Speciale per Africa ExPress
Federica Iezzi
di ritorno da Gaza, 6 settembre 2025
Che tipo di pressione funzionerebbe davvero contro Israele?
Israele non è affatto autosufficiente. Dipende fortemente dai Paesi occidentali per la sua capacità difensiva e il suo benessere economico e finanziario, nonché per le forniture militari.
Dunque, chi ha sospeso gli accordi commerciali e le esportazioni di armi?

Cambio di rotta
L’annuncio segna un importante cambio di rotta per la Germania, che è stata uno dei più fedeli alleati internazionali di Israele. È avvenuto mentre il Gabinetto di Sicurezza israeliano approvava un piano per prendere il controllo di Gaza City, amorale replica dell’efficienza del generale nazista delle SS, Erich von dem Bach-Zelewski, che supervisionò la distruzione di Varsavia.
Dal 2020 al 2024, la Germania ha rappresentato circa un terzo delle forniture di armi in entrata da Israele. Solo da ottobre 2023 ad oggi, Berlino ha rilasciato licenze di esportazione di armi a Israele per un valore di 485 milioni di euro, secondo i dati del parlamento tedesco.
Coro di condanne
L’annuncio della Germania si è unito al coro di condanne dei leader internazionali per i piani di Israele di espandere la sua offensiva militare a Gaza.
Il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, ha descritto il piano come una pericolosa escalation che rischia di aggravare le già catastrofiche conseguenze per milioni di palestinesi. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha invitato Israele a ritirarsi dai suoi piani, mentre il presidente del Consiglio europeo, António Costa, ha avvertito che la nuova offensiva avrebbe conseguenze per i rapporti UE-Israele.
Divisioni interne
La dura presa di posizione dell’UE all’invasione russa dell’Ucraina ha dimostrato che ha i mezzi per imporre un’ampia gamma di sanzioni in risposta alle violazioni dei diritti umani. La sua riluttanza ad adottare misure simili contro Israele evidenzia le sue profonde divisioni interne.
Cosa c’è da sapere sugli altri Stati?
La Slovenia ha vietato tutto il commercio di armi con Israele, compresi il transito e le importazioni, nell’agosto 2025, diventando il primo Paese dell’Unione Europea a implementare un divieto.
Il Canada ha sospeso tutti i nuovi permessi di esportazione di armi verso Israele nel marzo 2024, ma ha continuato con i contratti pre-approvati.
Licenze già autorizzate
L’Italia ha imposto una sospensione della concessione di nuove licenze di esportazione di armi verso Israele nell’ottobre 2024, ma le esportazioni non si sono mai fermate del tutto, visto che sono rimaste attive le licenze già autorizzate.
Inoltre, nonostante la sospensione, nel 2024 sono state registrate esportazioni di armi e munizioni da Roma a Tel Aviv per un valore di 5,2 milioni di euro, secondo i dati Istat.
Anche se non si è trattato di un embargo governativo formale, Itochu Corporation ha interrotto la sua partnership con il produttore di armi israeliano Elbit Systems, nel febbraio 2024, su richiesta del ministero della difesa giapponese.
Blocco del transito
Un tribunale belga ha stabilito nel 2025 il blocco totale del transito di equipaggiamento militare verso Israele.
I Paesi Bassi hanno sospeso l’esportazione di componenti di caccia F-35 verso Israele nel febbraio 2024, ma una sentenza del tribunale del dicembre 2024 ha respinto il divieto totale sull’esportazione di armi. Ancora oggi Amsterdam continua a supportare la catena di fornitura della versione israeliana del caccia F-35.
Il porto di Rotterdam è frequentato ormai da navi che trasportano componenti dell’F-35 per manutenzione e assemblaggio. Maersk gestisce ora un ciclo di spedizioni ricorrente tra lo stabilimento Lockheed Martin di Fort Worth in Texas e la Israel Aerospace Industries in Israele, con scalo a Rotterdam.
Attracco negato
Nel novembre 2024, a seguito della decisione della Spagna di negare l’autorizzazione all’attracco di due navi che trasportavano armi dirette in Israele, Maersk ha modificato le sue rotte. La flotta della compagnia ora evita la Spagna a favore di Rotterdam e del porto di Tangeri in Marocco.
Il Regno Unito ha sospeso circa 30 delle 350 licenze di esportazione di armi verso Israele nel novembre 2024, secondo quanto dichiarato dal gruppo di pressione Campaign Against Arms Trade (CAAT). Gran parte dell’attenzione sul sostegno del Regno Unito a Israele si è concentrata sui componenti realizzati in Gran Bretagna per il jet F-35.
Nuovo contratto per Elbit Systems
A mesi dall’inizio dell’attacco genocida israeliano a Gaza, il Ministero della Difesa del Regno Unito ha assegnato un nuovo contratto a Elbit Systems – che domina la scena militare israeliana – per un valore complessivo di oltre 355 milioni di sterline.
Il fondo sovrano norvegese ha disinvestito dal gruppo statunitense di attrezzature per l’edilizia Caterpillar e da cinque gruppi bancari israeliani (First International Bank of Israel e la holding FIBI Holdings, Bank Leumi Le-Israel BM, Mizrahi Tefahot Bank, Bank Hapoalim) per motivi etici. Norges Bank Investment Management (il ramo della banca centrale norvegese che gestisce il fondo) ha parlato di “rischio inaccettabile che le società contribuiscano a gravi violazioni dei diritti individuali in situazioni di guerra e conflitto”.
Un embargo petrolifero su Israele e i suoi sostenitori è un altro potente mezzo di pressione.
All’inizio di quest’anno, Israele ha concesso licenze di esplorazione per giacimenti di gas naturale al largo delle sue coste a un consorzio di compagnie petrolifere, tra cui British Petroleum (BP) e la SOCAR dell’Azerbaigian.
Israele importa quasi tre quarti del suo petrolio da tre Paesi: Azerbaijan, Kazakistan e Gabon. E il conflitto a Gaza non sembra aver scalfito questa solida collaborazione. Tel Aviv fa affidamento su greggio e raffinato per alimentare i suoi aerei da combattimento, carri armati e bulldozer.
L’Organizzazione dei Paesi Arabi Esportatori di Petrolio (OPEC) ha implementato un embargo di questo tipo contro gli Stati Uniti e altri Paesi nel 1973 come ritorsione per il sostegno a Israele nella guerra arabo-israeliana di quell’anno e la successiva occupazione di territori egiziani e siriani.
Si è rivelato efficace. L’embargo ha spinto Henry Kissinger, allora consigliere per la sicurezza nazionale nell’amministrazione Nixon, a impegnarsi in una insidiosa corsa diplomatica tra Israele, Egitto e Siria, che ha poi portato ad accordi di disimpegno forzato all’inizio del 1974 e alla revoca dell’embargo petrolifero.
Federica Iezzi
federicaiezzi@hotmail.it
Twitter @federicaiezzi
©️ RIPRODUZIONE RISERVATA
Vuoi contattare Africa ExPress? Manda un messaggio WhatsApp con il tuo nome e la tua regione (o Paese) di residenza al numero +39 345 211 73 43
Ci si può abbonare gratuitamente ad Africa Express sulla piattaforma Telegram al canale https://t.me/africaexpress e sul canale Whatsapp https://whatsapp.com/channel/0029VagSMO8Id7nLfglkas1R
