AFRICA

Mazzette per 1,9 miliardi di euro in Mozambico, 12 anni al figlio dell’ex presidente e a due capi dello spionaggio

Speciale per Africa ExPress
Sandro Pintus
20 dicembre 2022

“Debito occulto” (1,9 miliardi di euro), così è stato chiamato il processo contro i personaggi eccellenti della Repubblica Popolare del Mozambico. Dopo 16 mesi dal suo inizio è terminato con 11 colpevoli su 19 imputati. Tra i condannati anche Ndambi Guebuza, primogenito del 79enne Armando Guebuza, ex generale e penultimo capo dello Stato mozambicano.

La sentenza, emessa dal giudice Efigenio Baptista a Ndambi e altri tre imputati, è stata di 12 anni di reclusione. È la pena più alta, ma lascia insoddisfatti troppi mozambicani.

I compagni di corruttela di Guebuza sono Antonio Carlos do Rosario e Gregorio Leao, ex capi dell’intelligence mozambicana (SISE), e Angela Leao, moglie di Gregorio. Le accuse sono: appropriazione indebita, riciclaggio di denaro e altri reati.

Le prove contro Ndambi

Durante il processo, Ndambi Guebuza – nonostante le prove evidenti – ha sempre negato tutte le accuse accompagnate dai “non ricordo”. Secondo il tribunale le prove indicano che l’accusato ha accettato le tangenti per influenzare il padre presidente.

Si trattava di un progetto – andato a buon fine – per l’acquisto di 39 imbarcazioni da un’azienda francese: 24 pescherecci (mai utilizzati) e 15 motovedette militari. Gli altri sette imputati hanno avuto pene tra i 10 e i 12 anni. I rimanenti otto sono stati assolti. Il tribunale ha stabilito che i condannati dovranno restituire tutto il denaro.

Ndambi Guebuza, durante il processo che lo ha condannato a 12 anni per corruzione

I fatti risalgono al periodo della presidenza di Armando Guebuza al suo secondo mandato (2010-2015). Lo scandalo dei debiti è stato scoperto nel 2014 quando l’attuale presidente, Filipe Nyusi, era ministro della Difesa, anch’egli chiamato in causa nel processo.

Le prove confermano che tre società statali mozambicane hanno preso in prestito 2 miliardi di euro da banche straniere. Nel 2016 la scoperta che il prestito era stato chiesto senza l’approvazione del Parlamento mozambicano.

L’opposizione: giustizia debole con i forti

“La giustizia è forte con i deboli ma debole con i forti”. Lo afferma alla testata Deutsche Welle Augusto Pelembe, portavoce del Movimento Democratico de Moçambique (MDM) terza forza politica del Paese, all’opposizione.

“Nei processi precedenti per appropriazione indebita di fondi pubblici – ha commentato – le pene per quantità di denaro molto minori sono state da 16 a 20 anni. Ci sono 30 milioni di mozambicani che stanno soffrendo a causa dei costi del debito occulto. Questo debito ha indebolito il nostro sistema sanitario, la nostra economia e il nostro sistema educativo. È difficile per noi mozambicani – e per noi di MDM – capire perché il nostro sistema giudiziario non abbia applicato pene massime da 20 a 24 anni”.

L’ex ministro delle Finanze mozambicano Manuel Chang in tribunale a Johannesburg

Limbo sudafricano per Manuel Chang

Mentre si è concluso il processo di Maputo, continua il braccio di ferro tra gli Stati Uniti e il Mozambico sull’estradizione di Manuel Chang. Chang, ex ministro mozambicano delle Finanze, arrestato a Johannesburg nel 2018 su richiesta USA, è in prigione come in un limbo. È colui che ha firmato tutti i documenti per avere il pesante prestito. Negli Stati Uniti è accusato di frode a cittadini americani e riciclaggio di denaro. L’ultima decisione del tribunale sudafricano era stata l’estradizione dell’ex ministro a Maputo ma la società civile mozambicana ha fatto ricorso. Vuole che venga giudicato negli USA perché non ha fiducia nella Giustizia mozambicana. E forse non ha tutti i torti.

Sandro Pintus
sandro.p@catpress.com

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Sandro Pintus

Giornalista dal 1979, ha iniziato l'attività con Paese Sera. Negli anni '80/'90 in Africa Australe con base in Mozambico e in seguito in Australia e in missioni in Medio Oriente e Balcani. Ha lavorato per varie ong, collaborato con La Repubblica, La Nazione, L'Universo, L'Unione Sarda e altre testate, agenzie e vari uffici stampa. Ha collaborato anche con UNHCR, FAO, WFP e OMS-Hedip.

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