Gerusalemme est: Israele costringe i palestinesi a demolire le loro case

Le abitazioni vengono tramandate di figlio in figlio. Spesso la proprietà non è registrata nel catasto con il nome del proprietario. Così Il governo di Netanyahu ha trovato il modo "legittimo" per cacciare molte famiglie dalle loro proprietà. Il diritto Internazionale ritiene questi espropri illegittimi. OCHA denuncia creazione di nuovi sfollati

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Speciale Per Africa ExPress
Alessandra Fava
29 luglio 2025

Mentre gli occhi sono puntati sulla fame a Gaza e il genocidio in corso, nei Territori occupati destinati ai palestinesi e a Gerusalemme est e nella Città Vecchia continuano le depredazioni di edifici e abitazioni. Il sistema è collaudato da anni, ma negli ultimi mesi ha avuto un’accelerazione. Con la scusa che i palestinesi non hanno atti ufficiali di compravendita dei beni, questi gli vengono sequestrati dallo Stato di Israele che ordina anche la demolizione a cura dei proprietari stessi.

Niente atti notarili

In Palestina gli atti di compravendita sono rari. In molti casi, le proprietà risalgono all’impero ottomano oppure i documenti sono andati persi. Spesso si è trattato di passaggi di proprietà all’interno della famiglia che non necessitavano di documenti scritti. Per tutti questi motivi, molti palestinesi non hanno un pezzo di carta per dimostrare di essere veramente proprietari di un bene.

Un ragazzino davanti ai resti della sua casa a Silwan nell’area di Gerusalemme est (foto OCHA).

Ultimamente il governo israeliano ha lanciato una campagna contro le costruzioni “senza permessi”, minacciando, in caso di mancata demolizione, di inviare ulteriori multe e balzelli. Dall’ inizio dell’anno, OCHA, l’Ufficio per gli Affari umanitari delle Nazioni Unite che monitora anche i Territori occupati, Gerusalemme est e Gaza, ha calcolato che ogni mese, vengono fatte distruggere 49 abitazioni nella parte Est di Gerusalemme.

Ruspe dello Stato

Quindi al momento sono rimasti senza casa 321 palestinesi, di cui la metà bambini. Quattro demolizioni sono avvenute all’interno della Città Vecchia a Sharafat, Sur Bahir, Jabal al Mukkabir e Bab Huta e questo fa sfumare l’idea di Gerusalemme città internazionale che era una delle ipotesi di pace ai tempi dell’Accordo di Oslo. Morale secondo OCHA dall’inizio del 2025, i palestinesi sono stati costretti a demolire 113 strutture, di cui 65 abitazioni. Nel 28 per cento dei casi a terminare la distruzione sono state le ruspe inviate dallo Stato.

La stessa politica viene applicata in Area B, come il governatorato di Jenin, dove a Qabatiya sono state abbattute 5 strutture abitative, che appartengono alla famiglie di alcune persone accusate di disordini contro i coloni, ormai decedute. Nel 2025 in Cisgiordania sono state demolite dallo Stato 26 strutture, creando 136 profughi.

Israele: demolizioni forzate

La questione che in questi mesi si è esacerbata la questione, non è una novità nei Territori Occupati, definiti così secondo il diritto internazionale. Infatti dal 2009 almeno mille palestinesi sono stati colpiti da ordini di demolizione e sono state distrutte, in area A, B, C e Gerusalemme est, 200 strutture.

Condanna della Corte Internazionale

La Corte internazionale di giustizia un anno fa ha condannato l’esproprio forzato delle proprietà palestinesi, facendo notare come lo Stato israeliano tollera invece i presidi e le colonie totalmente illegali dei suoi concittadini.

Tra gli aspetti sottolineati già un anno fa dalla Corte c’è il fatto che sono stati ristretti i tempi per un eventuale ricorso contro l’ordine di demolizione a sole 98 ore. Viene così violato il diritto dei palestinesi all’autodeterminazione e che l’occupazione israeliana in Cisgiordania viola il diritto internazionale. La Commissione delle Nazioni Unite ha calcolato addirittura 7 mila demolizioni tra il 2012 e il 2022 soprattutto in area C e Gerusalemme est. https://www.icj-cij.org/index.php/node/204160

Raid dei coloni

Intanto prosegue la violenza dei coloni, con raid contro gli abitanti di villaggi della West Bank, incendi e distruzione di campi, beni e proprietà. Tra il 15 e il 21 luglio ci sono stati 27 attacchi da parte dei coloni con danni a 560 campi di olive, mandorle, avocado e l’allontamento di 10 persone, di cui la metà bambini.

Gli attacchi sono avvenuti nel governatorato di Tibas, a Hammat al Maleh; nel governatorato di Gerico a Al’Auja; a Bardala e nel governatorato di Ramallah. Nel villaggio di Yabrud, il capo villaggio è stato interrogato dai coloni, perquisito per un’ora e quindi è stato picchiato in casa sua fino a perdere conoscenza.

Anche Taybeh, villaggio cristiano della Cisgiordania, il 7 luglio ha subito un attacco dei coloni. Qualche giorno fa il quotidiano israeliano Haaretz fa ha riferito che secondo l’inchiesta della polizia israeliana non sarebbe stato appiccato il fuoco alla chiesa, come testimoniato dagli abitanti, ma nei pressi dell’edificio. Qui la reazione dei patriarchi e dei capi delle Chiese: https://fai.informazione.it/83C5C514-B8F0-4120-809A-18F9415A54A6/Taybeh-sotto-attacco-dei-terroristi-ebrei-i-Patriarchi-di-Gerusalemme-al-fianco-della-comunita-cristiana

Altra casa demolita in Cisgiordania

Le incursioni dei coloni sono state così violente che l’associazione pacifista ICHAD di palestinesi e israeliani nata nel 1997 contro le demolizioni delle case dei palestinesi, ha deciso di eliminare ogni riferimento a Israele nel nome dell’associazione perché “Israele è diventato un’entità colonialista senza una legittimità politica”. Ecco la frase completa: “Since Israel is a settler colonial entity with no political legitimacy that will be replaced by the post-colonial polity, the term “Israeli” loses the political signification it had when ICAHD was formed”. https://icahd.org/2025/07/24/icahds-name-change/

Arresti arbitrari

Da molte aree della West Bank arrivano testimonianze di assalti ripetuti di coloni. Medici senza Frontiere (MSF) ha condotto una ricerca su 300 persone cacciate dai campi di Jenin, Tulkarm, Nur Shams che hanno rivelato come la metà siano stati costretti a cambiare abitazione ben 3 volte. Uno su quattro è stato arrestato e ci sono stati almeno un centinaio di episodi di violenze contro chi cercava di tornare nelle proprie case a prendere qualche oggetto.

Tra Gaza, la West Bank e Gerusalemme est le Nazioni Unite hanno calcolato 3,3 milioni di palestinesi necessitano di aiuti umanitari. Per ora i Paesi membri hanno stanziato 785 milioni di dollari, di cui l’88 per cento destinato a Gaza. Ammesso che riescano a far arrivare il cibo nella Striscia dove secondo Oxfam l’87 per cento della popolazione ormai è al livello ultimo della fame prima della morte.

Alessandra Fava
alessandrafava2015@libero.it
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