Mali: si riaprono i fronti di guerra, inasprita la repressione interna

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Miliziani tuareg in posa sotto il masso con la scritta Kidal, posizionato all'ingresso della città
Miliziani tuareg in posa sotto il masso con la scritta Kidal, posizionato all'ingresso della città

Cornelia I. Toelgyes Rov 100Speciale per Africa Express
Cornelia I. Toelgyes

Quartu Sant’Elena, 21 agosto 2016

In Mali si susseguono gli attacchi di gruppi armati al nord e nel centro del Paese. Un mese fa hanno perso la vita ben diciassette soldati governativi durante un assalto alla base militare di Nampala, città nella Regione di Ségou, che dista poco più di cinquecento chilometri dalla capitale Bamako. Altri trentacinque militari sono stati feriti.

Poche ore dopo, il vile gesto è stato rivendicato dal gruppo armato “Alliance nationale pour la sauvegarde de l’identité peule et la restauration de la justice” (ANSIPRJ), la cui creazione è stata annunciata lo scorso giugno. Pochi hanno dato peso a tale rivendicazione, in quanto l’ANSIPJR non dispone della logistica necessaria per sferrare da solo un colpo di questa portata contro ’esercito maliano.

Il presidente mariano Ibrahim Boubacar Keita
Il presidente mariano Ibrahim Boubacar Keita

Una seconda rivendicazione da parte del ben conosciuto gruppo jihadista maliano Ansar Dine, fondato dall’ex ribelle maliano tuareg Iyad Ag Ghaly è giunta poco dopo. La notizia è stata diffusa da SITE, il centro americano di sorveglianza dei siti jihadisti. 
Non si esclude che i due gruppi armati possano avere agito congiuntamente.

Per parecchi anni gli attacchi jihadisti si erano concentrati nel nord della ex-colonia francese, mentre dal 2015 si sono estesi verso il centro ed ora anche al sud. Alcune delle offensive sono state rivendicate o attribuite al “Fronte per la liberazione di Macina”, apparso per la prima volta nel 2015 e capeggiato da un predicatore radicale maliano, Amadou Koufa, di etnia fulani.

Koufa recluta i suoi miliziani esclusivamente tra i fulani ed è alleato del gruppo Ansar Dine.

All’inizio del mese è rimasto ucciso un casco blu dell’United Nations Multidimensional Integrated Stabilization Mission in Mali  (MINUSMA), altri quattro militari sono stati feriti quando il loro mezzo è saltato su una mina a pochi chilometri da Aguelhoc-Anéfis, nella Regione di Kidal. Tutti e cinque, ciadiani, facevano parte della scorta di un convoglio logistico.

Lo stesso giorno si è verificato un altro incidente simile a pochi chilometri dalla caserma di MINUSMA a Kidal. Per fortuna non ci sono state né vittime, ne feriti, solo danni materiali.

Le due esplosioni non sono state rivendicate da nessun gruppo. Episodi del genere sono sempre più frequenti. Un portavoce di MINUSMA ha precisato che in un solo anno hanno perso la vita una trentina di caschi blu. “Questi continui attacchi, – ha aggiunto il portavoce – non fanno altro che rallentare il processo di pace, fortemente sostenuto dall’ONU e MINUSMA.

Soldati della Minusma in pattugliamento
Soldati della Minusma in pattugliamento

Il 29 giugno il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha rinforzato e esteso per un altro anno il mandato di MINUSMA. Con la risoluzione 2295, adottata all’unanimità dai quindici Paesi membri, il nuovo organico sarà composto da  13.289 soldati e 1.920 ufficiali di polizia.

Nel 2012 oltre la metà del nord della ex-colonia francese era sotto il controllo dei gruppi jihadisti. Solo con l’arrivo nel 2013 del contingente internazionale della missione MINUSMA, in  gran parte dell’aerea è stata ristabilita l’autorità del governo.  Alcune zone, come Kidal, sfuggono ancora al controllo delle truppe maliane ed internazionali, malgrado sia stato firmato nel giugno 2015 il  “Trattato per la pace e la riconciliazione nel Mali”. (http://www.africa-express.info/2015/06/24/firmato-laccordo-di-pace-mali-anche-dai-ribelli-maggioranza-tuareg/).

Una decina di giorni fa si sono verificati nuovi  combattimenti tra militanti della coalizione dei movimenti per l’Azawad (CMA) e il Gruppo Autodifesa Tuareg Imghad e Alleati (GATIA), contrari all’autonomia o separazione  dell’Azawad, cioè filo governativi. Gli Imghad costituiscono la più grande tribù tuareg nel nord del Mali. Il fondatore di GATIA, El Hadje Ag Gamou, è l’unico generale Tuareg in seno all’esercito maliano. 
Gli scontri si sono protratti per due giorni nella Regione di Kidal, provocando morti e feriti.

Miliziani tuareg in posa sotto il masso con la scritta Kidal, posizionato all'ingresso della città
Miliziani tuareg in posa sotto il masso con la scritta Kidal, posizionato all’ingresso della città

Il governo ha condannato severamente questi scontri e ha chiesto ai belligeranti di porre fine alle ostilità nell’interesse della popolazione e nel rispetto del trattato di pace, pace che sembra allontanarsi sempre di più.

