Nigeria: giudice e ausiliario del traffico dopo la morte del figlio

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Monica Dongban-Mensem, Presidente di Corte d'Appello e ausiliario del traffico

Africa ExPress
16 febbraio 20120

Otto anni dopo aver perso il figlio in un incidente a Joss, nel Plateau State in Nigeria, dove si era laureato in giurisprudenza, Monica Dongban-Mensem, è diventata un ausiliario del traffico. Svolge questa attività come volontaria nel suo tempo libero, perchè la signora di professione è un giudice, presidente della Corte d’Appello dell’ Enugu State e è anche membro anziano dell’ente nazionale per la formazione degli avvocati.

Giudice Monica Dongban-Mensem,

 

Dopo aver frequentato un corso per la formazione di ausiliari del traffico, il magistrato dirige con grande passione e calma la frenetica circolazione nella capitale Abuja, spesso anche sotto un sole cocente, con temperature che raggiungono  i 40°.

La signora è convinta che: “Molti nigeriani non sanno cosa significhi la pazienza, lo si evince dal loro modo di guidare”. E aggiunge: “Dopo tanti anni non ho mai saputo chi ha ucciso mio figlio. Volevo comunque fare qualcosa per non essere complice di altre morti. In questo Paese la gente sa poco o nulla della sicurezza stradale, molti non conoscono la segnaletica, non hanno frequentato una scuola guida e tantissimi non sono in possesso della patente. Basti pensare che siamo oltre 200 milioni di persone e ci sono più di 12,5 milioni di vetture. Nel 2018 sono morte 5.181 persone sulle strade ed esistono solamente 965 scuole guida autorizzate”.

Monica Dongban-Mensem, Presidente di Corte d’Appello e ausiliario del traffico

Qualche anno fa la 62enne giudice ha messo in piedi una ONG, che porta il nome di suo figlio, la Kwapda’as Road Safety Demand, volta a insegnare gratuitamente la sicurezza stradale agli automobilisti. Ha in programma l’apertura di una scuola guida per futuri autisti professionisti. Le lezioni saranno impartite da esperti volontari, senza costi per i partecipanti ai corsi.

Solo nel 2016, 5 anni dopo la morte del figlio, la signora ha trovato il coraggio di recarsi a Joss, nel luogo dove è stato investito. “Volevo trovare qualcuno, qualche testimone che avesse visto morire il mio ragazzo. Mi hanno detto che era in mezzo alla carreggiata, ma nessuno è riuscito a raggiungerlo per assisterlo. Aveva entrambe le gambe fratturate. Stava perdendo molto sangue. Sono certa che sarebbe ancora vivo se fosse stato trasportato in ospedale tempestivamente”.

La giudice è rimasta atterrita quando ha visto le condizioni delle strade, del traffico a Joss: il caos più totale. In alcuni punti il manto delle carreggiate era molto rovinato, buche ovunque, mancavano importanti segnali stradali, un pericolo per chiunque. “Non mi sono dunque meravigliata quando mi hanno detto che molte persone hanno trovato la morte nell’area di Tundun Wada (Joss), una delle arterie stradali maggiormente trafficate del Plateau State”, ha sottolineato la coraggiosa madre.

Le autorità competenti hanno detto di aver programmato la messa in sicurezza delle strade nella zona. Hanno espresso la loro vicinanza alle famiglie che hanno perso un congiunto a causa dei molti incidenti; un funzionario ha però voluto sottolineare che anche pedoni e automobilisti devono assumersi le proprie responsabilità.

Sulle strade nigeriane perdono la vita ogni giorno almeno 13 persone, tra 5 e 6 mila all’anno e la maggior parte degli incidenti è causato dagli automobilisti sprovvisti di patente, un male comune nel Paese. Basti pensare che, secondo le autorità competenti, nel maggio 2019 nel solo Lagos State, oltre 60.000 persone erano alla guida di un automezzo senza documenti.

Il traffico nel Lagos State

Nella ex colonia inglese non esiste ancora un data base nazionale che raccoglie i dati delle vetture in circolazione, per non parlare di telecamere di sorveglianza, almeno sulle maggiori arterie stradali. E’ dunque davvero difficile individuare i responsabili degli incidenti, i pirati della strada, veri e propri criminali che, per la legge nigeriana, rischiano una condanna fino a 14 anni. Tuttavia il giudice ritiene che meriterebbero pene più pesanti e sta lavorando anche in questo senso. “C’è ancora molto da fare, sopratutto nella formazione degli automobilisti” ha concluso il magistrato.

Africa ExPress
@cotoelgyes

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