Milioni per Hamas
Speciale Per Africa ExPress
Alessandra Fava
Genova, 31 dicembre 2025
Muqawama: è la parola chiave per leggere le 306 pagine dell’inchiesta sulla presunta cellula di Hamas in Italia della Procura di Genova con la collaborazione non di autorità inquirenti israeliane, ma dell’esercito stesso IDF, quindi materiale raccolto in operazioni militari.
Muqawama per un palestinese è la resistenza all’occupazione israeliana dal ‘48 a oggi e include tutte le forme di resistenza, anche quelle più pacifiche. Nell’ordinanza invece diventa direttamente Hamas. In un’intercettazione un paio dei 9 arrestati in Italia dicono che i soldi vanno quasi tutti alla resistenza e una penna aggiunge Hamas, mentre quelli parlavano di altro.
Più che un’inchiesta è un teorema: ogni forma di tentativo di sopravvivenza del popolo palestinese, in espressioni violente o non violente, è da condannare. Quindi si mette una pietra tombale all’idea di Palestina in generale. E diventa Hamas qualsiasi tipo di supporto sociale, dall’assistenza alle vedove degli shaid a quella degli orfani. Nell’inchiesta che include materiale anche dei primi anni Duemila e persino antecedente, anche le forme di resistenza armata nella Cisgiordania legata a varie brigate, diventano Hamas. Una stortura anche storica.
La pm genovese Silvia Carpanini ha fatto arrestare 9 persone, tra cui un palestinese di origine giordana residente da moltissimo tempo a Genova nella Valpolcevera, Mohamed Hannoun, presidente e fondatore di tre associazioni che in decenni hanno raccolto fondi per la Palestina. Hannoun è già stato al centro di due inchieste, ma questo si precisa principalmente in una nota a piè di pagina.
Fatto curioso. A pagina 9 nella nota leggiamo che “analogo provvedimento iscritto a carico di Hannoun Mohamed è stato archiviato (n. 20179/01/21) non essendo pervenuti dalle autorità israeliane, entro il termine delle indagini preliminari, gli atti di assistenza giudiziaria richiesti”.
Quindi a gennaio 2021 si archivia tutto. Poi arrivano gli atti da Israele, si riapre il fascicolo (15003/03/21) e anche questo viene archiviato. Ergo non si capisce quali prove schiaccianti di terrorismo ci fossero.
ordinanza arresti Hamas italia
Ma arriva il 7 ottobre 2023 e puntualmente pochi giorni dopo, si riaprono le indagini, oggi sotto il fascicolo n. 12650/23 e 9630/23 con l’accusa di associazione con finalità di terrorismo. Peccato che le cosiddette prove in parte arrivano certo dalla p, antiterrorismo e guardia di finanza italiane (intercettazioni ambientali, sequestri nei computer delle associazioni e operazioni di setaccio di conti), ma in parte importante sono fornite dall’esercito israeliano IDF con materiale raccolto in diverse epoche e in operazioni militare. Ergo sequestri durante abbattimenti di case, incursioni, arresti sommari come si vedono da decenni sia a Gaza che in Cisgiordania.
“I suddetti documenti – scrive Carpanini – sono stati acquisiti dall’esercito israeliano nel corso delle operazioni militari Defensive Shields all’inizio degli anni 2000 e dopo il 7 ottobre 2023”.
Quindi parliamo di documenti che hanno oltre 20 anni, almeno in parte. Ma secondo la PM, tra Cassazione e organismi europei la raccolta di materiale sul campo di battaglia è legittima e i documenti credibili.
Oltre quindi a delineare una rete di Hamas praticamente tentacolare in giro per l’Europa e per il mondo e che “già nel 1991 presso il centro islamico genovese, era presente una cellula di Hamas coordinata da Hannoun”. Dunque la giudice è costretta a scrivere che non tutti gli arrestati fanno parte di Hamas: gli accusati vengono arrestati “per aver finanziato l’associazione terroristica Hamas, che si propone il compimento di atti con finalità di terrorismo contro lo Stato di Israele, di cui (gli indagati, ndr) fanno parte o comunque alla quale, pur non facendone parte, hanno assicurato con continuità concreto supporto, concorrendo alla conservazione, al rafforzamento e alla realizzazione del suo programma criminoso”.
Morale tutti hanno collaborato a inviare ad Hamas euro 7.288.248,15, perché secondo il teorema inquisitorio il 71 per cento dei proventi raccolti nelle comunità mussulmane e palestinesi in Italia finiva ad Hamas.
Molte forme di resistenza palestinesi in Palestina e nella diaspora hanno sempre assistito vedove, orfani e famiglie degli arrestati (le prigioni israeliane sono piene di persone che sono accusate di niente, non hanno avuto processi e ci sono stati anche documentati casi di torture nelle carceri).
