Sudan: manifestazioni contro il regime militare
Khartoum, 4 marzo 2023
Durante le proteste della scora settimana contro il regime militare di transizione, è stato brutalmente ammazzato un ragazzino di soli 16 anni a Sharg al-Nil, un quartiere nella periferia della capitale sudanese, Khartoum.
Come riporta il giornale online, Dabanga News, con sede in Olanda, Ibrahim Majzoub è stato ucciso da un poliziotto con un colpo al torace.
L’uccisione del ragazzo è stata ampiamente documentata da un video, postato sui social network, che ben presto ha ottenuto migliaia e migliaia di visualizzazioni. Ibrhaim è il 125esimo manifestante morto durante le proteste che vengono organizzate settimanalmente dopo il colpo di Stato dell’ottobre 2021.
La polizia ha ammesso il brutale assassinio del ragazzo, ma ha sottolineato che si è trattato di una iniziativa individuale, non conforme agli ordini impartiti. E, sempre secondo le forze dell’ordine, sarebbero scattate immediatamente provvedimenti penali contro il poliziotto coinvolto.
Il Comitato centrale dei Medici sudanesi ha commentato sul proprio account Twitter: “Si tratta dell’ennesimo crimine commesso dalle forze di polizia, dai golpisti e del loro Consiglio militare”.
Le manifestazioni contro il regime militare e le difficoltà economiche sono state nuovamente represse con la violenza e centinaia di attivisti sono stati arrestati in base alle leggi dello Stato di emergenza. La polizia ha lanciato bombe lacrimogene mentre i manifestanti marciavano verso il palazzo presidenziale.
Le forze di polizia hanno dato la loro versione: in un loro comunicato c’è scritto che i manifestanti sarebbero stati molto aggressivi: “Hanno lanciato pietre e bombe molotov contro gli agenti, alcuni dei quali sarebbero rimasti feriti”.
“Continuiamo le proteste perché siamo contrari all’accordo quadro, in quanto concede l’immunità ai militari, che, invece, dovrebbero assumersi le proprie responsabilità”, ha detto uno degli attivisti che ha partecipato alla marcia di protesta.
I comitati di resistenza, che organizzano le proteste settimanali, hanno respinto i colloqui con le autorità e chiedono il completo ritiro dei militari dal potere.
Africa ExPress
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