Speciale per Africa ExPress
Costantino Muscau
Mombasa, 27 dicembre 2025
“Si sono spartiti l’Africa senza consultarci, senza chiedercelo, senza avvertirci. Si sono spartiti il mondo….Niente più mi stupisce”.
Alla fine del viaggio dentro il cuore del Continente nero raccontato da “Terre di nessuno”, (editore Messaggi Frontali), 346 pagine scritte da Carlo Augusto Melis-Costa e Andrea Fanti, il lettore vada a riposarsi e a meditare con l’ascolto di un meraviglioso brano di musica reggae.
Si intitola ”Plus rien ne m’etonne”, opera del celebre e grandissimo cantante ivoriano (anche se ignoto ai più in Italia), Tiken Jah Fakoly, nome d’arte di Doumbia Moussa Fakoly, oggi 57enne.
Se, invece, il lettore volesse gradire qualcosa di più tormentato, ricorra a Vasco Rossi, che canta, anzi cantava, negli anni ‘80, “Ognuno a rincorrere i suoi guai/Ognuno col suo viaggio, ognuno diverso/E ognuno in fondo perso/Dentro i fatti suoi”.
Sia il cantante-poeta ivoriano, sia il nostro “provocautore” Blasco di Zocca, sono l’ideale riassunto sonoro di “Terre di Nessuno”.
Fakoly, da un quarto di secolo, con le sue canzoni e nei concerti tenuti in Africa e in Europa, vuole svegliare le coscienze, denunciare le iniquità subite dal popolo africano, l’avidità del neocolonialismo che provoca povertà, migrazioni, eccidi.
In una parola l’orrore dei tempi moderni di cui grondano molte aree africane.
“Aveva tirato le somme e aveva giudicato. L’orrore, L’orrore!” scrive Joseph Konrad in “Cuore di tenebra” parlando del commerciante d’avorio Kurz inseguito da Marlow. Anche nel volume, fresco di pubblicazione, c’è chi si avventura in una discesa avventurosa alla ricerca di un male imperscrutabile, di una organizzazione e di un personaggio avvolti nel mistero, nel detto e non detto, ma per questo più inquietante.
Un viaggio verso un cuore di tenebra (se è…. lecito paragonare cose piccole alle grandi, direbbe il poeta Virgilio).

Dalla Barbagia all’Africa, da una terra in via di estinzione (industriale) a un continente saccheggiato e depredato.
Protagonisti di questo percorso, alcuni uomini e donne, che per ragioni diverse, anzi opposte e contrastanti, hanno scelto non solo una vita spericolata, esagerata, maleducata, ma anche insanguinata.
Tutto, nel romanzo di Melis Costa e Fanti, ha origine nel 1980, nel cuore (non molto meno tenebroso) della Sardegna, nella piana di Ottana dove si sta consumando la tragedia del fallimento dell’ industria petrolchimica che avrebbe dovuto far rinascere l’isola.
Qui un giornalista dell’estrema sinistra, Ezio Veri, inviato a indagare sulla fine dell’esperimento industriale nel centro Sardegna, viene guidato da un sindacalista, Antonio Spanu, brillante e ambizioso (“sono figlio di pastore, sono diplomato e mi sto laureando in Economia”).
Prima di rientrare in Continente, Enzo conosce un frate laico, Pierre De Rechter, a capo di una minuscola comunità dei Piccoli fratelli dell’ amore divino.
Pierre ha un passato avventuroso, angoscioso e angosciante (al pari dei confratelli), come lascia intendere dal racconto lungo una notte alla luce del camino accompagnato da carne arrostita e abbondante libagioni.
Trent’anni dopo, un incredibile incrocio di destini, tra Milano, Roma, Parigi…apre nuovi squarci con nuove figure che accompagneranno (e rischieranno di confondere) il lettore.
Ezio rivede il suo amico e carissimo compagno (si fa per dire, in realtà è un…. camerata / fascistissimo), Irnerio Facci, geologo milanese, specialista in terre rare, conoscitore dell’Africa e preoccupato per voci allarmante che giungono dal Continente nero.
Poco più tardi Ezio incontra “una donna la cui compagnia può rendere trascurabili i problemi di un uomo”. È Nevina Giovannelli, per tutti Nevi, ricca nuorese, anch’ella dal passato angosciante e angoscioso. Aveva frequentato un corso di Studi in Sicurezza Internazionale tenuto dal giornalista nella scuola Sant’Anna, di Pisa nel 2001.
Al momento dell’incontro, Nevi fa la pendolare fra Milano e Parigi, dove lavora all’agenzia per gli studi sulla sicurezza.
E’ sempre una bella donna, anche se piena di cicatrici e non solo fisiche.
