AFRICA

La Gran Bretagna addestra truppe in Sierra Leone: obbiettivo bloccare i migranti

Speciale per AfricaExPress
Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 8 gennaio 2017

Il ministro della difesa della Gran Bretagna, Michael Fallon, ha fatto sapere ieri che il suo governo ha inviato recentemente una novantina di militari del “1st The Queen’s Dragoons Guards’ ‘B’ Squadron in Sierra Leone. I soldati britannici, durante un’esercitazione congiunta con venticinque soldati delle forze armate sierraleonesi (RSLAF) hanno appreso come sopravvivere e combattere nella giungla. E Fallon ha aggiunto – “Un avvenimento senza precedenti, è la prima volta in assoluto che truppe di queste due nazioni si esercitano insieme”.

Quasi due terzi dei militari britannici destinati all’addestramento si trovano attualmente in Africa, per la preparazione di truppe in vari Stati, in particolare per quanto concerne il controllo delle frontiere, ovviamente per arrestare il flusso migratorio.

Esercitazione congiunta: truppe britanniche e sierraleonesi nella giungla

Lo scorso febbraio cinquantotto uomini del “1st The Queen’s Dragoons Guards’ ‘A’ Squadron, sopranominato “The Welsh Cavalry” sono stati mandati in Sierra Leone per addestrare soldati dell’RSLAF, soprattutto per un loro utilizzo nel quadro delle operazioni di pace delle Nazioni Unite.

Pace fatta dunque tra l’esercito britannico e la Sierra Leone dopo i fatti del 10 settembre 2000, quando un militare delle forze speciali era stato ucciso e altri dodici feriti dai ribelli “West Side boys”, durante il tentativo di liberare un gruppo di soldati britannici della “United Nations Mission in Sierra Leone” (UNAMSIL). I militari erano stati presi in ostaggio dai miliziani, molto attivi durante la guerra  civile. L’operazione andò comunque a buon fine. I militari britannici furono tutti liberati, mentre per i West Side Boys fu una totale disfatta. Almeno venticinque miliziani furono uccisi e altri diciotto fatti prigionieri, compreso il loro capo, Foday Kallay.

L’Unione Europea e la Gran Bretagna sono fermamente convinti che un maggiore controllo delle frontiere di alcuni Stati africani dovrebbe ridurre l’arrivo in massa di nuovi migranti economici, entro il 2020. Lo si evince da un rapporto dei servizi militari austriaci “Heeres-Nachrichtenamt” di cui il quotidiano tedesco “Bild” ha dato alcune anticipazioni. La relazione completa sarà resa pubblica nei prossimi giorni.

Sempre secondo tale rapporto, il “Bild” riporta che il flusso migratorio crescerà a dismisura se l’UE non prenderà provvedimenti adeguati, come aiuti economici sostanziosi agli Stati di provenienza dei migranti, nella fattispecie Nigeria, Congo-K, Sudan e Etiopia, Paesi dai quali si prevedono arrivi importanti nel prossimo futuro.  L’Europa dovrebbe attuare anche un’attenta azione politica per contrastare tale flusso migratorio. Infatti già ora l’UE e l’Italia in particolare, stanno stringendo accordi assai discutibili con vari Paesi africani, governati da dittatori sanguinari, che potrebbero usare il flusso di denaro promesso per ulteriori repressioni, invece di creare posti di lavoro e benessere per la popolazione. Non è difficile prevedere che l’oppressione creerà nuovi profughi. Ricordiamo qui l’importante ruolo dell’Italia nell’addestramento della Guardia costiera libica, che dovrebbe effettuare i respingimenti dei migranti direttamente in mare. (http://www.africa-express.info/2016/10/29/al-via-laddestramento-della-guardia-costiera-libica-importante-ruolo-dellitalia/)

Barcone di migranti

L’intelligence austriaca afferma che tra il 2013 e giugno 2016 dall’Africa sono arrivati in Europa cinquecentomila cinquecento richiedenti asilo. Precisa poi che solamente eritrei e somali fuggono da reali situazioni di guerra e terrore. Oltre trecentomila profughi sarebbero da considerare “migranti economici”.

Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
@cotoelgyes

maxalb

Corrispondente dall'Africa, dove ho visitato quasi tutti i Paesi

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