanne

Ovviamente, oltre alla Somalia, l’Unione Africana (UA) e la Lega Araba, il Consiglio di Cooperazione del Golfo (GCC), e l’Organizzazione della Cooperazione Islamica (OIC) numerosi altri Paesi, tra questi Turchia e Cina, hanno fortemente condannato il riconoscimento formale da parte di Israele della regione separatista somala come Stato sovrano.

Benjamin Netanyahu, primo ministro israeliano

A marzo Netanyahu e il presidente americano Donald Trump avevano fatto trapelare di voler cacciare i palestinesi da Gaza, il più lontano possibile, in Africa. Tra i Paesi presi in considerazione c’era anche il Somaliland, ma le autorità di Hargheisa avevano affermato allora di non essere mai stati contattati a questo proposito.

Ma l’interesse di Israele per il Somaliland non è legato solamente all’eventuale deportazione dei gazawi. Il governo dello Stato ebraico ha bisogno di alleati nella regione del Mar Rosso per diverse ragioni strategiche, come sostengono alcuni analisti.

Destabilizzazione della regione

Secondo Teheran, il riconoscimento ufficiale del Somaliland costituisce una flagrante violazione della sovranità della Somalia. Il portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Esmail Baghaei, ha affermato che tale mossa è in linea con la più ampia politica di Israele volta a “destabilizzare i Paesi della regione e aggravare l’insicurezza nel Mar Rosso e nel Corno d’Africa”.

L’autoproclamata repubblica ha un proprio governo, una propria moneta e le proprie strutture di sicurezza. Tuttavia, pur essendo, fino a pochi giorni fa non riconosciuto da nessun Paese del mondo, l’accesso ai finanziamenti internazionali multilaterali e le possibilità di viaggiare dei suoi abitanti sono limitati.

Rapporti diplomatici

Dall’inizio del 2020 Hargheisa e Taipei intrattengono rapporti diplomatici, entrambe hanno aperto le proprie rappresentanze nelle rispettive capitali. Una manna dal cielo per il Somaliland, sempre alla ricerca di nuovi investitori in diversi settori, come pesca, turismo, estrazione mineraria, nonché prospezione petrolifera.

Ovviamente già allora l’avvicinamento tra Taiwan e la ex colonia britannica non è stato visto di buon occhio dalla Somalia e tantomeno dalla Cina. Va inoltre precisato che il Somaliland confina con il Gibuti, dove Pechino possiede una base militare megagalattica.

Il Somaliland intrattiene rapporti diplomatici/consolari anche con altre nazioni, come Regno Unito, Turchia, Taiwan, Etiopia, Gibuti ed Emirati Arabi Uniti.

MoU Hargheisha – Addis Abeba

Nel 2024 Hargheisha aveva sperato in un riconoscimento ufficiale da Addis Abeba. Aveva siglato un Memorandum of Understanding che avrebbe consentito all’Etiopia di avere un accesso sul Mar Rosso. Avrebbe affittato 20 chilometri di costa e utilizzato per 50 anni il porto di Berbera, che si trova sul Golfo di Aden

L’accordo aveva irritato parecchio Mogadiscio e la tensione tra Somalia e Etiopia era salita alle stelle. Solo grazie alla mediazione di Ankara i forti contrasti tra i due governi si sono appianati.

Ora anche altri governi potrebbero seguire l’esempio di Israele. Per ora Washington non scopre le sue carte, anche se, in base a alcune indiscrezioni, Trump starebbe preparando il riconoscimento del Somaliland.

L’interesse israeliano nella regione è aumentato dopo che lo Yemen ha iniziato a prendere di mira direttamente Israele in risposta ai massacri in corso a Gaza.

Ed ecco che entrano in gioco anche altre alleanze e partner, come gli Emirati Arabi Uniti, che da tempo collaborano con Israele in materia di intelligence e militare sull’isola yemenita di Socotra. Dal 2018 l’isola è di fatto sotto l’influenza e il controllo militare degli EAU.

Mediazione Emirati

Secondo alcuni rapporti, gli EAU avrebbero mediato un accordo che prevede l’istituzione di una base militare israeliana in Somaliland, in cambio del suo riconoscimento come Stato indipendente. Questa presenza militare consentirebbe a Tel Aviv di rispondere direttamente agli attacchi yemeniti invece di affidarsi agli alleati occidentali.

Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
X: @cotoelgyes
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