Il patto di sangue tra Addis Abeba e Asmara si rafforza sempre di più

0
1077
Abiy Ahmed, primo ministro etiopico e Isaias Afewerki, presidente eritreo

Continua con questo articolo  la collaborazione di Africa Express
con la prestigiosa rivista Africa Confidential. 

Africa Confidential
aprile 2021

I tentativi per spingere verso una più stretta relazione tra Eritrea ed Etiopia lanciati dall’ambasciatore Dina Mufti nella sua conferenza stampa settimanale ad Addis Abeba alla fine del mese scorso si sono rapidamente arenati.

Parlando del giorno dell’indipendenza dell’Eritrea, che cade il 24 maggio, Mufti, che è portavoce del Ministero degli Affari Esteri dell’Etiopia, ha commentato : “Ogni eritreo, se glielo chiedessero, ammetterebbe che non festeggia il giorno della sua separazione dall’Etiopia. Non gli piace. Gli etiopi provano lo stesso sentimento – ha affermato -. Etiopia ed Eritrea sono un solo popolo. A chi non piacerebbe, se potessero unirsi in una federazione?” ha chiesto, mentre cantava le lodi dell’integrazione economica e infrastrutturale seguita dall’integrazione politica. “Dovrebbe essere inevitabile per tutti i paesi della regione”, ha sottolineato.

Da destra l’ambasciatore egiziano in Kenya, il direttore di Africa ExPress, Massimo Alberizzi e l’allora ambasciatore etiopico in Kenya, Dina Mufti, in visita al museo di storia naturale di Nairobi, ottobre 2018

Appena le parole sono uscite dalla sua bocca, è scoppiata una tempesta di condanne da tutte le parti. L’Eritrea si sta preparando per il suo 30° anniversario come nazione e persino l’ambasciata degli Stati Uniti è corsa in sua difesa, salutando la sua “lotta duramente vinta per l’indipendenza”. Le ambasciate eritree e i gruppi della diaspora si sono uniti al coro, mentre il ministero si ritirava in fretta e l’ambasciatore “si scusava umilmente”.

Il Tigray parte di un più ampio riordino della geopolitica

Ma questo passo falso è stato certamente firmato dal ministro degli Esteri, Demeke Mekonnen, che è anche il vice del primo ministro Abiy Ahmed. Tradisce il pensiero più profondo del lavoro che si sta facendo ad Addis Abeba e su Asmara. Questo è stato semplicemente un siparietto che è andato male.

Abiy e il presidente Isayas Afeworki hanno già creato il Consiglio del Corno d’Africa di Etiopia, Eritrea e Somalia e stanno cercando di far aderire il Sud Sudan. L’idea è di sostituire l’Autorità intergovernativa per lo sviluppo (IGAD), il principale organismo regionale, con un altro più direttamente sotto il loro controllo (AC Vol 62 No 5, Stirring the regional pot).

Abiy Ahmed, primo ministro etiopico e Isaias Afewerki, presidente eritreo

Patto di difesa

Un aspetto di quell’unità ipotizzata è già in opera di fatto,  giacché le forze armate eritree stanno penetrando sempre di più nel Tigray e sembrano destinate a rimanerci. Abiy e Issayas stanno preparando un accordo di difesa in base al quale le truppe eritree ed etiopi possono operare l’una sotto gli ufficiali dell’altra e nei rispettivi Paesi. Questo renderebbe legale la presenza eritrea nel Tigray, e quindi frustrerebbe la richiesta della comunità internazionale alle truppe di Asmara di andarsene.

Molti sospettano che le radici delle mosse verso l’unità risiedano nelle disposizioni ancora segrete dell’accordo di pace che Abiy e Issayas hanno firmato nel luglio 2018 (Africa Confidential Vol 59 No 14, From the edge of war to the bridge of love). All’epoca, Abiy aveva descritto Addis Abeba come la “casa madre” di Issayas, mentre il leader eritreo a sua volta aveva ribadito che era sciocco “pensare ai due Paesi come persone separate”. Questa retorica ora sembra fiorita.

Al World Economic Forum di Davos nel gennaio 2019, Abiy ha persino sostenuto che non c’era alcun bisogno di avere eserciti diversi in Etiopia, Eritrea e Gibuti. Tutto potrebbe essere condiviso sulla strada della completa integrazione. Questo è stato certamente a lungo nella lista dei desideri di Issayas. Ha sognato a lungo la federazione e nel 1993 ha sollevata per primo la questione. L’annientamento  della sua bestia nera, il Fronte di Liberazione del Popolo Tigrino (TPLF), lo porta a credere che il suo sogno può ora diventare realtà.