Ma nell’inchiesta anche questa attività diventa il supporto ad attività terroristiche riconducibili ad Hamas. Quindi diventano Hamas anche associazioni a Nablus, Ramalla, gli orfani di Betlemme e altre attività a Qualquilya, tutte cittadine della West Bank, in parte occupata dalle colonie israeliane contro ogni legge internazionale e oggi teatro di violenze da parte dei coloni e dell’esercito. .
Insomma bisogna punire ogni forma di finanziamento alla Palestina. Così, parlando delle associazioni di Hannoun, si dice: “Costui in ipotesi investigativa sarebbe stato partecipe del gruppo terroristico Hamas, o comunque impegnate per statuto nella raccolta di fondi per la Palestina, avrebbe in realtà fatto arrivare ingenti finanziamenti ad Hamas”.
Le 306 pagine sono in gran parte dedicate alla storia di Hamas, per altro salita al potere a Gaza con elezioni giudicate libere e democratiche dalla comunità internazionale, che non si sono mai ripetute (per volontà israeliana e americana che temevano un trionfo dell’organizzazione palestinese), impedendo così qualsiasi alternanza.
Nel tempo Hamas ha anche modificato la sua posizione rispetto allo Stato sionista e nel 2017 “non usa più toni e argomentazioni antisemite e fa riferimento alla competizione democratica per la creazione di uno Stato palestinese sovrano”, ma “Hamas vuole creare uno Stato palestinese cancellando quello israeliano”. Quindi era tutta una finta. La prova sarebbe lo slogan “from the river to the sea”, che la pm scrive viene usato inconsapevolmente nelle manifestazioni in Italia ed Europa.
A pagina 86 sui fondi si dice che negli ultimi anni, Hannoun con le sue associazioni ha fatto transitare i soldi dalla Giordania, Egitto e Turchia. Ci sono pure le dichiarazioni alla dogana sugli importi che portavano con se. E non può stupire il fatto che il denaro raccolto fosse affidato a mani amiche, visto che le banche ormai si rifiutavano di fare qualsiasi transazione verso Gaza.
Nelle decine di pagine successive si analizza la rete di aiuti sociali di Hamas in Cisgiordania e Gaza, sostenendo che in Hamas non c’è una distinzione tra ramo politico e ramo sociale, quindi qualsiasi forma di assistenza, welfare, aiuto anche durante gli ultimi anni di distruzione della Striscia, è riconducibile ad operazioni di terrorismo.
Su molte associazioni sparse nella West Bank la pm scrive che le associazioni di Hannoun non hanno mai avuto rapporti, ma finiscono lo stesso nell’inchiesta.
Come nell’inchiesta finiscono parole, slogan e necrologi degli shaid (i palestinesi chiamano martiri sia gli attentatori suicidi che tutti quelli che vengono ammazzati in incursioni di IDF) come prove della volontà di distruzione dello stato israeliano e tutto finisce in un calderone indistinto, in cui amicizie, legami familiari e mezzi contatti diventano prove inconfutabili.
Tra l’altro chi ha viaggiato in Cisgiordania ha letto decine di questi necrologi perché le strade sono sempre state tappezzate dei loro poster. Le prove schiaccianti contro Hannoun e gli altri sono contatti con esponenti del governo a Gaza, alcuni dei quali hanno vissuto per decenni in Italia e hanno anche contribuito a fondare le associazioni italiane di cui si parla.
Da nessuna parte si legge che i fondi siano serviti per comprare armi, a pagina 208 si parla di un impianto di desalinizzazione dell’acqua. Ma “l’ala sociale supporta anche le famiglie dei detenuti di Hamas e degli attentatori suicidi, in questo modo incentivando gli attentati, nonché ricicla denaro per tutte le attività di Hamas. Quindi il sostegno all’ala sociale di Hamas, supporta gli obiettivi di Hamas e nel contempo libera risorse da destinare alle sue attività politiche e militari”.
Gli avvocati difensori di Hannoun, Emanuele Tambuscio e Fabio Sommovigo sostengono che il loro assistito sia in grado di ricostruire i passaggi di soldi e chiedono chiarimenti sulle garanzie processuali e procedurali di informative che arrivano da atti d’indagine di una polizia estera e non da un’autorità giudiziaria.
Intanto in Israele, tv e diversi giornali continuano a indagare sulle somme provenienti dal Qatar che il premier Netanyau ha permesso arrivassero a Gaza a finanziare Hamas. Si parla di milioni di dollari, non di 80 circa.
Alessandra Fava
alessandrafava2015@libero.it
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