Giorgia Meloni e i tagliagole

Si può passare in fretta da terrorista ricercato con taglia sulla testa a politico coccolato e protetto

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EDITORIALE
Massimo A. Alberizzi
1° ottobre 2025

La politica italiana ci ha abituato a sfrenate giravolte, a calcolati contorsionismi e ad abbaglianti sorprese, ma questa volta ha stupito anche chi sembrava assuefatto alle esibizioni da avanspettacolo e ai numeri acrobatici del circo del potere.

Da un lato (primo volteggio), visto l’isolamento cui stava avviandosi a passi lunghi e ben distesi sul piano internazionale, la premier Giorgia Meloni ha deciso di passare dal “prematuro riconoscere la Palestina”, al “possiamo riconoscerla a condizione che”. Bene, ma quali sono le condizioni? Che Hamas liberi gli ostaggi e sia garantita l’esclusione del gruppo palestinese dalla gestione del potere nel futuro Stato palestinese.

Ahmed al Sharaa al Julani, il presidente siriano, con Giorgia Meloni a New York

A me sembra un escamotage per cercare di non prendere una decisione chiara sulla questione, per tacitare gli elettori della destra favorevoli al riconoscimento e per non irritare troppo l’amico e alleato Donald Trump.

Condizioni stravaganti

Le condizioni poste da Giorgia Meloni sono piuttosto stravaganti e mostrano una certa ignoranza, per due motivi. Il primo perché il governo dello Stato di Palestina non è formato da elementi di Hamas, ma dall’Autorità Nazionale Palestinese, il cui presidente è Mohamud Abu Mazen.

Il secondo perché escludere Hamas dalla gestione del potere nello Stato Palestinese è piuttosto complicato. Certo si potrebbe chiedere ai futuri padri costituenti della Palestina di includere una clausola che vieti la ricostituzione di Hamas, magari copiandola pedissequamente da quella presente nella Costituzione italiana che vieta la ricostituzione del partito fascista, ma la Meloni è l’esempio vivente di come quella clausola si possa facilmente aggirare.

Veto su Hamas

Il veto della premier su Hamas è completato da una dichiarazione del suo vice, Matteo Salvini, secondo cui: “Riconoscere oggi lo Stato di Palestina, che in parte è sotto controllo dei tagliagole degli stupratori islamici, è una follia, è un suicidio”.

Giusto: con i tagliagole non si parla e tantomeno si dialoga, almeno finché non vengono riabilitati e quindi possono sedersi nel salotto buono accolti sul tappeto rosso.

Come sta succedendo all’ex tagliagole Ahmed al Sharaa al Julani, il presidente siriano fino a pochi mesi fa affiliato ad Al Qaeda, sulla cui testa, dal 2017 al dicembre scorso, gravava una taglia di 10 milioni di dollari.

Corridoio aereo

Ora al Julani è coccolato da Israele che spera di potergli strappare il permesso di utilizzare un corridoio aereo che permetta ai bombardieri con la stella di Davide di raggiungere l’Iran.

Così, pochi giorni fa l’uomo che giustiziava per strada con un colpo alla testa e con un giudizio sommario le donne accusate di adulterio o di prostituzione, il fanatico islamista che aveva istaurato un regime del terrore basato sulla sharia, la legge islamica, è stato ricevuto da Giorgia Meloni a margine dell’assemblea generale dell’ONU.

Senza turbante

Ha lavato le mani grondanti di sangue e voilà, eccolo senza turbante ma in giacca e cravatta nel salotto buono.

Un trionfo della regola del doppio standard: i nostri amici possono essere massacratori e violare leggi e regole (leggi Netanyahu). Il tutto ovviamente severamente vietato ai nostri nemici che devono invece essere sanzionati (leggi Putin).

Massimo A. Alberizzi
massimo.alberizzi@gmail.com
X: malberizzi
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