E’ in questa luce che gli analisti guardano ora alla creazione da parte di Abiy della sua unità della Guardia Repubblicana e alla ricostruzione, avviata nel 2018-19, della forza aerea. Ha introdotto cambiamenti nell’addestramento per cercare di rimuovere l’influenza tigrina e ha ampliato il reclutamento nel 2019 e 2020. L’epurazione dei tigrini dalle forze armate è stata  accelerato negli ultimi tre anni e comprende anche i soldati di rango e la polizia. Dall’inizio della guerra a novembre – secondo rapporti riservati – sono stati arrestati circa 20.000 etiopi della Forza di Difesa Nazionale (ENDF) del Tigrai e 7.000 agenti di polizia.

Le defezioni e le detenzioni, che hanno incluso le truppe tigrene che servono nella Missione dell’Unione Africana in Somalia (Amisom) e nelle forze di pace delle Nazioni Unite nel Sud Sudan, hanno seriamente danneggiato il morale e la capacità dell’esercito. I piani di Abiy di fondere le “forze speciali” di Amhara e di altre regioni nell’ENDF potrebbero causare ulteriori difficoltà.

Il presidente somalo Mohamed Abdullah Mohamed “Farmajo” si sta dimostrando un anello debole nel grande scontro regionale. Farmajosi trova nel mezzo di aspre dispute sulla sua rielezione e ha bisogno dell’aiuto di Addis Abeba. Con così tante truppe etiopiche dislocate in Tigray dalla Somalia, l’attività della milizia islamista somala Al Shebab è aumentata: anche in Etiopia.

Secondo notizie non confermate truppe eritree sono in arrivo a Mogadiscio per aiutare ad alleviare la carenza di personale di Abiy. Con o senza l’Etiopia, sembra che Issayas stia riattivando le sue politiche interventiste degli anni ’90, quando l’Eritrea era coinvolta nel Congo-Kinshasa, Sudan e Ciad, entrò in guerra con lo Yemen e l’Etiopia, e fece incursioni a Gibuti. Fino a poco tempo fa un paria, ora è una presenza regionale importante con un partner determinato e potente.

Africa Confidential
© RIPRODUZIONE RISERVATA

 

L’articolo originale pubblicato da Africa Confidential si può leggere in inglese qui

*Patrick Smith è l’editore e il direttore di Africa Confidential (www.africa-confidential.com) dal 1991.

Fondata nel 1960 come newsletter quindicinale cartacea, Africa Confidential si è costruita da allora una reputazione globale per la segnalazione e l’analisi originale dei principali sviluppi politici e di sicurezza in tutto il continente africano che va ben oltre ciò che si può trovare nel materiale ‘open source’. Il servizio stesso è ora sostanzialmente online, con rapporti infrasettimanali sugli sviluppi chiave come e quando si verificano.

Oggi le sue puntuali analisi, i commenti e i reportage sono usati in una varietà di aree come: le due diligence aziendali, le valutazioni del rischio politico e dei Paesi, conformità con la legislazione anticorruzione e altre leggi sull’etica aziendale (ad esempio FCPA, UK Bribery Act, Dodd-Frank [“conflict minerals”] e Equator Principles), buon governo, relazioni civili/militari, allarme preventivo dei conflitti, risoluzione dei conflitti e soccorso umanitario.

Africa Confidential gode di un pubblico globale diversificato che comprende: capi di Stato, ministri degli esteri, agenzie di difesa e di intelligence, società di consulenza sui rischi, studi legali e contabili internazionali, ONG, istituzioni accademiche e think tank, assicuratori, società di consulenza e società che operano in una varietà di settori in Africa, tra cui energia, miniere, infrastrutture e mercati dei capitali.

Patrick Smith collabora regolarmente con la BBC, il Guardian, l’Observer, l’Economist e altri media internazionali. In Africa ha lavorato in parecchie occasioni con il direttore di Africa Express, Massimo Alberizzi.

Per saperne di più su Africa Confidential e sul suo nuovo servizio online AC+ visitate www.africa-confidential.com).

© RIPRODUZIONE RISERVATA

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here