Manipolazione: disinformazione e propaganda
Massimo A. Alberizzi
Milano, 18 aprile 2025
Da un po’ di tempo continua ad affiorare nella mia mente una arguta frase pronunciata qualche anno fa da Noam Chomsky. Mi pare che sia diventata attualissima e recita: “Se vuoi controllare un popolo, crea un nemico immaginario che appaia più pericoloso di te, quindi presentati come il loro salvatore”.
In questi giorni siamo subissati da commenti e informazioni mirate, anche false, che puntano a creare nell’opinione pubblica una reazione favorevole al riarmo, inducendo un’irrazionale paura verso un nemico impersonato da Putin, dalla Russia, dai palestinesi e/o da Hamas.
La tecnica è semplice e non l’ha di certo inventata Ursula von der Leyen, ma piuttosto un suo compatriota, Joseph Goebbels, che, in un discorso tenuto il 18 febbraio 1943 a Berlino, aveva infiammato le folle.
Il capo della propaganda nazista nel suo comizio, definito da molti un capolavoro retorico infarcito di falsità, aveva convinto la massa in ascolto della necessità ineluttabile alla difesa della patria, minacciata dagli ebrei. Raccontando bugie spericolate, pericolose ma anche, a una attenta analisi, inverosimili, aveva inculcato nella gente il folle concetto dell’obbligo di una guerra totale contro gli aggrediti dal suo regime ma da lui presentati invece come aggressori: gli Alleati.
Goebbels con quel discorso era riuscito a distorcere la realtà. Così la gente, suggestionata ma anche impaurita, era stata convinta ad appoggiare la guerra hitleriana. Anzi a fare in modo che ciascun individuo si trasformasse in un propagandista di questa necessità inevitabile.
Il programma liberticida di Goebbels era complesso e scientifico: il capo nazista aveva già teorizzato che per realizzare l’egemonia del suo partito si doveva ottenere il controllo totale dei media necessario a sua volta per manipolare liberamente menti e coscienze.
Ma non solo: Goebbels aveva teorizzato che la guerra totale si poteva realizzare soltanto sottomettendo tutti gli aspetti della vita civile alle esigenze belliche.
Ciò che sta accadendo in questi ultimi anni non può che far riflettere su quanto ha scritto Chomsky e su sull’uso della propaganda per manipolare le masse e convincerle della necessità di qualcosa: in questo caso la guerra.
La disinformazione è alla base della propaganda. Si diffondono informazioni semplici e/o parziali che fanno però breccia nell’imaginario collettivo: nel caso dell’Ucraina l’equazione aggredito/aggressore che istintivamente induce l’opinione pubblica a schierarsi con chi ha subito una prepotenza irresponsabile, cioè con l’aggredito.
Non importa se l’aggredito ha violato patti, accordi, trattati, intese. Agli occhi dell’opinione pubblica e degli analisti naif appare la vittima, mentre l’aggressore impersona il carnefice.
Nel caso della Palestina la violenza selvaggia del feroce e brutale attacco portato il 7 ottobre 2003 contro il festival musicale israeliano appena fuori la Striscia di Gaza, ha indotto la gente ad allinearsi con Israele.
Passa in secondo piano il fatto che in Palestina un popolo da quasi 80 anni viva in una prigione a cielo aperto in condizioni di segregazione razziale.
E così in entrambi i casi il mainstream si è guardato bene dal menzionare la violazione da parte ucraina degli accordi di Minsk e l’inosservanza da parte israeliana delle delibere dell’ONU che prevedono la creazione dello Stato di Palestina.
Il messaggio che viene trasmesso all’opinione pubblica è quindi fuorviante e manipolatorio anche perché il tutto viene condito da notizie non verificate, né dai giornalisti sui media, né dai cosiddetti commentatori sui social.
Qualche giorno fa ho ascoltato una giornalista prestigiosa e di peso che sosteneva di aver appreso una notizia favorevole all’Ucraina dai servizi in intelligence. Sono sobbalzato sulla sedia.
Nel mio lavoro mi è capitato spesso di aver a che fare con spie e 007 che si presentavano alcune volte a viso scoperto, altre che individuavo come tali dopo un po’. Non ho mai pubblicato una notizia fornitami da un agente dell’intelligence senza averla prima verificata personalmente.
Il mio direttore di riferimento, Piero Ottone, colui che mi ha insegnato il mestiere di giornalista, sosteneva che uno dei compiti degli agenti dei servizi segreti è quello di mentire e di servire la disinformazione.
Perché quindi un giornalista diffonde una notizia senza prima verificarne la veridicità? Qual è il vero interesse? Solo semplice ignoranza?
In questi giorni mi sono poi imbattuto in un post diffuso in chat e sono rabbrividito: “Pare che l’invasione dei paesi baltici sia prossima. Gli Americani hanno dichiarato che solo gli europei dovranno difendersi da un eventuale attacco russo a Paesi NATO. Resta l’ombrello nucleare, ma hanno ufficialmente dichiarato che non interverranno in massa. Viene letto come un disco verde alla Russia”.
Un messaggio di questo genere ha il solo scopo di diffondere paura e angoscia nell’opinione pubblica. Il fine ultimo è quello di convincerla della necessità di armarsi, senza se e senza ma. Sembra scritto sotto dettatura dalla CIA, infatti non rivela la fonte della notizia che viene introdotta da un “Pare che…”
Ormai da anni la televisione ha sdoganato i tuttologi di professione. Così, persone che hanno visto la guerra solo in televisione, ben seduti sulla loro poltrona, si permettono di dare giudizi, dispensare consigli, distribuire ammonimenti, elargire raccomandazioni.
A giudicare da come giustificano le loro opinioni si può facilmente arguire che sono stati catturati dalla propaganda. Infatti in molti casi non rispondono alle argomentazioni degli altri con contestazioni puntuali e appropriate, ma insultando chi ha idee diverse che non collimano con le loro.
Sono la prova vivente di come funziona la manipolazione delle masse, una tecnica strettamente collegata a disinformazione e ignoranza. E di come le teorie di Goebbels possono provocare immani catastrofi. La propaganda è ingegnosa perché induce le persone a scegliere cose che le danneggiano. Una sorta di masochismo inconscio.
Molti italiani, convinti che la Russia stia per invaderci, ritengono infatti che spendere soldi per riarmarci sia un investimento migliore rispetto a quello di investire in ospedali, istruzione o infrastrutture.
In questo bailamme di informazioni spesso false e orientate, balza agli occhi meno addormentati il martellamento sull’intenzione di Putin e della Russia di invadere l’Europa occidentale (qualcuno si era spinto a ipotizzare l’assalto dei cosacchi a Lisbona).
Un’ipotesi naif frutto solo della fantasia di chi pensa che sia necessario difendere gli interessi americani in Europa orche gli americani difendono i nostri. Cosa che finalmente è chiaro che sia palesemente falsa.
Non ci sono dubbi invece che una pace con la Russia sarebbe vantaggiosa per tutto il continente. Basti pensare che potremmo rifornirci di petrolio a gas a prezzi molto più vantaggiosi di quelli attuali.
Già, ma la pace si fa in due. Ecco perchè la propaganda filoamericana sostiene sia Putin che non vuole trattare, e quindi non vuole la pace. Viceversa quella filorussa, dà la colpa a Zelensky.
Le guerre, diceva qualcuno, si vincono o con la forza o con l’inganno. Per la pace ci vuole, invece, buona volontà e fiducia.
Massimo A. Alberizzi
massimo.alberizzi@gmail.com
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