Dopo Wwf, Survival denuncia Zoo del Bronx per violazione dei diritti umani dei pigmei

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I pigmei hanno paura di essere uccisi dalle guardie anti-bracconaggio se trovati nella foresta
I pigmei hanno paura di essere uccisi dalle guardie anti-bracconaggio se trovati nella foresta

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Speciale per Africa ExPress
Sandro Pintus
Firenze, 31 luglio 2017


Dopo le denunce contro il Fondo mondiale per la Natura (WWF)
per abusi e violazione dei diritti umani dei pigmei, il movimento mondiale per i diritti dei popoli indigeni, Survival International, lancia pesanti accuse anche contro la Wildlife Conservation Society (WCS), antica organizzazione legata agli Zoo del Bronx e di New York.

Abusi in nome della “conservazione”

L’accusa dell’ong per i diritti dei popoli indigeni contro il WCS è perché, in nome della conservazione, “finanzia abusi e sfratti nei confronti dei ‘Pigmei’ Bayaka e di altre tribù della foresta nella Repubblica del Congo”.

Baka, Bayaka e altre popolazioni che vivono nelle foreste dell’Africa centrale da anni subiscono violenze, intimidazioni e abusi, sfratti, distruzione delle loro case che derivano dagli interessi sui progetti di conservazione gestiti da WWF e WCS in Camerun, Congo e Repubblica Centroafricana.

Survival denuncia che, nel nome della conservazione, la pesante situazione subita da queste persone è causa di un grave peggioramento delle loro condizioni di salute. Nel frattempo WWF e la WCS stringono partnership con compagnie del legname come Rougier, CIB e SINFOCAM che tagliano gli alberi delle foreste.

Deforestazione nelle aree dei pigmei (foto © © Kate Eshelby /Survival)
Deforestazione nelle aree dei pigmei (foto © Kate Eshelby /Survival)

A queste etnie, che da tempi immemorabili vivono nella foresta e ne sono i reali guardiani, viene impedito di procurarsi il cibo come fanno da centinaia di generazioni. Le guardie ecologiche anti bracconaggio pagate attraverso i progetti di conservazione di WWF e WCS, vengono accusate dalle popolazioni della foresta di continue e insistenti violenze e minacce anche contro donne, bambini, anziani e disabili. Violenze che continuano da quasi due decadi.

“Soffriamo molto a causa della conservazione ecologica. Le guardie ci minacciano, ci picchiano, ci derubano, persino fuori dal parco” hanno raccontato a Survival i Bayaka di Mossapoula nella Repubblica Centrafricana. “Eppure abbiamo il diritto di entrare nel parco. Prima di continuare a dare finanziamenti, vi chiediamo di venire a Mossapoula, così potrete ascoltare i nostri problemi e chiedere il nostro consenso.”

I pigmei hanno paura di essere uccisi dalle guardie anti-bracconaggio se trovati nella foresta (fotogramma da video Survival)
I pigmei hanno paura di essere uccisi dalle guardie anti-bracconaggio se trovati nella foresta (fotogramma da video Survival)

La disperazione coglie anche i Baiga: “Se le guardie anti-bracconaggio ci trovano nella foresta arrivano addirittura a ucciderci”, racconta una donna in un video registrato da Survival. “Abbiamo paura di uscire dal villaggio – dice un uomo -. Quando entriamo nella foresta ci diciamo che è meglio uscire altrimenti ci uccideranno”.

Di fatto ai Bayaka, e ad altre etnie, non è mai stato chiesto l’approvazione per la “conservazione” del loro territorio e loro non hanno mai dato il consenso. Nel 2006 diciannove comunità Bayaka hanno scritto una lettera alla Wildlife Conservation Society chiedendogli di smettere di finanziare le squadre anti-bracconaggio che hanno commesso abusi nei loro confronti.

“Come potremo sopravvivere in questo mondo? Volete che ci uccidano? – hanno scritto le popolazione pigmee – A coloro che finanziano diciamo: se avete qualche progetto, venite voi stessi sul campo. I vostri agenti non sono qui per lavoro ma per corruzione. Le guardie sono diventate i veri bracconieri. Non rispettano più i limiti del parco. E noi non abbiamo più l’accesso alla foresta”.

I pigmei hanno paura (fotogramma da video Survival)
I pigmei hanno paura (fotogramma da video Survival)


Survival: questa conservazione è land grabbing

“La conservazione nel bacino del Congo è fondata sul furto di terra – Non usa mezzi termini Stephen Corry, direttore generale di Survival -. I parchi nazionali sono creati nei territori dei popoli indigeni senza il loro consenso: si tratta di land grabbing con un’etichetta ‘verde’”.

E dà l’affondo alla Wildlife Conservation Society: “Le grandi organizzazioni per la conservazione, come la WCS, sono colpevoli di supportare questa situazione. Stiamo facendo tutto il possibile per fermare questo ‘colonialismo verde’. È ora che i conservazionisti rispettino i diritti territoriali e la smettano di rubare le terre ancestrali dei popoli indigeni, e che ottengano un consenso reale per qualsiasi progetto che intendono condurre nelle terre indigene.”

La Wildlife Conservation Society

È una fondazione americana fondata nel 1895 come New York Zoological Society (NYZS) dall’unione degli zoo di New York del Bronx. Anche se in quel periodi storico era normale, è tristemente famosa per aver portato negli Stati Uniti, Ota Benga, pigmeo Mbuti del Congo.

Ota Benga, pigmeo Mbuti, esposto nel 1906 alla St Louis Fair, in Missouri (USA)
Ota Benga, pigmeo Mbuti, esposto nel 1906 alla St Louis Fair, in Missouri (USA)

Comprato da venditori di schiavi africani, nel 1904 Benga è stato esibito alla Mostra di Antropologia alla Louisiana Purchase Exposition di St. Louis, Missouri. Nel 1906 è stato esposto nello “zoo umano” presso lo Zoo del Bronx. Ota Benga ha resistito 12 anni prima di suicidarsi nel 1916 all’età di 32 anni a causa del suo stato depressivo, dovuto all’impossibilità di tornare in Africa, e ai maltrattamenti subiti.

La WCS ha anche premiato Ali Bongo Ondimba, presidente del Gabon, il 6 giugno scorso, con il Teddy Roosevelt Award for Conservation Leadership “per l’espansione delle aree marine protette nella Repubblica di Gabon e per i suoi sforzi per promuovere la conservazione della fauna selvatica”.

Premiazione del presidente del Gabon Ali Bongo Ondimba
Premiazione del presidente del Gabon, Ali Bongo Ondimba

Premiazione che ha creato diverse polemiche, controversie e proteste della società civile gabonese e internazionale perché in passato il presidente dell’ex colonia francese è stato fortemente criticato per i numerosi abusi dei diritti umani compiuti dal suo governo. Secondo Survival, alcune fonti hanno rivelato che Ali Bongo per avere il premio avrebbe donato 3,5 milioni di dollari.

Sandro Pintus
sandro.p@catpress.com
Twitter: @sand_pin

Crediti immagini:
– Ali Bongo Ondimba
Courtesy Presidenza della Repubblica del Gabon
http://www.gabonemergent.org/presidence-de-la-republique-communique-de-presse-89.html

– Ota Benga
By http://www.npr.org/programs/atc/features/2006/09/ota_benga/bronx_lg.jpg, Public Domain, Link

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