Ebola, la Costa d’Avorio blocca le frontiere, ma solo ai rifugiati

Nostro Servizio Particolare
Cornelia I. Toelgyes
Quartu Sant’Elena, 18 luglio 2014
Finora il virus ebola ha ucciso 603 persone, gli ammalati sono 964, poco sotto da quota mille, ma il dramma è che nessuno riesce a fermare l’epidemia. Inoltre, a differenza delle alte volte, la forza del virus non accenna a diminuire, cioè non va spegnendosi lentamente ma inesorabilmente. No. Chi si ammala oggi rischia di morire esattamente come chi si è ammalato allo scoppio del contagio.

“E’ la peggiore epidemia di ebola mai vista. Ci vorranno ancora mesi prima che si estingua. E’ molto difficile controllarla”, ha spiegato qualche giorno fa Dan Epstein, portavoce dell’Organizzazione mondiale della Sanità durante una conferenza stampa, tenutasi a Ginevra, dove l’OMS ha a sua sede.

“Il nostro compito nei Paesi colpiti (Guinea, Liberia e Sierra Leone) è assai difficile. Le persone sono diffidenti, hanno paura, sono arrabbiate, si sentono abbandonate, dovendo stare in reparti di isolamento”, ha aggiunto Epstein.

L’ospedalizzazione viene vista come una sentenza di morte. In Liberia un gruppo di medici e paramedici è stato assalito da bande armate, mentre in Sierra Leone e in Guinea i parenti stretti nascondono spesso gli ammalati, non vogliono che i loro cari restino soli, che muoiano senza nessun familiare accanto. Ed è proprio questa la  difficile battaglia che l’OMS e i suoi partner deve vincere. La popolazione dei tre Paesi deve essere informata, educata nell’affrontare questa malattia terribile, altrimenti il virus troverà sempre terreno fertile, il contagio non si arresterà.

Durante la conferenza ad Accra, organizzata dall’OMS e alla quale hanno partecipato i ministri alla salute di undici Paesi dell’Africa occidentale e rappresentanti di organizzazioni che collaborano con l’OMS per sconfiggere nei Paesi colpiti il virus killer, è stato evidenziato che è indispensabile organizzare dei corsi formativi per volontari, rappresentanti autorevoli delle comunità, leader religiosi. Insomma persone che, godendo della fiducia della popolazione, possano insegnare e trasmettere ai cittadini i comportamenti sanitari ed etici da adottare per limitare la diffusione del virus killer e per poter finalmente controllare questa epidemia che per il momento pare non voglia fermarsi, come lo dimostra l’ultimo bollettino rilasciato dall’OMS il 15 luglio 2014:

Tra l’8 e il 12 luglio la situazione era la seguente:

Sierra Leone: quarantanove nuovi casi (tra confermati, sospetti e probabili), cinquantadue sono stati invece i decessi.

Liberia: trenta nuovi casi (tra confermati, sospetti e probabili), i morti sono stati tredici

Guinea: “solo” sei nuovi casi, mentre i morti sono tre

Il totale lascia sconcertati:  sono state uccise da ebola 603 persone e coloro che hanno contratto il virus sono 964. Ovviamente la situazione è soggetta a variazioni continue. L’OMS non sconsiglia viaggi nelle zone colpite. Durante la conferenza sull’ebola (EVD) ad Accra, tutti gli intervenuti, nessuno escluso, ha ritenuto inutile una chiusura delle frontiere.

Appare dunque assai curioso perché il governo della Costa d’Avorio, il cui ministro alla sanità era presente con la sua delegazione alla conferenza di Accra, abbia vietato l’ingresso a trecentonovantadue rifugiati che negli scorsi giorni hanno chiesto di poter ritornare nel loro Paese. Erano fuggiti dalla Cota d’Avorio dopo gli scontri post-elettorali del 2011 ed erano stati accolti in un campo per profughi in Liberia. Alcuni rifugiati sono ritornati con il programma di riconciliazione tempo fa, altri si trovano ancora lì e vorrebbero, appunto, ritornare in patria.

“E’ una violazione del diritto interno e internazionale – ha commentato Mohammed Askia Touré il rappresentante dell’Alto commissariato per i rifugiati, ad Abidjan, la capitale della Costa d’Avorio -. Abbiamo proposto alle autorità governative di sottoporre tutti i rifugiati a esami di laboratorio mirati ad evidenziare la presenza del virus nel sangue – ha poi aggiunto – . Non hanno accettato. Secondo me il problema non è l’ebola, il vero motivo è un altro, politico”, ha aggiunto il diplomatico dell’UNHCR.

“Non possiamo rischiare. E’ troppo pericoloso far entrare così tante persone che provengono da un Paese dove perversa una terribile epidemia. E’ impensabile”, ha spiegato Bruno Kone, portavoce del governo ivoriano.

Intanto 392 cittadini della Costa d’Avorio non possono fare rientro a casa loro. Si dice per colpa dell’ebola. Le vittime di un virus sono molteplici!

Cornelia I. Toelgyes
corneliacit@hotmail.it
twitter: @cotoelgyes

 

 

 

maxalb

Corrispondente dall'Africa, dove ho visitato quasi tutti i Paesi

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