AFRICA

Violenze, omicidi, sparizioni: il Burundi sul banco degli accusati dall’ONU

Speciale per Africa ExPress
Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 14 settembre 2018

Mercoledì scorso il Consiglio dei Diritti Umani ha atteso invano il rapporto finale sul Burundi, redatto da esperti dell’ONU. Kate Gilmore, vice commissaria dell’OHCHR (Office of the United Nations High Commissioner for Human Rights, l’ufficio delle Nazioni Unite incaricato di promuovere e proteggere i diritti umani) non ha potuto presentare il fascicolo alla trentanovesima sessione come previsto dalla risoluzione adottata il 28 settembre 2017, per la mancanza di collaborazione del governo di Bujumbura.

La commissione di esperti, inviata nell’ ex protettorato belga a marzo, aveva l’incarico di raccogliere informazioni sulle violazioni dei diritti umani e di trasmettere una copia anche alle autorità giudiziaria del Paese. Il governo burundese non solo si è rifiutato di cooperare con il team dell’ONU, ma ad aprile ha anche bloccato i loro visiti dopo solo tre settimane di lavoro.

Assemblea del Consiglio dei Diritti Umani, ONU

Fatto ritenuto anomalo, visto che Bujumbura aveva accettato di buon grado la risoluzione 36/2 ed aveva il dovere di assistere e collaborare con gli inviati dell’ONU. La Gilmore ha sottolineato che, finora il governo del presidente Pierre Nkurunziza non avrebbe mai risposto alle ripetute sollecitazioni dell’OHCHR.

Secondo Rénovat Tabu, l’ambasciatore del Burundi alle Nazioni Unite, ha sostenuto che Zeid Ra’ad al Hussein, l’ex alto commissario dell’OHCHR avrebbe cambiato il mandato del team di esperti ed è per questo motivo che i visti sono stati revocati. E infine ha aggiunto: “Il mio governo è preoccupato per come sono stati raccontati i fatti, è un accanimento nei nostri confronti. Chiediamo al nuovo commissario di adottare una diversa dinamica di collaborazione”.

Il presidente del Burundi

Il Consiglio dei Diritti Umani esaminerà il prossimo 17 settembre il rapporto della commissione d’inchiesta, reso pubblico qualche giorno fa. Nella loro relazione gli esperti dell’ONU hanno segnalato gravi violazioni dei diritti umani, alcuni dei quali costituiscono addirittura crimini contro l’umanità, perpetrati anche nel 2017 e 2018.

Per la prima volta il Palazzo di vetro punta il dito direttamente su Nkurunziza, accusandolo di “frequenti incitamenti all’odio e alla violenza”. Nel loro rapporto la commissione ha evidenziato un clima di palesi minacce ai diritti umani e un’impunità diffusa e questo grazie alle autorità, tra loro appunto anche il presidente, esponenti di Il Consiglio Nazionale per la Difesa della Democrazia – Forze per la Difesa della Democrazia (CNDD-FDD), il partito al potere.

Da oltre un anno l’ONU ritiene che buona parte dei crimini siano stati commessi da agenti dei servizi, dalle forze dell’ordine, dai militari, nonchè da membri di Imbonerakure (lega di giovani del partito al potere, ma qualificata dalle Nazioni Unite come milizia). “Molte pratiche come la sparizione di persone avvengono al buio, durante la notte, per dare meno all’occhio. I corpi di chi sparisce, ora più di prima, vengono nascosti. Abbiamo ragione di credere che nella maggior parte dei casi queste persone alla fine muoiano”, hanno fatto sapere componenti del team d’inchiesta.

La crisi in Burundi inizia nella primavera del 2015, quando il presidente, forzando la Costituzione ha voluto farsi eleggere per la terza volta alla massima carica dello Stato. In quel periodo sono morte almeno milleduecento persone, altre quattrocentomila sono scappate dalle loro case.

Il presidente ha assicurato che non si ricandiderà alle prossime elezioni, nel 2020. Ma il referendum costituzionale dello scorso maggio (la modifica della Costituzione autorizza Nkurunziza di governare fino al 2034) e la campagna per le prossime elezioni sono motivo di persecuzioni, minacce, intimidazioni nei confronti di persone ritenute oppositori del regime.

Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes

 

Cornelia Toelgyes

Giornalista, vicedirettore di Africa Express, ha vissuti in diversi Paesi africani tra cui Nigeria, Angola, Etiopia, Kenya. Cresciuta in Svizzera, parla correntemente oltre all'italiano, inglese, francese e tedesco.

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