Combattimenti tra le due fazioni sono all’ordine del giorno (http://www.africa-express.info/2015/09/06/tuareg-litigano-tra-loro-barcolla-il-trattato-di-pace-mali/) e gli ammonimenti del governo, dell’ONU e di MINUSMA sembrano parole gettate al vento.

Dopo un attacco dell’8 agosto ad una postazione militare maliana da parte del gruppo Ansar Dine tra Ténenkou e Sévaré, distante un centinaio di chilometri da Mopti, al centro della ex-colonia francese, non si hanno più notizie di cinque soldati dell’esercito governativo. Una fonte ufficiale ha riferito che l’attacco è stato preceduto la sera precedente da un’imboscata in seguito alla quale sono stati inviati dei rinforzi. La fonte ha anche evidenziato che il gruppo armato ha subito delle perdite, senza precisare il numero delle vittime e dei feriti.

Mentre nel nord e nel centro del Paese non si arrestano gli attacchi jihadisi, nel sud, in particolare nella capitale Bamako, il governo mette il bavaglio alla libera espressione. Ma l’arresto del blogger Mohammed Youssouf Bathily, soprannominato Ras Bath e figlio del ministro per “Domaines de l’Etat et des Affaires foncières”, Mohamed Ali Bathily, ha provocato una sommossa popolare.

Mohammed Youssouf Bathily, soprannominato Ras Bath e figlio del ministro per “Domaines de l'Etat et des Affaires foncières”, Mohamed Ali Bathily
Mohammed Youssouf Bathily, soprannominato Ras Bath e figlio del ministro per “Domaines de l’Etat et des Affaires foncières”, Mohamed Ali Bathily

Oltre mille persone si sono radunate davanti al Tribunale nel quartiere Lafiabougou della capitale, il giorno seguente l’arresto di Ras Bath, avvenuto il 16 agosto.  Alcuni manifestanti hanno cercato di scavalcare la recinzione, ma l’intervento della guardia nazionale è stato immediato e ha respinto le persone con gas lacrimogeno. I giovani non hanno esitato a rispondere con lanci di pietre e sassi. Il Tribunale è stato parzialmente saccheggiato dai manifestanti, che sono riusciti a provocare alcuni piccoli incendi, gettando del liquido infiammabile dalle finestre, prima dell’arrivo dei rinforzi della polizia.

Le forze dell’ordine hanno poi represso con estrema violenza la manifestazione, sparando non solo per aria, ma anche contro passanti e manifestanti. Il ministro della sicurezza, Salif Troré ha fatto sapere in un comunicato che durante la manifestazione sono state ferite diciotto persone, tra loro quattro poliziotti, mentre una persona è deceduta a causa delle ferite riportate.

“E’ un attacco alla libertà di espressione”, sottolinea Mohammed, uno dei manifestanti. E poi aggiunge: “Ras Bath è un giovane istruito, cerca di svegliare le coscienze di noi maliani”. 
Infatti il giovane figlio del ministro non risparmia nessuno nel suo blog e attacca il governo, le autorità della ex-colonia francese. Il suo arresto è stato provocato dal suo ultimo intervento a radio Maliba FM. Durante la trasmissione aveva chiesto le dimissioni del capo di Stato maggiore dell’esercito maliano, Didier Dacko, accusandolo di non essere mai riuscito a sconfiggere il nemico. Evidentemente Dacko non ha apprezzato questa critica.

Il giovane Mohammed Youssouf Bathily non è uno sconosciuto: oltre ad essere molto attivo nei media del suo Paese, è a capo del “Collettivo per la difesa della Repubblica” (CDR).

Le forze armate maliane sono state aspramente criticate in queste ultime settimane dai media e sui social network, motivo per il quale il ministro della difesa Tiéman Hubert Coulibaly,  ha chiesto ai giornalisti di usare più clemenza nei loro articoli nei confronti delle Forze armate maliane (FAMA).

La manifestazione di protesta a Bamako
La manifestazione di protesta a Bamako

Mercoledì scorso sono stati bloccati gli accessi ai principali social network a Bamako. Il governo ha negato qualsiasi coinvolgimento, ma circolavano voci che tale decisione fosse stata presa “dall’alto”.
I maliani hanno trovato subito un modo per ovviare alla censura, utilizzando un VPN (virtual private network).

I media francesi hanno espresso la loro preoccupazione per la mancanza della libertà di espressione in Mali. Durante la recente manifestazione a Bamako, degli uomini in divisa si sono avvicinati ai corrispondenti della rete televisiva France 24 e Radio France International (RFI) mentre seguivano i fatti per le loro rispettive emittenti.  I due uomini delle forze dell’ordine hanno lanciato contro di loro del gas lacrimogeno, prima di aprire il fuoco, malgrado si fossero qualificati in modo chiaro e inequivocabile come giornalisti. La direzione di France 24 e quella di RFI hanno contatto immediatamente le autorità maliane.

La stampa nazionale ha riportato che il giovane Bathily è stato rimesso in libertà provvisoria secondo le disposizioni del presidente Ibrahim Boubacar Keita. Anche se le indagini sono ancora in corso e l’inchiesta proseguirà il suo iter, il presidente, dopo aver ricevuto Mahamoud Dicko, capo dell’ Alto consiglio islamico del Mali e una delegazione di leader religiosi ha chiesto che venisse messo in libertà il giovane blogger con l’obbiettivo di “placare la situazione”.

Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes

 

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