E’ sempre affascinante ma tanto cambiata in 9 anni. Anche Ezio da Ottana in poi si è trasformato. Corrispondente di vari teatri di guerra, è diventato una specie di relitto umano, sopravvissuto all’alcol (che continua a non disdegnare in dosi omeriche), e all’eroina, si sente un cittadino del mondo, disilluso, che “avverte piccole e benefiche scosse solo alle prospettiva nuove possibili destinazioni, punti di partenza per raccogliere elementi in vista di un eventuali reportage”. Tra i due scatta una tacita, tormentata forma di intesa, condita di dubbi (i “forse” si sprecano), perplessità, stucchevoli psicobanalisi (direbbe il comico Crozza sfottendo lo psicoanalista alla moda Massimo Recalcati), che lascia preludere non si sa bene a che cosa.
Dai loro incontri sbuca, a Roma, un’altra ambigua figura, compagna di Nevi nel corso frequentato a Pisa: Adila Ben Youssef, marocchina.
“Tanto bella quando brava. La migliore del corso nel 2001, laureata anche in Giurisprudenza, dirigente di analisi e documentazione in una società di consulenza internazionale di Roma, la Parallels”. Insomma una specie di spia sotto mentite spoglie.
Sempre a Roma, chi si rivede?
Fratel Pierre de Richter, che da Ottana è stato richiamato nella capitale, dove ha preso i voti, e dalla Casa madre è stato nominato responsabile per le missioni nel centro dell’Africa. “Con i suoi confratelli, e talvolta da solo, viene avvistato in Camerun, nel Ciad, in Centrafrica e Congo. Si vocifera che abbia collaborato con la SDECE (controspionaggio francese, ndr) e con agenzie cinesi”.
Insomma ambiguità, doppiezze, sospetti, equivoci.
E non è finita.
Enzo e Pierre, di nuovo assieme, si avventurano in una traversata che rimanda a quella sul fiume Congo di Marlow, di konradiana memoria.
Solo che stavolta ci si infila nelle profondità del deserto su due stranissimi Tir e due fuoristrada. Dal nord Africa verso il sud del Centrafrica e il nord del Congo.
Qui “da anni si notano movimenti anomali. Aerei, elicotteri, persone frequentano una zona abitualmente quasi deserta e nota solo agli abitanti.»
Obiettivo della spedizione è entrare in contatto con “World Perspectives First” ( o WPF), una ONG molto riservata che si occupa di vaccinazioni e malattie tropicali. Occasionalmente, anche di vittime belliche. Ha una sua agenzia di stampa molto qualificata sui temi africani, la WP Files. Sui finanziamenti non ha mai prodotto alcuna documentazione.»
Sarà una discesa geografica e metaforica verso l’orrore di filantropia truccato, a capo del quale spunta una vecchia conoscenza, il sindacalista Antonio Spanu in ben altre vesti e con bel altri vestiti .
Qui però ci fermiamo per non rivelare il finale, per non fare spoiler, secondo l’abusata espressione presa in prestito dall’inglese.
Basti dire che intorno a Spanu e alla WPS si scoprirà il volto oscuro delle migrazioni, delle terre e delle vite rubate (senza autorizzazione, come canta Fakoly).
Nel mondo di Spanu e WPS si concentrano i 6 personaggi (anzi 5, perché uno, nel frattempo, è stato massacrato) dalla vita spericolata, non in cerca d’autore, ma, pare , di se stessi, o forse dell’Africa maledetta.
Fra loro c’è chi (forse) si ritrova e c’è chi perde tutto, anche la vita. Di sicuro fra i perdenti c’è l’Africa.
Come ha sottolineato nella prefazione del volume Antonino Melis, 72 anni, uno straordinario missionario, glottologo e antropologo sardo, il romanzo “descrive una realtà cruda e assolutamente veritiera di quello che è il ciclo di sofferenza di un continente che ha visto in tempi remoti la nascita della specie umana”.
Una descrizione complessa, per certi versi acerba, con babele di voci narranti, scontata e da tempo superata dalla cronaca “dei conflitti, iniquità, contraddizioni, assurdità presenti in quello che per secoli abbiamo definito continente nero (spesso al solo fine di eliminarlo dalle nostre coscienze e trasformarlo in un non luogo)”.
Resta comunque l’augurio – per concludere con le parole di padre Melis, che all’umanità dimenticata ha dedicato buona parte della sua vita in Camerun e in Ciad – “che questo romanzo pieno di fede verso il futuro venga letto come piccolo racconto dei sentimenti e delle vicende di alcuni, ma per altri versi come affresco veritiero di quelle zone dell’Africa, e rappresenti un atto di amore verso la verità e verso un’umanità dimenticata”.
Costantino Muscau
muskost@gmail.com
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